Con qualche giorno di ritardo ho letto la Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza presentata dal nostro Governo il 6 marzo.
Chiarisco subito che il mio modesto giudizio sul documento è estremamente positivo. Negli ultimi anni la nostra Intelligence ha migliorato – e di molto – la qualità di tale documento che, allo stato attuale, è una vera e propria fotografia delle sfide e delle opportunità alla nostra sicurezza.
La Relazione, quindi, riesce ad informare i cittadini ed il Parlamento con quel sufficiente livello di approfondimento che è richiesto a documenti di questo tipo che devono articolarsi trovando un difficile equilibrio tra riservatezza e pubblicità.
La Relazione 2013 è divisa in due parti. Una prima sezione dedicata alle minacce ed una seconda dedicata alle aree di crisi. Infine, novità di quest’anno, alla Relazione è aggiunto un “Documento di strategia nazionale” che riguarda uno dei temi caldi di questo periodo, il cyber.
La Relazione è introdotta da una premessa – interessantissima – di una decina di pagine nella quale viene sintetizzato il processo di trasformazione che ha caratterizzato la nostra Intelligence in questi ultimi mesi e che è iniziato con la riforma del 2007.
In materia di personale e nuove assunzioni, scrivono i nostri Servizi (pag.8):
Sul piano dell’interfaccia con l’esterno, è stato ampliato il novero dei bacini di provenienza delle professionalità impiegate, non solo attingendo ad Amministrazioni diverse dai tradizionali ambiti delle Forze Armate e di Polizia, ma soprattutto operando nuove assunzioni ed immettendo nel Comparto risorse umane provenienti dai segmenti più qualificati del mondo giovanile. Nella consapevolezza che una dimensione fondamentale del lavoro dell’intelligence è saper praticare un’effettiva capacità interdisciplinare, è stata messa a fattor comune una pluralità di esperienze, identificando in primo luogo nel settore delle Information and Communication Technologies, oltre che nel segmento dell’intelligence economico-finanziaria, la priorità per le nuove assunzioni, quale segno tangibile della determinazione nel governare il nuovo.
Quindi, sono state effettuate nuove assunzioni con personale anche giovane, proveniente da settori differenti da quelli usuali e con priorità alle competenze ICT/Cyber ed economico-finanziarie.
Passando all’attività dell’intelligence, costituiscono utili spunti di riflessione i dati sulle informative/analisi realizzate delle due agenzie a favore di “enti istituzionali e forze di polizia”. Soprattutto se si ha l’accortezza di esaminarne l’evoluzione dal 2010 ad oggi. E’ necessario, però, tenere presente che si tratta di dati grezzi e volutamente non dettagliati, quindi inidonei a fornire conclusioni realmente significative. Soprattutto, si tratta di dati quantitativi che nulla ci dicono sugli aspetti qualitativi (i più importanti) della produzione analitica.
Ciononostante è possibile comunque ricostruire un quadro generico (e tendenziale) dell’attività della nostra Intelligence. Riguardo all’AISE, ad esempio, l’attività informativo/analitica sulle aree geografiche è cresciuta negli ultimi tre anni, passando dal 44% del 2010 al 61% del 2013 con un picco del 74% nel 2011. All’interno di tale categoria l’Asia ha visto crescere le attenzioni della nostra Agenzia esterna (dal 46% del 2010 al 64% del 2013) mentre il Medio-Oriente ha subito un calo (dal 26% al 14%). In calo sembra essere anche la produzione informativo/analitica riguardante il terrorismo internazionale che passa dal 36% del 2010 al 16% del 2013 (nel 2011 era al 13%). Una maggiore attenzione, invece, sembra essere destinata alle tematiche della proliferazione. Nel 2010 la produzione info/analitica era al 3,9% del totale, nel 2012 è stata del 9% e nel 2013 del 6%.
Differente è la situazione sul fondamentale tema della sicurezza economica che, in base a quanto scritto nelle ultime Relazioni del Governo, costituisce assieme al cyber una delle priorità dei nostri Servizi. Per l’AISE nel 2010 la produzione info/analitica su questa tematica era al 9,8% del totale. Da allora i dati contenuti nelle Relazioni del 2011 e del 2012 indicano un progressivo calo (rispettivamente: 4,8% e 3,1%) fino ad attestarsi al 6% del 2013. Per l’AISI, invece, la percentuale è aumentata: 12,9% nel 2010, 13% nel 2011, 15% nel 2012, 19% nel 2013. Ipotizzo possa trattarsi anche dell’effetto del riassetto del Comparto successivo alla legge 124 che dovrebbe aver potenziato le capacità dell’AISI in materia di contrasto alla minaccia economica. Trattasi, però, di mera ipotesi priva di qualunque dato fattuale.
Le attività dell’Agenzia interna si focalizzano oltre che sulla sicurezza economia anche, e soprattutto, sul contrasto al terrorismo jihadista (34% nel 2013), sul contrasto all’eversione (26%) e sul contrasto alla criminalità organizzata (13%). Tutti e tre in tendenziale crescita negli ultimi tre anni.
C’è poi un ulteriore aspetto che a mio avviso andrebbe adeguatamente evidenziato ed è quello dell’efficacia del Sistema come “infrastruttura” informativa a vantaggio del vertice decisionale nazionale. Scrivono i nostri Servizi nella presente Relazione (pag. 12-13):
Pur essendo non unica, bensì triadica, l’articolazione degli Organismi italiani, questi hanno evidenziato, in coerenza con le leggi di riforma, una sempre più marcata tendenza all’unitarietà nel mondo di operare, nonchè di individuare, analizzare, prevenire e contrastare le minacce geografiche e fenomeniche alla sicurezza nazionale. Si è, in particolare, accresciuta nell’ultimo anno la loro complementarietà nel fornire al decisore politico organici quadri di insieme dei problemi e delle dinamiche trattate.
Il Comparto, oltre ad assicurare il monitoraggio del quadro della minaccia, ha sempre più operato per fare emergere, sulla base delle indicazioni del Vertice governativo e in specie dell’Autorità Delegata, elementi informativi utili all’esercizio di opzioni di policy che tenessero adeguatamente conto degli interessi nazionali di volta in volta in gioco.
Decisivo, a tal fine, è stato l’intenso lavoro svolto dal CISR, configuratosi quale vero e proprio “Gabinetto per la sicurezza nazionale”, per ciò stesso naturale detentore di quella visione olistica indispensabile per affrontare adeguatamente le varie sfide alla sicurezza della Nazione.
Quindi: a) il Comparto lavora come un Sistema, esattamente come previsto dalla legge 124; b) supporta il Governo nella ricerca e nella tutela dell’interesse nazionale (e non solo nella protezione da minacce); c) il CISR (gaudium magnum) si è configurato oramai come un comitato per la sicurezza nazionale integrando le varie amministrazioni in un’unica visione.
Come ho scritto proprio qualche giorno fa, il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica è diventato lo snodo strutturale indispensabile per l’analisi e la pianificazione integrata delle politiche di sicurezza della Nazione. Un meccanismo che sembra oramai rodato e che fa perno sul c.d. “CISR tecnico”. Leggiamo infatti nella Relazione (pag. 17):
Snodo funzionale dell’integrazione per l’attività di intelligence e l’attuazione delle politiche governative in termini di sicurezza nazionale del Paese, è assicurato dall’organismo collegiale permanente – istituito nell’ambito del regolamento attuativo della Legge 133 – presieduto dal Direttore Generale del DIS e composto, oltre che dai Direttori delle Agenzie, dai vertici delle Amministrazioni dei Dicasteri CISR. Consesso che, a mente delle previsioni del DPCM 24/1/2013, viene integrato con la partecipazione del Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri alle riunioni aventi ad oggetto la materia della sicurezza cibernetica.
Nella premessa, a pagina 13, c’è poi un passaggio che non può non fare emozionare il sottoscritto laddove si legge che:
Si è reso pertanto necessario rafforzare, anche sul piano istituzionale, la capacità del Paese di dotarsi di uno sguardo strategico, in grado di fornire all’Autorità di governo un quadro di lungo periodo delle evoluzioni dello scenario di sicurezza nelle sue variegate implicazioni, consentendole in tal modo di assolvere alle sue responsabilità con scelte efficaci, commisurate alla portata ed alla natura delle nuove minacce.
Il risultato di tale sforzo di analisi strategico-previsionale sembra essere stata la conferma di due priorità di intervento: il contrasto alla minaccia cibernetica e la protezione degli interessi economici del Paese. Sotto quest’ultimo aspetto, scrivono i nostri Servizi, “l’attività informativa è stata dunque ampliata secondo una nozione di sicurezza nazionale che incorpora la competitività, la crescita economica e la connessa coesione sociale fra i beni essenziali da difendere, partendo da una prioritaria individuazione – condivisa con le Amministrazioni centrali rappresentate nel CISR – dei settori strategici del Sistema Paese.
In altre parole, mi sembra di capire che in ambito CISR sia stata sviluppata una sorta di pianificazione per la protezione degli interessi economici nazionali. Su questo tema, peraltro, la sezione della Relazione dedicata a “Le dinamiche economico-finanziarie” (da pag. 27) è una delle parti più interessanti ed utili dell’intero documento perché delinea con una certa precisione il quadro delle minacce al Sistema-Paese:
[…] In questo paradigma l’intelligence cui la legge di riforma del 2007 assegna la tutela degli interessi anche economici, industriali e scientifici, concorre alla individuazione preventiva dei tentativi stranieri di aggressione e di influenza suscettibili di incidere sulla competitività nazionale, fornendo, anche in chiave analitica, indicazioni sulle linee tendenziali e sui tratti salienti di tali manovre.
L’azione informativa ha fatto emergere un consolidamento dell’interesse di investitori stranieri verso i settori:
– delle telecomunicazioni, in relazione alla possibilità di accedere al controllo dell’infrastruttura di rete;
– bancario e finanziario, con l’obiettivo di espandersi nel segmento retail;
– della logistica, dei trasporti e del turismo, al fine di presidiare gli scali portuali ed aeroportuali nazionali e in tal modo indirizzare il traffico passeggeri e merci a beneficio dei Paesi di origine;
– dei processi di trasformazione di petrolio e gas, con l’obiettivo di utilizzare il territorio nazionale quale piattaforma per lo sfruttamento dei bacini di idrocarburi del Mediterraneo. Anche il comparto delle energie rinnovabili permane particolarmente esposto all’interesse di quegli operatori stranieri che, forti della propria leadership di settore e della disponibilità di materie prime, potrebbero influire sulle dinamiche del mercato;
– dell’agroalimentare, con la finalità di sfruttare una posizione sul mercato nazionale ed internazionale già consolidata e intervenire sull’intera catena alimentare, dalla produzione alla distribuzione.Allo stesso tempo gli operatori esteri hanno mostrato verso il settore manifatturiero nazionale un’attenzione che, nel caso degli investitori extracomunitari, si concentra verso le industrie nazionali detentrici di prestigiosi marchi legati alla nostra storia e cultura; ciò, per tentare di replicarne la produzione nel Paese di origine, con ripercussioni sul mercato del made in Italy. Gli operatori europei appaiono, invece, più interessati al patrimonio commerciale, puntando ad acquisire realtà nazionali principalmente per sfruttarne le potenzialità di penetrazione dei mercati internazionali e, dunque, le relative quote di mercato.
Concludo con una velocissima nota sul tema cyber. A pagina 21, sezione sulla “Cyberthreat“, è possibile leggere un passaggio estremamente indicativo sulla reale natura della minaccia in questo settore. Scrivono i Servizi:
Pur costituendo la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate target prioritario per l’intelligence, atteso che un’aggressione alle stesse è potenzialmente in grado di danneggiare o paralizzare il funzionamento dei gangli vitali dello Stato, il monitoraggio informativo svolto nel corso del 2013 ha consentito di rilevare come la concentrazione degli eventi cibernetici di maggior rilievo si sia tradotta in un significativo incremento di attività intrusive finalizzate all’acquisizione di informazioni sensibili e alla sottrazione di know-how pregiato. Ciò in danno del patrimonio informativo di enti governativi, militari, ambasciate, centri di ricerca, nonchè di società operanti nei settori aerospaziale, della difesa e dell’energia, anche di fonte alternativa.
Insomma, la minaccia che incombe da e sullo spazio cibernetico è sostanzialmente di natura spionistica più che di tipo “infrastrutturale”. Una realtà che dovrebbe far riflettere molti analisti ed esperti del settore che, ancora, continuano a configurare tale minaccia principalmente (se non esclusivamente) nei termini di una possibile nuova “Pearl Harbor” informatica.