La scorsa settimana, presso la Scuola di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, si è svolto il convegno annuale della Società Italiana di Scienza Politica. Con mio sommo gaudio, per la prima volta, all’interno di un convegno di tale portata è stato inserito un panel espressamente dedicato all’intelligence, nell’ambito della sezione di Relazioni Internazionali.
Il panel è stato suddiviso in due sessioni in due giornate differenti. Chairs della prima sessione sono stati il Prof. Emerito Umberto Gori, già docente di Relazioni Internazionali, ed il sottosegretario Marco Minniti, Autorità delegata ai Servizi. Chairs della seconda sessione sono stati oltre al Prof. Gori il Prof. Marco Mayer ed il Dott. Niccolò De Scalzi.
Nel corso del panel sono stati discussi sei paper (scaricabili qui e qui), in gran parte ben fatti e stimolanti. Due i temi affrontati: intelligence economica e cyber-security. Tra quelli che ho trovato interessanti vi segnalo, in particolare, quello del Prefetto Adriano Soi, già responsabile della comunicazione istituzionale del DIS, dal titolo: “I Servizi di informazione e la tutela degli interessi economici nazionali: il caso italiano alla luce dei più recenti documenti governativi e parlamentari”.
Come si evince dal titolo, il paper è essenzialmente un viaggio all’interno dell’intelligence economica italiana. Un viaggio condotto attraverso tre documenti pubblici (la Relazione annuale del Copasir del 23 gennaio 2013 e le Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza del 2011 e del 2012) che vengono adoperati dal Prefetto per esplorare, per così dire, l’evoluzione del rapporto tra intelligence e sicurezza economica nel nostro Paese dal precedente sistema (ex l. 801/77) a quello attuale (ex l. 124/07). Un percorso che, peraltro, dimostra come si possa fare ricerca accademica sull’intelligence adoperando i pur non abbondanti documenti ufficiali, analizzandoli in profondità anche alla luce dei principali testi di dottrina esistenti.
In estrema sintesi, la lettura del paper evidenzia come da un approccio pressoché difensivo/statico focalizzato, in buona sostanza, sul “controspionaggio industriale a tutela, soprattutto, della base tecnologica, scientifica e industriale della difesa e della sicurezza nazionale [e sul] contrasto delle infiltrazioni nell’economia della grande criminalità organizzata nazionale e internazionale e (…) del finanziamento al terrorismo“, tipico del periodo della Guerra Fredda e degli anni Novanta, si stia passando ad un approccio più aperto, ad “una più ampia visione della sicurezza economica nazionale, che postula anche la prevenzione delle minacce nei confronti delle aziende e il sostegno alle scelte strategiche del Governo nonché, almeno per particolari settori come quello degli approvvigionamenti energetici, delle imprese di maggior rilevanza“.
Dalla lettura dei documenti emerge, infatti, come si stia procedendo, seppur lentamente e con le dovute cautele data la delicatezza della materia, ad assegnare ai nostri organismi di intelligence un ruolo più incisivo nella tutela degli interessi economici, industriali e finanziari dell’Italia e nell’incremento della competitività del Sistema-Paese. Un adeguamento, io direi, fisiologico per una Nazione avanzata come l’Italia che voglia realmente tutelare il benessere dei propri cittadini.
Un adeguamento, infine, richiesto espressamente dal Parlamento e dal suo organo di controllo sui Servizi, il COPASIR, il quale, nella sua relazione, ha sollecitato il CISR ad adottare misure atte a migliorare ed a potenziare il settore dell’intelligence economica (si vedano le indicazioni puntuali sintetizzate a pag. 11 del paper).
Scrive il Prefetto Soi: “Può essere un rilievo agli Organismi in termini di non sufficiente efficacia delle azioni dispiegate, ma è sicuramente una sollecitazione al Governo a fornire loro direttive chiare e stringenti su obiettivi e modalità organizzative da perseguire e realizzare per assicurare il concorso dell’intelligence italiana alla tutela della sicurezza e degli interessi economici nazionali.”
Conclude l’autore:
Probabilmente il vero divario tra noi e gli altri Paesi sta qui, ed è un divario forte di cultura, di tradizioni istituzionali, di attenzione da parte della classe dirigente nelle sue diverse componenti. Da questo punto di vista, l’analisi del testo delle Relazioni degli ultimi due anni orienta a pensare ad un quadro di rapporti non sistematici, certamente non consolidati e, tanto meno, improntati a schemi definiti ex ante dal decisore politico.
[…] Il rapporto tra Sistema di informazione e imprese è certamente il “punto di applicazione della forza” per costruire su solide fondamenta un’organizzazione della ricerca informativa davvero utile alla tutela del sistema Paese. Non è un’impresa semplice, perché si tratta di disciplinare rapporti estremamente complessi e oltremodo delicati, sia dal punto divista giuridico che politico. E dunque, come ha chiaramente scritto il COPASIR, la parola e la responsabilità spettano, in primo luogo, ai decisori politici di governo.
I Servizi di informazione, da parte loro, possono solamente continuare a “cercare ciò che i governi dicono loro di cercare” e costruire scenari. E’ esattamente ciò che attestano nei documenti pubblici da loro prodotti.
Il paper, rispetto a questa breve sintesi, contiene molti più spunti e più informazioni utili per chi voglia fare ricerca nel settore. Ciò che mi premeva sottolineare è che, finalmente, anche il mondo della ricerca accademica italiana si sta aprendo alla disciplina degli studi di intelligence, realtà consolidata in altri sistemi ma – ahinoi – ancora poco sviluppata in Italia.