Un articolo su Linkiesta, di Marco Cesario, rilancia le voci di attività dell’Intelligence francese nella crisi siriana sul modello di quanto già avvenuto in occasione della crisi libica, nell’ambito di una più ampia strategia regionale.
(…) il 20 Dicembre, François Loncle, deputato socialista nella regione dell’Eure e membro della Commissione Affari Esteri dell’Assemblea nazionale francese, avvia un’interrogazione parlamentare per tentare di fare luce sulla faccenda. Un altro articolo apparso sul Nouvel Observateur – che parla della Siria come «nuova frontiera della guerra francese» – mette infatti fuoco alle polveri. Il modello libico, fa notare Loncle, sembra ripetersi. Dapprima formazione ed addestramento di un esercito “libero” composto da disertori e jihadisti, poi infiltrazione progressiva della ribellione civile, in seguito supporto logistico e militare alle fazioni nemiche, poi presentazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, poi creazione di una no-fly zone imposta dalle forze della Nato e infine… Incursioni mirate dei Rafale francesi e dei caccia britannici fino alla caduta del tiranno.
In entrambi i casi la Francia, assieme alla Gran Bretagna, diventa la punta di diamante dell’interventismo atlantico, un interventismo che si avvale del prezioso appoggio delle petromonarchie del Golfo. L’idea della Francia è quella di aiutare la dinastia saudita a spezzare l’asse sciita Iran-Siria-Hezbollah e di creare un “blocco sunnita” in Medio Oriente, blocco peraltro già solido in quanto comprende l’Egitto, la Turchia, il Qatar, la Libia, la Tunisia, tutti paesi in cui esiste già un’orientazione politica fortemente islamica anche se, solo ufficialmente, moderata.
Se tutto ciò fosse vero sarebbe interessante capire quali scenari si aprono per il nostro Paese e per il nostro interesse nazionale.