Un episodio che è diventato mito, ricordato dal Corriere della Sera:
Fu un’iniziativa presa dal basso, dai soldati in trincea, che il 25 dicembre di cento anni fa uscirono spontaneamente allo scoperto in alcune zone del fronte occidentale per andare a salutare e a fare gli auguri ai «nemici» senza che ci fosse, da parte dei comandi, alcun via libera. Anzi, proprio il contrario. Quando la notizia si diffuse grazie alle lettere dei soldati alle famiglie, i vertici militari di entrambi i contendenti si affrettarono a proibire altre iniziative simili: il generale Horace Smith Dorrien, comandante del secondo corpo d’armata della Bef, la forza di spedizione britannica in Francia, arrivò a minacciare la corte marziale per chi si fosse reso colpevole di fraternizzazione.
Il «miracolo» del Natale 1914, di due avversari che dimenticano l’odio per unirsi in un abbraccio fraterno, rimase un fatto quasi isolato (ci sono poi stati altri episodi di «vivi e lascia vivere» ma mai più così eclatanti) e ben presto trascolorò nel mito, tanto più quando il sentimento popolare degli europei nei confronti della Grande Guerra cambiò di segno: non più glorioso fatto d’arme ma massacro insensato, che aveva spazzato via una generazione. La tregua di Natale venne quindi vista come la dimostrazione che gli uomini sono fondamentalmente buoni e che erano stati spinti alla guerra da governi stupidi e irresponsabili, tanto che appena liberi di farlo avevano scelto la pace e la fratellanza.
Ma come andarono realmente le cose? Facciamolo raccontare a chi ne fu testimone diretto, il caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che stavano a Exeter (riprodotta sul sito www.christmastruce.co.uk interamente dedicato a quanto successe cento anni fa): «È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle». Il riferimento al tempo non è di poco conto: «La vigilia — scrive Alan Cleaver nella prefazione al libro La tregua di Natale (Lindau edizioni) che raccoglie molte lettere dei soldati dell’epoca — segnò la fine di settimane di pioggia battente, e una gelata rigida e tagliente avvolse il paesaggio. Gli uomini al loro risveglio si trovarono immersi in un Bianco Natale» […].