Mi riferisco a quella dei prigionieri qaedisti.
Dal Corriere.it, di Guido Olimpio:
Tre paesi diversi: Iraq, Libia, Pakistan. Obiettivi identici: prigioni (in teoria) di massima sicurezza. Il risultato comune: una maxi evasione. Quasi 2 mila detenuti fatti fuggire da spettacolari azioni condotte da formazioni di ispirazione qaedista. Operazioni studiate a lungo e poi effettuate con potenza devastante. Probabilmente non si tratta di un trend e neppure di un piano globale. Per ora non esiste alcuna prova per sostenerlo, però è possibile che i terroristi copino le rispettive tattiche, specie se hanno successo sul piano pratico e propagandistico. Il primo episodio è avvenuto una settimana fa contro la prigione di Abu Ghraib, in Iraq. Cinquanta i soldati uccisi, centinaia gli evasi. I militanti di Al Qaeda hanno usato lanciagranate, kamikaze, veicoli-ariete per neutralizzare le difese. Un attacco che ha lasciato il segno, mostrando l’inefficacia degli apparati iracheni. Un assalto che si salda ad una spaventosa serie di attentati che hanno provocato solo in luglio oltre 900 vittime.
Il secondo evento a Bengasi (Libia), città dove gli integralisti continuano ad essere molto forti. Una rivolta nel carcere di Koyfiya accompagnata da un’incursione dall’esterno da parte di un gruppo armato ha portato alla fuga di 1200 prigionieri.
Infine, lunedì, un robusto contingente di talebani ha attaccato la prigione di Dera Ismail Khan, nel nord ovest del Pakistan. Anche in questo caso sono stati impiegati attentatori suicidi, mortai, autobombe. Per le autorità 248 detenuti sono riusciti a scappare.
Gli esperti che seguono i movimenti qaedisti sono convinti che si verificheranno presto altri assalti contro le carceri. Perché è un dovere per i mujahedin recuperare i compagni catturati e, al tempo stesso, un modo per mettere in crisi gli apparati di sicurezza nemici.