Da TMNews:
New York, 25 feb. – Pochi mesi dopo l’inizio delle violenze in Siria nel 2011, il Pentagono e la National Security Agency avevano preparato un sofisticato piano per un cyber-attacco contro l’esercito siriano e la struttura di comando guidata dal presidente Bashar al Assad. Si voleva da subito azzerare le possibilità del regime di fare attacchi aerei colpendo l’aviazione di Damasco e le fabbriche e i depositi di missili: l’attacco “avrebbe spento le luci su Assad”, ha detto al New York Times un ex funzionario che aveva lavorato al piano.
Ma dopo lunghe consultazioni e analisi, il presidente americano Barack Obama aveva scelto di abbandonare la possibilità, anche se non avrebbe avuto costi elevati e avrebbe garantito un numero di vittime tra i civili molto basso. Secondo Obama la Siria non rappresentava ancora un punto strategico per un intervento. Inoltre gli attacchi sotto copertura – come quelli che aveva ordinato in Iraq nei suoi primi due anni alla Casa Bianca – sarebbero stati troppo rischiosi.
La scelta del presidente di non ricorrere alle nuove armi sviluppate con sforzi economici della sua amministrazione mette in luce i crescenti dubbi sulle nuove tattiche e su come possano cambiare la guerra così come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Ma soprattutto Obama avrebbe temuto una ritorsione nei confronti degli Stati Uniti da parte di Russia o Iran – i due principali alleati del regime di Damasco – nel caso in cui avesse ordinato un cyber-attacco alle flotte aeree siriane o alla rete elettrica del Paese mediorientale.
Il numero uno della Casa Bianca non ha mai parlato di queste armi in pubblico: sono infatti usate solo in operazioni segrete e controllate direttamente dalla Nsa. Gli stessi droni, impiegati in maniera massiccia per anni, sono entrati nei discorsi pubblici del presidente solo da 18 mesi. Ma adesso la questione dei cyber-attacchi alla Siria tornerà sul tavolo di Obama: giovedì infatti il National Security Council si incontrerà per esplorare “vecchie e nuove opzioni”.