di M. Molinari
da http://www.mauriziomolinari.org/it/article_view.asp?IDarticles=129
Tornando a colpire a Bali a tre anni di distanza dalla strage che causò 202 vittime la Jemaah Islamiah testimonia di essere in grado di operare nonostante gli arresti subiti e di voler continuare a colpire tanto l’Indonesia che l’Australia.
Fondata negli anni Settanta dai fondamentalisti Abu Bakr Bashir ed Abdullah Sungkar, rafforzata dai mojaheddin reduci dall’Afghanistan insediatisi a Giava, emanazione di Al Qaeda in Estremo Oriente e coinvolta nei preparativi dell’11 settembre, la Jemaah Islamiah si propone di creare un califfato integralista del Pacifico dalla Thailandia del Sud all’Australia del Nord ovunque vi sono musulmani.
La realizzazione di questo disegno passa attraverso il rovesciamento del governo di Giakarta, considerato corrotto e filo-occidentale, ed una lotta permanente contro l’Australia di John Howard, nella quale i militanti islamici identificano la sentinella di Washington nella regione per via dell’invio delle truppe in Afghanistan ed Iraq come del fermo sostegno alla lotta al terrorismo. «Hanno scelto di colpire a Bali – spiega Rohan Gunaratna, esperto di anti-terrorismo a Singapore ed autore del libro "Dentro Al Qaeda" – per umiliare l’Indonesia e continuare ad uccidere occidentali, che in quella parte del mondo significa soprattutto australiani. Vogliono provare di essere efficienti». In effetti la condanna di Bashir a due anni di detenzione, la cattura nel 2003 del super ricercato Hambali e la recente scoperta di una rete di militanti aveva portato Giakarta ad affermare che la presenza della Jemaah Islamiah nel più popoloso Paese musulmano era stata smantellata.
«Ma non è così perché godono della protezione di molti simpatizzanti – obietta Clive Williams, direttore del Centro di studi strategici dell’Australian National University – e sono ancora in grado di organizzare operazioni minori, come avvenuto in questo caso con il coinvolgimento forse di una dozzina di militanti, il terrorismo islamico nel Sud-Est asiatico resta una minaccia». Bali, dove la popolazione non è musulmana e dove la maggioranza di turisti è occidentale, rientra nella categoria degli obiettivi da colpire come avvenuto per l’ambasciata australiana nel settembre 2004 (11 morti e 160 feriti) e l’Hotel Marriot di Giakarta nel 2003 (12 morti e 150 feriti). Se l’Indonesia teme che un’alleanza fra Jemaah Islamiah ed altri gruppi – come Abu Sayyaf – possa portare alla formazione di un vasto movimento di guerriglia, Canberra vede con preoccupazione la presenza di cellule di fronte alle coste settentrionali australiane.
A paventare il rischio di infiltrazioni islamiche è stato l’arresto nell’aprile del 2004 dell’anglomusulmano Jack Roche, cittadino australiano, mentre era intento a pianificare un attacco contro l’ambasciata di Israele a Canberra. Dopo la cattura Roche ammise di aver conosciuto Osama bin Laden, di aver fatto addestramenti in Afghanistan e di essere un militante di Jemaah Islamiah.