Le conseguenze del debito publico americano nell'analisi di Oscar Giannino.
"(..)L'America ha tradizionalmente tre modi per spalmare sul resto del mondo i suoi debiti, grazie al fatto che il dollaro resta la valuta con cui si regolano i prezzi dei mercati mondiali.
Il primo è l'inflazione, che abbassa il valore reale del debito, ed è esportata nel mondo grazie all'oceanica liquidità che la Fed continua a pompare sui mercati (a differenza della Bce e della banca centrale cinese, apposta assai più prudenti). È quello che già accade tutti i giorni: per i grandi operatori basta indebitarsi in yen e dollari, che hanno tassi d'interesse negativi, e riversare ciò che si è preso sui mercati a breve delle scommesse sulle commodity, alimentari ed energetiche: e siete voi tutti a pagare alla pompa di benzina e al supermercato.
Il secondo è più rischioso, ma altrettanto efficace: la svalutazione del dollaro, che consente agli americani di esportare meglio e di contenere l'import deludendo cinesi, tedeschi e italiani, e sperando che così i cinesi siano costretti a rivalutare la propria moneta senza per questo smettere di comprare debito pubblico americano.
Il terzo modo è la dassica ricetta protezionista: per obbligare i mercati a non rompere troppo le scatole sull'eccesso di debito pubblico americano, restringere l'accesso a quello che resta il primo mercato al mondo a un bel po' di prodotti e capitali esteri, così da ristabilire l'ordine e il primato di chi comanda, bastone del dollaro alla mano. Ma sono ricette vecchie. Andavano bene nel mondo precrisi. Quando l'America era unica potenza egemone. Oggi, e ancor più domani, la Cina e i paesi emergenti avranno sempre più loro il bastone della crescita in mano."