L’idea di questo post nasce dalla notizia, pubblicata qualche giorno fa, secondo la quale la nostra Intelligence starebbe “chiamando a raccolta i professori“.
“I servizi italiani“, secondo l’Espresso, starebbero “selezionando docenti universitari di storia contemporanea, economia, semiotica e relazioni internazionali proponendo rapporti di consulenza stabili o prestazioni spot su singoli argomenti“. L’obiettivo sarebbe quello di individuare “consulenti eccellenti, in grado di leggere gli scenari internazionali e interni e le minacce economiche per il nostro Paese.” Che la notizia sia vera o no è comunque una buona occasione per tornare a parlare di “outreach” ovvero del ruolo che l’accademia può avere per un sistema di intelligence.
Il caso ha voluto che proprio nel numero del Journal of Intelligence and Counterintelligence appena pubblicato sia contenuto un saggio sull’esperienza spagnola in fatto di rapporti tra mondo accademico e servizi segreti. Il titolo del saggio (a pagamento) è “Academics as Strategic Stakeholders of Intelligence Organizations: A View from Spain” e l’autore è Ruben Arcos, docente di scienze della comunicazione e coordinatore del primo master spagnolo in “Intelligence Analysis”.
Arcos adotta un approccio da teoria degli stakeholders per evidenziare l’importanza di una collaborazione strutturata tra Intelligence ed accademici ed il ruolo, fondamentale, che questi hanno nel plasmare le percezioni pubbliche sui temi della sicurezza nazionale.
La premessa è che i mutamenti avvenuti dalla fine della Guerra Fredda hanno modificato il “paradigma dell’intelligence” che adesso, riprendendo quanto scritto da William Lahneman, consta di due elementi: “(1) the traditional puzzle-solving intelligence process which relies on secrecy for addressing state-based threats, and (2) what may be called the “adaptive interpretations paradigm” for transnational threats, which depends on openness and trust, and relies upon information provided by outsiders”.
E’ proprio in questo nuovo paradigma che, scrive Arcos, il mondo accademico diviene un asset strategico per l’Intelligence, sia come produttore di conoscenza (informazioni/analisi) che come attore in grado di influenzare i c.d. “stakeholders” che, per un sistema di intelligence, sono in primo luogo decisore, legislatore, media e cittadini.
Il primo punto è, a mio avviso, abbastanza intuitivo ed ovvio. Ricercatori e docenti possono utilmente contribuire ad accrescere il livello analitico di un sistema di informazioni per la sicurezza nazionale, in particolar modo sul piano strategico.
Il secondo punto, invece, è un po’ meno intuitivo e necessita qualche chiarimento ulteriore. Scrive Arcos:
Transparency is a fundamental principle of democracies. For the same reason, properly communicating to the general public what intelligence is, what an intelligence agency does, what services it is supposed to provide, how the agency provides these services and carries out its functions, and why its operations require a space of secrecy outside general public accountability, is essential. Citizens are affected by the achievement of the intelligence mission and its objectives, and they also can grant or deny understanding and support to the intelligence services through exerting influence on their representatives. Educating the public about intelligence issues, processes, and functions becomes essential for the intelligence mission if, as Arthur Hulnick has pointed out, it improves the ability to get resources, to serve intelligence consumers, or recruit human talent.
Spiegare cosa sono, a cosa servono e come funzionano i Servizi è fondamentale per una democrazia così come è importante che il decisore, il legislatore ed i media, oltre ai cittadini, siano ben informati sui meccanismi e sulle dinamiche della sicurezza nazionale. Scrive, ad esempio, Arcos:
[…] like other governmental organizations, intelligence agencies are required to address their mission competently and most of the time efficiently. Intelligence services must satisfy the consumers’ requirements with good intelligence products by understanding their needs. At times, the intelligence agency might need to explain the difficulty of addressing consumers’ needs with the resources at its disposal. The subsequent augmentation of those resources may imply that, at least in that case, the agency’s ability to retain the support of the general public and of the media has been affirmed, leading thereby to political support within the government. Conversely, a lack of public perception or understanding of an intelligence agency’s mission and operating practices can decrease consumer support.
Le università ed i think-tank, in tutto ciò, svolgono un ruolo unico in quanto possono contribuire potentemente a plasmare le percezioni pubbliche sviluppando un serio corpus studiorum sull’intelligence e sulle discipline connesse.
Attenzione, non si tratta di un’attività di “public relations”, più o meno occulta, tramite la quale un Servizio segreto paga questo o quel docente o opinion-maker per influire a proprio vantaggio sulle percezioni pubbliche in vista di uno specifico obiettivo. Si tratta, invece, di agevolare la diffusione della cultura della sicurezza e dell’intelligence, innalzando il livello di comprensione e conoscenza di un mondo che, per sua storia, è segreto e nascosto ai più.
Uno studio del 2008 di Gregory Treverton, pubblicato dal National Defence College svedese, elenca (pagg. 11-18) le possibile forme di “outreach accademico” dell’Intelligence ovvero di collaborazione tra Servizi e mondo della ricerca.
Si va, così, dalla co-produzione, anche virtuale, di studi ed analisi a varie forme, anche di lungo periodo, di collaborazione consulenziale con esperti e docenti, all’istituzione di gruppi di lavoro misti su specifiche questioni, all’organizzazione di seminari o di veri e propri cicli di conferenze in partnership con istituzioni accademiche, alla creazione di riviste scientifiche specializzate, fino ad arrivare alla pubblicazione, magari in sintesi, di veri e propri report analitici dell’Intelligence. Il tutto, in genere, è accompagnato da un accorto uso del web e dei siti istituzionali che sono divenuti, oramai, il principale strumento di comunicazione e di interfaccia.
Approaches to Outreach for Intelligence
In questo settore il mondo anglosassone è all’avanguardia, in particolare gli Stati Uniti. Basti pensare – vado a caso – al Center for the Study of Intelligence della Cia che, oltre a produrre una rivista di prima qualità in collaborazione con ricercatori ed esperti esterni, effettua ricerche e gestisce un avanzato programma di relazioni accademiche, oppure ai consolidati rapporti tra la RAND Corporation e l’Intelligence americana. Un altro esempio di outreach, su scala globale, è il famoso Global Futures Forum, “a multinational community initiated in 2005 that works at the unclassified level to make sense of emerging and future transnational and global security challenges“.
Lo stesso National Intelligence Council, di cui spesso abbiamo scritto qui sul blog, ha tra i suoi programmi di punta il “NIC Associates Program” (già Global Expertise Reserve Program), esperti provenienti dalle università, dai think-tank e dal settore corporate che partecipano a conferenze, scambiano informalmente opinioni con gli analisti del NIC, preparano draft su argomenti specifici e forniscono collaborazione nella preparazione di specifici National Intelligence Estimates, il prodotto analitico di punta dell’intera comunità dei Servizi americani. A ben vedere, quindi, il NIC Associates Program altro non è che un ben strutturato programma di consulenza, di “outreach”, che non soltanto permette all’Intelligence Community di assorbire expertise esterne ma apre anche un ponte tra accademia, business e Servizi segreti rendendo questi ultimi più trasparenti.
Da metà degli anni Duemila, il Centro Nacional de Inteligencia (CNI) gestisce un programma per la diffusione della cultura dell’intelligence nel cui ambito vengono organizzati convegni e seminari e prodotti monografie e studi (tra i quali anche un glossario dell’intelligence). Scopo dichiarato del programma è quello di far diventare l’intelligence disciplina accademica di studio e di trarre beneficio dalla conoscenza di ricercatori ed accademici integrandola all’interno del CNI.
Tra i risultati raggiunti dal programma spagnolo vi è la creazione di un network tra Università volto allo sviluppo degli studi di intelligence che ha portato, nel 2007, alla creazione della prima rivista scientifica sull’intelligence – Inteligencia y seguridad: Rivista de analisis y prospectiva – e, nel 2009, alla nascita del primo master in analisi di intelligence.
In conclusione, scrive Ruben Arcos:
After an introductory phase, the project has consolidated with positive results: a growing interest in intelligence and Intelligence Studies from academics, students, business, and departments from the Spanish government; a growing number of seminars, workshops, and programs organized by universities; an emerging concept of developing and maintaining intelligence reserves; an increasing demand by companies for people trained in intelligence analysis; a growing body of intelligence literature in Spanish; development of several research projects on intelligence. In addition, scholars are building relations with colleagues from other countries; and journalists are beginning to ask for academic intelligence experts when producing news or special reports. An active conversation on intelligence now takes place in social media channels.[…]
the CNI’s Intelligence Culture Initiative’s achievements are clearly positive, and the strategy implemented for producing an intelligence culture through outreach to academic scholars is working, both in terms of cultural influence, as well as in configuring a sort of informally augmented Intelligence Community. The Initiative has provided interaction frameworks for the intelligence service and its stakeholders, enabling relationships among intelligence officials and such nongovernment experts as executives and practitioners from business, intelligence services, and academics.