da La Stampa.it
di Guido Ruotolo
"Davvero ci sono cellule alqaediste pronte ad entrare in azione, sul nostro territorio? L’allarme lanciato dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel corso di un incontro con la stampa estera, è preoccupante. E lascia smarriti gli analisti (ma anche i magistrati) dell’antiterrorismo di casa nostra. E’ vero che Maroni è rimasto nel vago, non ha detto «sappiamo che stanno per entrare in azione cellule terroristiche», che di terrorismo «franchising», «fai da te», si era discusso al G6 di Londra l’altro giorno, ma l’enfasi con la quale ha pronunciato la sua preoccupazione sembra dettata da una valutazione politica più che da informazioni di prima mano su un rischio incombente.
Almeno è questo lo scenario che si delinea a sentire chi, ai vari livelli, si occupa di contrasto, prevenzione, repressione del terrorismo. Giustificando la forzatura del ministro: «Forse in questo modo voleva convincere i riottosi nel governo a dare il via libera ai fondi che servono per la sicurezza. E poi, naturalmente, il ministro ha voluto sottolineare la sua contrarietà alla legge che dimezza i tempi per la cittadinanza italiana agli stranieri residenti in Italia».
Fatta questa premessa, gli analisti e gli esperti dell’Antiterrorismo non sottovalutano affatto il pericolo del terrorismo internazionale: «La minaccia è reale, e riguarda tutti i Paesi dell’Occidente, e non siamo in grado di dire quando finirà». Precisano diverse fonti accreditate: «Fino a ieri in Italia erano presenti cellule jihadiste che si autofinanziavano, organizzavano proseliti da inviare in Afghanistan o in Pakistan per addestrarsi e poi per andare a combattere. Ed erano cellule in contatto sicuramente con organizzazioni alqaediste. Gli stessi estremisti islamici presenti in Italia avevano una frequentazione con altri “fratelli” in altri Paesi d’Europa. Viaggiavano, pendolari del terrorismo internazionale. Mentre prima l’Italia era un territorio di transito adesso, è vero, rischia di diventare anch’essa un teatro d’azione». Lo spartiacque che fa pensare che adesso il rischio di un attentato in Italia sia più «concreto» che rispetto al passato è l’attentato di Milano, del 12 ottobre scorso, alla caserma di piazzale Perrucchetti. Se l’ordigno costruito dal kamikaze libico Mohamed Game fosse stato ben confezionato, avremmo avuto una strage, con diversi morti. Ma a tuttora, per chi sta conducendo le indagini non sono emerse relazioni internazionali: «Non sono emersi contatti con altre organizzazioni. Game e i suoi due complici, le cui posizioni vanno meglio interpretate, non facevano parte di una cellula eterodiretta».
A sentire analisti, esperti, investigatori e inquirenti, finora non sono emerse tracce che possano far sospettare che «in Italia le cellule terroristiche si stanno addestrando per compiere attentati». Però è anche vero che proprio l’eccellente attività di prevenzione e di repressione di attività terroristiche ha stroncato una cellula che aveva il compito di addestramento e supporto logistico alle attività di terrorismo islamico. Era il luglio del 2007, a Perugia. Commentò l’allora ministro dell’Interno, Giuliano Amato: «Sono stati sventati rischi concreti. Non sappiano dove, se in Marocco o in Italia».
Proprio nei giorni scorsi, il capo di questa cellula, Mostapha el Korchi, ex imam della Moschea di Ponte Felcino, è stato condannato a sei anni di reclusione, a quattro gli altri due complici. La cellula aveva nella sua disponibilità potassio nitrato e ammonio nitrato, componenti per micidiali ordigni. E via Internet si documentavano su come fabbricare ordigni. Terroristi «fai da te»."