Vi segnalo un’interessante intervista a Leonardo Maugeri pubblicata lunedì su Affari e Finanza de la Repubblica sulle cause del crollo nel prezzo del barile e sull’impatto che questo può avere sulla leadership russa:
[…] Qual è la vera situazione della Russia?
«Oggi di fatto Mosca è il maggior produttore di petrolio al mondo con 10,4 milioni di barili perché a differenza dei Paesi arabi produce tutto quello che può senza tenere alcuna capacità inutilizzata. Nel gas tutto questo è ancora amplificato. La Russia, malgrado tutto, malgrado il caso ucraino, ha ancora bisogno dell’Europa come mercato di sbocco in un momento in cui le quotazioni del gas stanno anch’esse scendendo. L’accordo con la Cina dispiegherà i suoi effetti fra molti anni. È importante ricordare che per i leader prima sovietici e poi russi le quotazioni degli idrocarburi, prima fonte di ricchezza del Paese, sono in diretta dipendenza con le loro fortune. Breznev godette di un grande consenso popolare nella seconda metà degli anni ‘70 quando i prezzi salirono alle stelle. La crisi di Gorbaciov e dell’Urss iniziò nel 1986, anno in cui il greggio era sceso fino a 9 dollari. Una nuova crisi piombò sul Paese verso la fine degli anni ‘90, culminata nel default tecnico della Russia nel 1998, e costò l’instabilità e il declino a Eltsin. Negli ultimi anni Putin a sua volta ha cavalcato gli alti prezzi del petrolio del del gas fino a due anni fa e ora, non a caso, sta cercando in tutti i modi di evitare che una caduta prolungata dei prezzi si traduca in una crisi personale di consenso all’interno della Russia, che aprirebbe nuovi scenari».