Washington si appresta a modificare formalmente (praticamente è già stato fatto) la sua policy verso la Russia. Si torna indietro di qualche anno, come spiega bene Paolo Mastrolilli in questo articolo pubblicato su La Stampa:
La nuova strategia
La Casa Bianca ha affidato a Celeste Wallander, Special Assistant to the President e Senior Director for Russia and Eurasia al National Security Council, la revisione della sua «policy» nei confronti di Mosca. La nuova strategia dovrebbe essere pubblicata a luglio, e si baserà sulla convinzione che Mosca ha deciso di passare dalla linea della cooperazione seguita dopo il crollo dell’Urss, a quella della contrapposizione. Da qui deriva anche una revisione dell’approccio militare, su cui però ci sono punti di vista diversi non solo fra gli Usa e gli alleati europei, ma anche all’interno della stessa amministrazione Usa.Divergenze negli Usa
Il nuovo leader del Pentagono Carter è convinto che le sanzioni non stanno funzionando, e quindi bisogna sostenerle con altre iniziative. Il capo degli Stati Maggiori Dempsey ha detto al «Wall Street Journal» che con questo intende una maggiore condivisione dell’intelligence, più esercitazioni a rotazione nei Paesi Nato al confine con la Russia, potenziamento delle capacità. Washington accusa la Russia di aver violato il trattato Intermediate-range Nuclear Forces del 1987, che vietava lo sviluppo di missili a medio raggio, e secondo l’Ap come risposta sta valutando tre ipotesi: difese contro i vettori testati da Mosca; «counterforce», cioè attacchi preventivi; e «countervailing strike capabilities», ossia il potenziale uso delle forze nucleari. Vorrebbe dire riportare i missili a medio raggio in Europa. Questa è la soluzione estrema, che il Pentagono considera perché deve prepararsi sempre a tutte le ipotesi.
L’Italia è contraria e non è la sola: lo stesso ministro degli Esteri britannico ieri ha detto che la Russia si sente accerchiata, e anche se sull’Ucraina si deve restare fermi, bisogna evitare le iniziative che verrebbero prese come minacce. Chi spinge da mesi per un approccio anche militare più duro sono i Paesi baltici e la Polonia, mentre l’Italia in tutti i contesti Nato ha frenato. Su questo è meno lontana dalle posizioni di Obama, di quanto non lo sia stata sulle sanzioni. Il presidente infatti condivide le preoccupazioni espresse dal ministro degli Esteri britannico, e non vuole allargare le proporzioni della crisi ucraina fino al punto di provocare una nuova Guerra fredda, o anche peggio. La revisione della «policy» sulla Russia però sta arrivando, e l’Italia dovrà prepararsi a nuove richieste.
E’ evidente, per intenderci, che la questione è più ampia e riguarda il costituendo nuovo ordine globale e le relative sfere di influenza. La Russia, schiacciata tra Cina e blocco atlantico tenta di non farsi mettere all’angolo riguadagnando un po’ dell’influenza perduta nelle aree limitrofe. La Cina punta a trasformare la crescita economica in influenza regionale, prima, e possibilmente globale, poi. Rosicando, ma per ora senza poter o voler destrutturare, la “Pax Americana” (si veda la recente vicenda dell’Asian Infrastructure Investment Bank). Gli Stati Uniti iniziano, con molto ritardo, a ragionare sui tempi lunghi e si rendono conto che, come e più di prima, per poter plasmare il nuovo ordine geo-economico globale, hanno bisogno di legare a sé l’Europa per poter far massa critica contro il futuro “polo cinese”.
In tutto questo sarebbe interessante che l’Europa e l’Italia riflettessero attentamente su cosa è più utile per i propri interessi e su quali strategie conseguenti adottare.