Questa è la risposta del Sottosegretario alla Difesa, Forcieri, all’interpellanza urgente presentata alla Camera sul presunto rapimento dell’imam ed il relativo coinvolgimento del SISMI.
"GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Intendo ringraziare l’onorevole Zaccaria e gli altri colleghi che hanno sottoscritto l’interpellanza urgente in oggetto, perché attraverso di essa consentono al Governo questa mattina di fornire alcune informazioni, anche più ampie rispetto al tema specifico trattato, che riguardano questa vicenda che coinvolge i nostri apparati di sicurezza, così come da diversi giorni leggiamo sui quotidiani. L’onorevole Zaccaria e i suoi colleghi mi consentiranno quindi di affrontare il ragionamento da un punto di vista più ampio rispetto alla specifica questione posta, senza naturalmente eluderla, ma rispondendo poi nel merito anche ad essa.
Sono ormai alcuni anni che l’Italia, insieme alle altre democrazie, è chiamata a fronteggiare la nuova minaccia terroristica portata alla sicurezza interna ed internazionale. Si tratta di una minaccia ben diversa da quella che avevamo conosciuto negli anni Settanta e Ottanta e connotata da una gravità ancora maggiore, perché diretta a colpire le fasce più inermi e indifese della popolazione, dagli impiegati delle Twin Towers ai pendolari di Londra e Madrid, dai giovani di Istanbul alla povera gente di Baghdad, e così si potrebbe continuare, con una violenza che travolge e sembra abbattere ogni regola di civile convivenza.
A fronte di questi pericoli, non sono mancate voci che hanno invocato una risposta dello stesso livello, pensando che le normali garanzie dello Stato democratico non possano e non debbano trovare applicazione in questa lotta e che contro il terrorismo non ci siano in definitiva regole che tengano. Per noi non è così. Il nostro Stato di diritto non può abdicare a se stesso e scadere allo stesso livello dei terroristi. La superiorità dello Stato di diritto rispetto ai terroristi sarebbe compromessa ove si scendesse sul loro stesso terreno. Non vi è stata e non vi è altra scelta che quella convinta di combattere il terrorismo con gli strumenti dello Stato di diritto, nella consapevolezza che una scelta di segno diverso implicherebbe di dover abdicare alla stessa essenza della democrazia. Così facendo, i terroristi verrebbero legittimati e trarrebbero un chiaro successo dalla modifica del nostro atteggiamento o del nostro stile di vita, qualora sopprimessimo o limitassimo le nostra libertà.
In questo rimane di esempio la vittoria sul terrorismo interno. La nostra democrazia è stata infatti capace di opporsi con successo all’eversione, tenendo fede al principio di legalità, che sta alla base della nostra convivenza civile e che, come i fatti hanno ampiamente dimostrato, sostanzia la vera forza di uno Stato. Il terrorismo endogeno è stato affrontato, combattuto e vinto attraverso la coesione delle forze democratiche e la saldezza delle istituzioni, mediante l’applicazione delle leggi esistenti e, quando si è reso necessario, attraverso l’adozione di strumenti normativi caratterizzati dall’emergenza in atto, però mai in contrasto con la Costituzione, che hanno resa più incisiva l’attività degli apparati di sicurezza e della stessa magistratura.
È una linea che non può essere modificata neanche quando la minaccia terroristica assume dimensioni globali o di particolare intensità. Quindi, anche di fronte al terrorismo di marca islamista e fondamentalista è necessario percorrere strade di legalità, interna ed internazionale.
È solo nella cornice dei principi generali che informano il nostro ordinamento che è possibile prevedere ogni iniziativa per rafforzare l’efficacia delle politiche antiterrorismo e delle strutture preposte ad operare sul campo. Ribadisco: solo nella cornice dei principi generali che informano il nostro ordinamento.
Infatti, il paese, allorquando ne è stata ravvisata la necessità, non ha rinunciato ad adeguare gli strumenti per combattere tale minaccia, con provvedimenti che si sono sempre mossi nel rispetto dei principi della nostra Costituzione democratica e repubblicana.
Lo scenario che le notizie apparse con grande risalto sui media, negli ultimi giorni, in relazione ai recentissimi sviluppi dell’indagine condotta dalla procura della Repubblica di Milano sul sequestro del cittadino egiziano Nasr Osama Mustafa Hassan, meglio noto come Abu Omar, sembrano configurare prospetterebbe una logica di lotta al terrorismo condotta in violazione alle regole dello Stato di diritto.
Tale logica, in realtà, non è mai stata né accettata né praticata dal Governo del nostro paese, il quale, nel contrasto al terrorismo, non ha mai abdicato al rispetto della legalità posta dallo Stato di diritto e non ha mai ceduto alla tentazione di procedere con metodi cosiddetti «non convenzionali».
Ciò vale anche per il SISMI, che non solo si è dichiarato assolutamente estraneo al sequestro di Abu Omar, ma ha sempre e categoricamente respinto l’accesso a prospettive «non ortodosse», come già riferito dal direttore di quel Servizio sia al Copaco nella precedente legislatura, sia al Parlamento europeo il 6 marzo ultimo scorso.
Nell’intimo convincimento che lo Stato di diritto possa costituire l’unica cornice in grado di consentire al paese ed alla democrazia di prevalere sulla barbarie del terrorismo, intendo qui esprimere la fiducia del Governo nell’operato della magistratura che conduce l’indagine sul caso Abu Omar, nonché assicurare al Parlamento che lo stesso Governo non farà mancare agli organi inquirenti la piena collaborazione per l’accertamento della verità dei fatti oggetto dell’indagine medesima.
Vorrei ricordare, inoltre, che la vicenda di Abu Omar e l’intenso dibattito, anche internazionale, che ne è conseguito, sotto il profilo sia del caso specifico sia della tematica generale, ha del resto richiamato anche in Italia l’attenzione del precedente Parlamento. Analogamente, riteniamo doveroso esprimere la fiducia negli apparati di informazione e sicurezza.
Il precedente Parlamento, infatti, è stato interessato dell’episodio in oggetto con diversi atti di sindacato ispettivo, tutti volti a chiarire se il Governo italiano pro tempore fosse stato informato del fatto, preventivamente o successivamente, ovvero avesse ricevuto informazioni circa altre analoghe situazioni riferite a cittadini islamici presenti sul territorio italiano.
Ricordo che l’Esecutivo precedente ha più volte risposto in termini ufficiali, escludendo categoricamente che alcuna operazione in qualsiasi modo riconducibile al quadro delineato dai media, con particolare riferimento al sequestro avvenuto a Milano il 17 febbraio 2003, fosse mai stata portata a conoscenza del Governo della Repubblica italiana e, per esso, delle istituzioni.
In quelle sedi è stato inoltre ribadito, con incisività, che il Governo e le istituzioni nazionali non avevano mai, in nessun modo, avallato operazioni di sequestro di persona in territorio italiano, escludendo altresì che vi potesse essere stato un coinvolgimento, a qualsiasi titolo, di apparati di intelligence italiani.
Ulteriori smentite – anche a seguito della pubblicazione di un articolo di stampa che riprendeva alcune presunte dichiarazioni di un ex agente della CIA, nonché in relazione a molteplici interventi di quotidiani – venivano fornite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per escludere l’avvenuta ricezione di qualsivoglia notizia, relativa al sequestro, preventivamente partecipata dalle autorità statunitensi al Governo italiano, al consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio, al SISMI ed agli apparati di informazione e sicurezza in generale.
In particolare, poi, il SISMI, a suo tempo attivato dal Governo, ha da subito escluso di avere avuto preventiva cognizione dei fatti riportati dai media americani circa le attività statunitensi relative al trasporto di prigionieri islamici, presunti terroristi, in paesi terzi ove è possibile eseguire interrogatori anche sotto tortura.
Dalle risultanze in possesso del SISMI emerge che, pochi giorni dopo la scomparsa del cittadino egiziano, il servizio ha ottenuto notizia di tale evento da un autorevole esponente della comunità musulmana, informandone tempestivamente gli organi investigativi e le autorità competenti e fornendo contestualmente ogni elemento riferito, nonché invitando il medesimo esponente musulmano a far produrre dalla famiglia la necessaria denunzia del fatto alla polizia italiana.
Notizie giornalistiche (articolo del giornale arabo Al Haiat del 26 febbraio 2003) informavano, poi, della denuncia presentata dalla moglie di Abu Omar circa la scomparsa del marito, verificatasi mentre si dirigeva alla moschea milanese di viale Jenner, e della sua successiva deportazione in Egitto perché ritenuto coinvolto in azioni terroristiche.
I richiamati elementi sono quanto in possesso del SISMI, che si è astenuto da ulteriore ed autonoma attività in presenza di accertamenti coperti dal segreto dell’indagine penale da parte della procura della Repubblica Milano.
Ed è proprio in questa prospettiva che il servizio, con riferimento alla scomparsa di Abu Omar, venuto comunque a conoscenza di elementi che nel novero delle ipotesi possibili configuravano anche un sequestro di persona, ha immediatamente proceduto – come ribadito – a riferirli ai competenti organi.
Nell’ambito del procedimento penale successivamente instaurato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, risulta che il SISMI abbia poi corrisposto alle richieste dell’autorità giudiziaria procedente con il consueto rigore e la necessaria trasparenza e tempestività, nello spirito di una costante e piena collaborazione, fornendo tutti gli elementi utili, per quanto disponibili.
A fronte di tali, reiterate rassicurazioni – intese a prospettare condivisibilmente ogni possibile distacco e sentito rifiuto di pratiche inaccessibili -, il Governo non può esimersi dal considerare come, a far data dal 5 luglio ultimo scorso, si siano registrati importanti sviluppi nelle indagini della procura di Milano, che parrebbero in contrasto con le prese di posizione più volte ripetute.
La procura della Repubblica di Milano ha ritenuto infatti di poter ipotizzare diversi reati a carico di alcuni funzionari del servizio.
Gli sviluppi dell’indagine hanno trovato vasta eco nei media, che hanno posto alcuni interrogativi ed esternato preoccupazioni. Interrogativi e preoccupazioni che, comprensibilmente, si ritrovano in parte nell’interpellanza a firma dell’onorevole Zaccaria e di altri deputati cofirmatari, cui oggi il Governo risponde.
Ad alcuni di questi interrogativi è sin da oggi possibile dare una risposta. In questo senso, intendo assicurare che, allo stato delle conoscenze, non si ha alcuna conferma né vi sono indicatori che avvalorino l’ipotesi di intercettazioni illegali e di pedinamenti verso giornalisti da parte dei servizi segreti militari.
Il SISMI, infatti, ha fatto conoscere di non avere eseguito alcuna attività di intercettazione né pedinamenti ai danni di giornalisti, né di avere mai consentito ad alcuna attività di questa natura e tipo.
Ogni attività di intercettazione viene espletata dal servizio secondo le procedure previste dalla legge – e, più nello specifico, dall’articolo 4 del decreto-legge n. 144 del 2005 – ed è opportunamente documentata e motivata, dunque esibibile. Aggiungo che, per lo svolgimento di queste attività di «intercettazione preventiva», il servizio ha adottato un complesso di misure di sicurezza dirette a garantire non solo, come ovvio, le esigenze di riservatezza, ma anche la privacy dei cittadini.
Il SISMI svolge ordinaria attività Osint (Open sources intelligence ovvero ricerca a fonti aperte), espletando le dovute ricerche su tutte le tipologie di fonti aperte, essendo notoriamente gran parte delle informazioni – in particolare, quelle riguardanti il terrorismo internazionale – tramitate per mezzo dei media e, in particolare, di Internet. Per tale ragione, la ricerca Osint, ovvero a fonti aperte, è stata ampiamente potenziata, oltre che nelle strutture interne (similmente ad agenzie di paesi stranieri), facendo ampio riferimento anche al mondo esterno al servizio, dove sono presenti know how specifici, come l’università e la ricerca, think tanks, centri studi, e via dicendo.
Questi ambiti svolgono pura attività Osint e forniscono informazioni che costituiscono solo una parte del patrimonio informativo del SISMI. Esse vengono attentamente sottoposte al vaglio «intelligence» ed integrate, confrontate e verificate con quelle provenienti da altre fonti, proprio al fine di evitare la selezione di notizie prive di credibilità e fondamento.
L’attività dell’ufficio di via Nazionale è da inquadrarsi in tale dinamica funzionale ed il Servizio esclude categoricamente che abbia svolto attività di intercettazione, innanzitutto per la sua stessa natura, nonché per quanto già riportato in precedenza. Esso può aver ricercato informazioni sfruttando i normali contatti di relazione con persone utili, fonti, persone d’ambiente; il rispetto dei confini esistenti tra i diversi ambiti è certo, in quanto garantito, oltre che dalle premesse sopra indicate, dalla natura e dalla qualità delle informazioni: di norma, da fonti aperte o da persone che tali fonti alimentano, ovvero capaci di interagire con queste ultime.
In conclusione, rispetto alla domanda specifica che è stata rivolta nell’interpellanza dall’onorevole Zaccaria e dagli altri cofirmatari, sulla base di quanto riferito dal servizio informazioni militari, si ribadisce l’infondatezza della notizia riportata nell’interpellanza stessa.
Un altro interrogativo che in questi giorni si è frequentemente affacciato sulla vicenda Abu Omar è come sia possibile che il Governo e gli apparati di sicurezza, in particolare il SISMI, potessero non sapere. Su questo punto, ritengo doveroso ricordare come la legalità propria dello Stato di diritto non consenta lo svolgimento di controlli generalizzati suscettibili di invadere la sfera delle libertà individuali, se non allorquando ricorrano precisi presupposti. Ciò vale, innanzitutto, per gli organismi di informazione e sicurezza, i quali sono chiamati ad agire nell’ambito dei limiti delle specifiche competenze.
In questo senso, è forse opportuno richiamare che, in base alla legge n. 801 del 1977, il SISMI svolge compiti informativi e di sicurezza per la difesa, sul piano militare, dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione. Il SISMI svolge, altresì, ai suddetti fini, compiti di controspionaggio. Altre disposizioni, inoltre, chiamano in causa il servizio per l’attività informativa e di sicurezza da ogni pericolo o forma di eversione dei gruppi criminali organizzati transnazionali.
Da questa sintetica esposizione dei compiti istituzionali del SISMI, appare evidente che l’attività di contrasto del Servizio alle azioni poste in essere da agenzie estere in territorio nazionale opera prevalentemente in direzione delle condotte che rappresentano una più diretta e immediata minaccia per la sicurezza nazionale, cioè di quelle condotte che si prefiggono l’acquisizione di informazioni e dati di rilevanza strategica, nonché l’esercizio, quando possibile, ad esempio di influenza occulta nei settori più rilevanti della politica, dell’economia, della difesa e delle tecnologie nazionali.
In questa sede, assunte le necessarie informazioni, il Governo, allo stato, non può che riaffermare l’estraneità del SISMI rispetto alla vicenda riferita al rapimento di Abu Omar.
Da ultimo, si desidera sottolineare come specifici approfondimenti di questa vicenda siano stati svolti anche dal Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza, di cui all’articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, a seguito dell’audizione del sottosegretario di Stato con delega al coordinamento dei servizi di intelligence, del segretario generale del CESIS, dei direttori del SISMI e del SISDE.
Il Comitato ha così preso atto, formalizzando tale posizione in un proprio documento approvato nella seduta del 28 settembre 2005, dell’assoluta coincidenza delle dichiarazioni rilasciate in proposito dal Governo e dai rappresentanti degli organi di informazione e di sicurezza nazionali, i quali «hanno fermamente ed inequivocabilmente escluso ogni coinvolgimento, diretto o indiretto, con apparati di intelligence stranieri e alcuna informativa in merito a loro operazioni finalizzate al rapimento di Abu Omar».
Si può, pertanto, affermare che, sul piano delle verifiche ufficiali ed istituzionali fin qui svolte, nessun coinvolgimento e/o complicità nella vicenda in esame emerga da parte dell’Italia e delle sue istituzioni.
Il SISMI, dal canto suo, ora torna a ribadire di non aver avuto neppure indiretta cognizione del fatto prima della sua consumazione e che, anzi, come già accennato, ha immediatamente attivato, in modo formale, appena acquisite le prime notizie circa la possibile scomparsa di Abu Omar, le Forze di polizia italiane e gli organismi di intelligence dei principali paesi stranieri.
Quanto riferito può apparire contraddetto dalle prime risultanze dell’inchiesta condotta dalla procura di Milano.
In questo momento – considerata l’assoluta sensibilità del momento investigativo in pieno sviluppo -, il Governo ritiene doveroso astenersi da valutazioni specifiche, nel convincimento che, da un lato, l’azione della magistratura non mancherà di far luce su eventuali quanto deprecabili responsabilità individuali, dall’altro, che a tal fine occorra offrire ogni assistenza a tale inchiesta, anche e soprattutto attraverso l’azione attenta e responsabile del Governo, che non mancherà di assecondare la collaborazione già da tempo in atto tra l’istituzione interessata e la procura milanese.
In questo momento, peraltro, appare quanto mai tempestiva e preziosa la ricostituzione del Comitato parlamentare di controllo sugli organismi di informazione e sicurezza. Ciò in quanto tale Comitato costituisce la sede propria, in quanto assistita da norme che consentono l’accesso ad informazioni riservate, per approfondire in termini ancora più circostanziati l’intera vicenda, in merito alla quale – allo stato delle conoscenze – questo Governo non ravvede motivi per revocare in dubbio la fiducia accordata e confermata all’istituzione SISMI e a tutti coloro che in essa abbiano correttamente operato."