Tra i saggi pubblicati nell’ultimo numero di Limes, in edicola da pochi giorni, ce n’è uno scritto da Paolo Scotto di Castelbianco, attuale responsabile della comunicazione istituzionale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS).
Nel breve saggio, intitolato “A che serve l’Intelligence italiana“, l’autore traccia sinteticamente un quadro di quelle che sono le principali minacce al nostro Sistema-Paese e spiega qual è il ruolo che i nostri Servizi svolgono nel garantire la sicurezza nazionale attraverso il fondamentale supporto al processo decisionale.
Riporto qui di seguito alcuni passaggi:
[…] Prendendo atto degli importanti mutamenti strategici avvenuti nel sistema internazionale nel corso degli ultimi vent’anni, anche l’Italia ha aggiornato la propria “infrastruttura” per la sicurezza nazionale – le Agenzie di informazione, appunto – rifocalizzandole su nuove missioni, rafforzandone il coordinamento all’intero di un modello unitario, coerente e centripeto, potenziando i vari livelli di controllo e istituendo un sistema integrato di comando al vertice politico strategico: il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR). Una nuova Intelligence, quindi, in grado di rispondere con maggiore efficacia e flessibilità alle complesse ed articolate sfide alla sicurezza nazionale.
Ma nell’attuale contesto internazionale, che cosa è in pericolo e da dove viene la minaccia alla stabilità ed allo sviluppo del paese?
Innanzitutto è necessario prendere atto che l’integrazione economico-finanziaria globale procede ad un ritmo tale che opportunità e rischi della competizione internazionale si estendono ben oltre la sfera economica. Gli effetti a catena della crisi finanziaria lo dimostrano. E occorre oggi saper giocare la partita anche in attacco: occasioni perdute per la nostra economia rappresentano danni per la credibilità e lo sviluppo dell’intero sistema Paese.
La competizione internazionale sul terreno economico vede protagonisti interi sistemi Paese (e non più solo aziende) pronti a sfruttare specifiche debolezze (non solo finanziarie, ma spesso di “governance” del sistema Paese) del nostro tessuto produttivo con diversi obiettivi, spesso, ma non necessariamente, concomitanti. Sotto attacco possono essere sia “interessi strategici” (si pensi, ad esempio, alla sottrazione di know-how ritenuto prioritario ai fini della realizzazione di obiettivi di sviluppo nazionale o all’acquisizione in settori chiave della catena del valore al fine di condizione un’intera filiera produttiva) che “interessi contingenti” (si pensi, ad esempio, alla sottrazione di posti di lavoro o alla delocalizzazione di aziende sane ma in momentanee difficoltà congiunturali). In tale contesto geo-economico le tradizionali categorie di “amico” e “nemico” perdono di rilevanza. D’altronde, le dinamiche profonde della recente crisi economico-finanziaria europea dimostrano inequivocabilmente come anche Paesi storicamente alleati possano trasformarsi in temibili concorrenti e come si possa essere contemporaneamente, e su tavoli differenti, alleati e competitori.
E’ lo stesso tessuto economico nazionale che rende il nostro Paese particolarmente sensibile ad operazioni di vera e propria conflittualità geo-economica. Un’economia, quella italiana, la cui colonna vertebrale è costituita da piccole e medie aziende di eccellenza che affrontano i mercati internazionali con le proprie risorse, spesso senza “fare sistema”, e sono particolarmente esposte sia alle manovre aggressive di politica economica da parte di Stati esteri sia alla sottrazione di know-how strategico da parte di competitori.
Esiste quindi un concreto rischio di downgrading strutturale del Paese, legato a decisioni del mercato o anche ad azioni sovrane aggressive che hanno l’obiettivo ultimo di condizionare in prospettiva l’autonomia politica e decisionale di una nazione. […]La competizione internazionale è, quindi, estremamente dinamica ed aggressiva e corrisponde ad un modello evolutivo asimmetrico e geotraslato della minaccia che ne deriva, col risultato di richiedere lo sviluppo, soprattutto da parte dell’Intelligence, di sofisticate capacità di previsione strategica integrata in grado di individuare, e mettere a sistema condividendole, le tendenze di medio-lungo termine. Inoltre, è quanto mai importante il consolidamento di un efficace rapporto di collaborazione tra pubblico-privato dato il ruolo preminente che le aziende, ed in generale gli attori privati, svolgono nei mercati, nazionali ed internazionali. […]
Nel mutevole contesto strategico qual è, quindi, il ruolo che deve svolgere l’Intelligence? Essa gioca un ruolo chiave nel supporto al processo decisionale di vertice e nello sviluppo di efficienti politiche nazionali. A fronte di queste nuove minacce e di una realtà in cui è evidente il bisogno di fare sistema oltre le rigide divisioni pubblico/privato (che non si giustificano più sul piano teorico alla luce del contesto e delle minacce sopra descritte, e che comunque sono ampiamente superate in Paesi nostri diretti competitors), serve una capacità di monitoraggio “avanzata” che solo l’Intelligence, in stretta connessione con le altre amministrazioni, può assicurare. […]
L’Intelligence italiana, infatti, assicura – attraverso la raccolta informativa e la disseminazione – la circolazione delle informazioni rilevanti tra gli attori istituzionali competenti e stimola i massimi vertici istituzionali ed amministrativi ad una chiarezza di obiettivi, presupposto essenziale per un’efficace azione a tutela degli interessi nazionali;
Il Sistema di informazione opera sul campo nella protezione degli assetti “immateriali” del sistema economico contribuendo, ad esempio, a garantire il buon funzionamento dei mercati finanziario, bancario e assicurativo attraverso un attento monitoraggio delle azioni di ingerenza, l’analisi dei rischi sistemici e la valutazione della stabilità degli operatori, con i conseguenti riflessi sul mercato dei capitali. Ma l’Intelligence è attivamente impegnata anche a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, così importanti per il nostro Paese, sia proteggendone gli assetti infrastrutturali dalle minacce terroristiche sia valutando le dimensioni politico-securitarie dei Paesi fornitori e di transito anche tramite analisi scenaristiche e previsionali. […]In questo quadro occorre aggiungere una sfida non meno impegnativa da giocare sul piano della trasparenza. Si tratta di informare correttamente i cittadini al livello delle domande primarie: chi siamo? Cosa facciamo? A cosa serviamo? […] Non è quindi un paradosso che il direttore generale del DIS conceda interviste ai medie, che l’intelligence abbia un portavoce, o che esista un sito Web ricco di informazioni, continuamente aggiornato di contributi, utilizzato come strumento per candidature di lavoro, aperto alle domande dei cittadini. E non è nemmeno un paradosso che la Scuola di formazione del comparto intelligence sia impegnata da un anno in una serie di road shows nelle principali università italiane: progetti di ricerca congiunti, scambi culturali, comunicazione diretta verso i giovani con tutto quello che rappresentano come potenziale di eccellenza[…]
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