Un articolo pubblicato dal Wall Street Journal due giorni fa ipotizza un fallimento da parte dell’intelligence statunitense in occasione dell’operazione militare russa sulla Crimea.
Secondo il giornalista, nelle ore precedenti, sia la truppe russe che il vertice politico-militare di Mosca sarebbero stati in grado di occultare del tutto le proprie comunicazioni sottraendosi all’intercettazione dell’intelligence americana la quale, pur avendo assistito all’ammassamento di unità al confine con l’Ucraina (capacità) tramite i rilevamenti satellitari, non sarebbe però stata in grado di definire in anticipo l’intenzione delle truppe di Mosca di prendere il controllo della regione.
Dal racconto, inoltre, sembrerebbe cogliersi un ben orchestrato piano di Mosca, precedente agli scontri di piazza, volto a creare una situazione di conflittualità al fine di poter procedere con il colpo di mano sulla Crimea, tramite una serie di unità scelte fatte entrare nella penisola già da tempo.
A prescindere dalla correttezza di tale ipotesi resta il fatto che, secondo il Wall Street Journal, l’attacco alla Crimea potrebbe essere iscritto nella categoria dei “surprise attacks” e dei fallimenti dell’intelligence. I Servizi segreti di Washington non sarebbero stati in grado di aumentare efficacemente la copertura Sigint ed Imint e sarebbero stati tratti in inganno delle attività di denial e deception dei russi. I quali – aggiungo io – di certo non sono gli ultimi arrivati in materia (maskirovka docet).
Insomma, un altro bel “case study” nel campo degli “intelligence failures” ma non solo. Da notare infatti che dopo tanto tempo all’interno dei circoli strategici NATO si è tornati a parlare seriamente di warnings su attacchi a sorpresa convenzionali e non più solo su attacchi terroristici.
PS ci sarebbe, inoltre, da fare una seria analisi proprio sul ruolo dei social media come strumenti di “early warning” e sulla loro eventuale vulnerabilità ad operazioni di denial&deception.