… secondo l'Intelligence belga. Lo riporta Il Foglio di ieri:
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Un gruppo di combattenti dello Stato islamico ha lasciato la Siria da una decina di giorni ed è in viaggio verso il Belgio per compiere un nuovo attentato “immediato” e capace di causare “un grande numero di vittime”. Il sito di informazione belga Derniere Heure cita un rapporto dei servizi segreti già trasmesso alla polizia di Bruxelles e di cui è entrato in possesso. Secondo le carte dell’intelligence, i combattenti risalgono da giorni la rotta dei migranti che passa dalla Turchia e dalla Grecia, non hanno passaporto, come gran parte dei profughi che raggiunge l’Europa, e avrebbero già a disposizione l’arsenale necessario per perpetrare attacchi, o almeno saprebbero dove reperirlo. L’informativa non è inedita nel suo genere. Di frequente i servizi danno l’allerta su possibili attentati in rapporti poi analizzati e studiati dall’Ocam, l’Organo belga che coordina e analizza le minacce. Stavolta però il dossier sembra circostanziato. I servizi belgi spiegano che il gruppo, una volta entrato in Europa, si dividerà in due: alcuni si dirigeranno verso la Francia, altri verso il Belgio, per compiere due diversi attentati il cui rischio “è elevato, oppure molto elevato”.
Gli obiettivi probabili sono molti di più di quelli che la polizia belga aveva inserito in un elenco stilato all’indomani degli attentati del 22 marzo (e che includeva le fermate dei mezzi pubblici, le ambasciate e le sedi delle istituzioni nazionali ed europee): per l’intelligence, ora i terroristi intendono colpire anche i luoghi di assembramento dei tifosi che seguono le partite degli Europei davanti ai maxi schermi, gli ospedali (in particolare quello militare di Neder-Over-Hembeek), centri commerciali, hotel, luoghi di divertimento, zone commerciali e pedonali (viene citata la Bourse di Bruxelles, dietro la centralissima Grand Place). Il rapporto dei servizi conclude che le autorità dovrebbero valutare la possibilità di sospendere tutti i grandi eventi in programma. A rendere verosimile la ricostruzione dell’intelligence sono anche le parole rilasciate ieri sera dal direttore dell’Ocam, Paul Van Tigchelt, che non ha smentito il rapporto. “Si tratta però di informazioni grezze”, ha precisato, “che sta a noi contestualizzare e verificare”. Così, stamattina il livello di allerta terrorismo è rimasto stabile a “tre” su una scala di quattro, ovvero la minaccia è considerata sì “grave, possibile e verosimile”, ma non esistono al momento elementi nuovi che la rendano concreta e immediata.
Le comunicazioni tra i combattenti dello Stato islamico che si trovano in Siria e Iraq e il Belgio continuano e nel paese europeo, nonostante i recenti arresti, “esistono cellule dormienti del Daesh”, ribadisce il rapporto. Il mese scorso, dopo l’ultima vasta tornata di fermi nei confronti di aspiranti terroristi, la polizia belga ha appurato che alcuni dei giovani interrogati avevano avuto contatti recenti direttamente con Raqqa, in Siria. Molti di questi, originari di Anversa, avevano tentato di raggiungere Raqqa e avevano parlato con Hicham Chaib (nella foto a sinistra), un foreign fighter belga che dal 2013 si è unito alla polizia religiosa dello Stato islamico della roccaforte di Daesh in Siria. Chaib, un 34enne ex membro del network jihadista belga “Sharia4Belgium”, era stato il volto del video di rivendicazione degli attentati di Bruxelles di marzo, in cui si invitava a compiere nuovi attentati in Belgio. Si tratta solo dell’ultimo caso di proselitismo nel paese (nel Foglio ne ha scritto di recente Daniele Raineri). Riattivare le cellule dormienti in Belgio non è complicato per il Califfato, grazie alle attività di reclutamento condotte sotto traccia negli ultimi anni da personaggi come Khalid Zerkani e Abdelhamid Abaaoud.
Un ricercatore indipendente ed esperto di estremismo islamico, Pieter Van Ostaeyen, ha scritto oggi in un paper pubblicato dal think tank dell’European Policy Centre che “i foreign fighter che rientrano in Belgio possono contare su una fitta rete di contatti proveniente dagli ambienti della criminalità locale”, gli stessi da cui erano stati reclutati a loro volta terroristi come Salah Abdeslam o Mohamed Abrini, gli attentatori di Parigi e Bruxelles. “I membri di questi gruppi”, continua Van Ostaeyen, “sanno dove comprare le armi e il materiale necessario per fabbricare ordigni, e dove trovare abitazioni per nascondersi”. A rendere ancora più complicata la loro identificazione è che alcuni dei componenti delle cellule “non sono necessariamente foreign fighter e possono preparare il terreno per futuri attacchi nei propri paesi di origine, senza che gli apparati di sicurezza o dell’intelligence li notino”. La polizia belga, giudicata finora superficiale dai servizi degli altri paesi europei, resta sotto esame. E’ notizia di ieri che Abrini, dalla sua cella del carcere di Beveren, era in contatto con Marouan el Bali, l’unico sopravvissuto dell’assalto di Verviers del 15 gennaio 2015 e detenuto nello stessa prigione. Con l’aiuto di altri prigionieri o di una guardia carceraria, Abrini ha tentato di recapitare al compagno un messaggio scritto in arabo che recitava: “Pare che in Francia qualcosa si stia muovendo”.