Di Gerardo Pelosi, sul Sole 24ore di oggi. Gentilmente segnalato da Babbano.
ROMA – Nessuna previsione possibile. Nessun azzardo su quello che significherà il 2011 in termini di nuovi equilibri geopolitici mondiali o di minacce nelle zone calde a cominciare dal terrorismo e dal fondamentalismo religioso. Ma un’unica certezza: il 2011 sarà caratterizzato molto più che l’anno trascorso dalla assoluta centralità nel “grande gioco” della Cina, della regione del Golfo Persico e dell’Asia centrale (Iran e Afghanistan in testa).
Sono solo “modelli interpretativi” per i decisori politici quelli elencati in pillole, ma con focus su singole macroaree, quelli che emergono nei primi rapporti per il nuovo anno redatti delle agenzie di intelligence italiane (Aise, Aisi e Dis) frutto di analisi tratte da fonti aperte e riservate da ieri sul tavolo del premier Silvio Berlusconi e dei ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa e dell’Economia.
Europa irrilevante. Come ha segnalato anche il presidente Giorgio Napolitano nel messaggio di fine anno l’Europa rischia di divenire sempre meno rilevante. È probabile che, fin dal prossimo anno, la Ue non sarà capace di penetrare economicamente e geopoliticamente l’Asia Centrale e il Grande Medio Oriente. Si acuiranno, nel frattempo, le tensioni interne tra gli stati europei con una Germania solitaria che aggregherà in una fase successiva la Francia nelle relazioni verso l’Asia e la Federazione russa. La Ue potrebbe subire una «stratificazione» per linee orizzontali: l’Italia costretta a guardare verso Balcani, Grecia, paesi dell’Unione di recente acquisizione, mentre Francia e Regno Unito capitalizzeranno la nuova collaborazione militare, nucleare e strategica bilaterale, lasciando alla Nato il «soft power» della «global war on terror» e alcuni sistemi di cyber-guerra. Il rischio è la «rinazionalizzazione delle politiche estere», dalla quale l’Italia potrebbe rimanere esclusa.
Stati Uniti verso il Sudamerica. Gli Stati Uniti diventeranno i referenti del piccolo boom di alcuni dei maggiori paesi dell’America Latina, prossimo focus geoeconomico di Washington. Pechino a Taiwan. La Cina potrebbe mettere alla prova nel corso del 2011 il suo dispositivo militare navale, la nuova portaerei e le unità da sbarco. Quasi obbligatorio pensare ad un’azione legale ma forse anche dimostrativa militare o di infowar contro Taiwan che segnerà di fatto l’entrata della Cina nel grande gioco del sud-est asiatico, dove Pechino rinsalderà i legami con la Corea del Nord, proprio nella delicata fase di passaggio delle consegne da Kim Jong Il al figlio. I generali dell'”Ufficio 43″ di Pyongyang potrebbero gestire la transizione di concerto con Pechino.
La Cina guarda a Mosca e Delhi. La Cina, d’altra parte, potrebbe nel 2011 rinsaldare i legami con la Federazione russa e l’India per un’alleanza geoeconomica e quindi anche politico-militare. Le esportazioni sono compatibili, i punti di attrito marginali, i tassi di crescita paralleli, e la nuova alleanza tripartita si mostrerà nel Grande Medio Oriente: sostegno al riarmo saudita, mediazione con l’Iran nucleare, che manterrà il suo arsenale nucleare verso il Mediterraneo e le aree di sutura tra penisola eurasiatica e steppe russe, gioco economico tra Ue e Usa per allontanare sempre più le due sponde dell’Atlantico.
Occhio cinese sul Maghreb. In funzione anti-Usa ma in parziale (e spesso inconsapevole) collaborazione con i paesi Ue, la Cina, dopo avere egemonizzato l’Africa sub sahariana punta a penetrare il Maghreb e il Corno d’Africa, “chiudendo” la tensione nel Sudan meridionale a proprio favore ed espandendosi nell’Africa Nera a partire dal Corno d’Africa, per il monopolio di fatto delle materie prime rare non oil, sulle quali si baserà il prossimo ciclo di espansione economica di Pechino.
Kabul in mezzo al guado. La lotta ai talebani è uno spartiacque militare (ed economico) per disegnare le nuove future aree di influenza nell’Asia centrale. La tendenza di Hamid Karzai a “passare” dalla parte di alcuni gruppi talebani, quelli legati a Gulbuddin Hekhmatiar, e a sostenere sia l’Iran nelle aree sciite di confine e la Cina dal Passo di Wakhjir, determineranno con molta probabilità un «effetto di sostituzione»: dall’egemonia Usa-Isaf a un’egemonia di fatto, in Afghanistan, dei paesi della Shangai cooperation organization.
Israele e Iran. Israele sembra giunta a un bivio: può ancora, data la sua crescita economica science-oriented, entrare nel nuovo Grande Gioco geopolitico che si sta preparando, oppure può essere tentato a una risoluzione regionale delle tradizionali tensioni con l’Anp e i settori jihadisti del mondo palestinese. È probabile che Gerusalemme alzerà la posta militare, per mantenere la sua credibilità internazionale, ma che giochi le sue carte globali: accordo con la Cina per le nuove tecnologie, anche militari, in cambio di un’azione di controllo da parte di Pechino (e di Mosca) sul sistema del Golfo Persico, che né la Russia né la Cina vogliono rendere ostaggio militare e petrolifero dell’Iran. Non è da escludere, nell’estate 2011, una riedizione della guerra di Hezbollah contro Israele dalle basi del “partito di Dio” sciita poste dietro le linee di Unifil nel Libano meridionale.
Le conseguenze sull’Italia. Il nostro paese – dicono le analisi dell’intelligence – potrebbe soffrire le conseguenze strategiche del suo frazionamento di fatto sul piano territoriale ed economico, e subire le influenze complesse e varie sul proprio decision making sia in politica estera che in politica economica.