Su gentile indicazione del nostro Barry vi segnalo un articolo di Gerardo Pelosi pubblicato venerdì sul Sole 24 ore dal titolo “Gli 007 cercano più dialogo con le imprese“:
Non c’è – né ci potrà mai essere – un agente segreto in grado di inserirsi in tempo reale nel computer di un operatore di Borsa, di Londra o di Shanghai, per controllare quante volte si accende il pulsante “sell” o “buy” su un titolo pubblico del debito italiano.Ma flussi sospetti, movimenti anomalie di grande entità su un singolo titolo e magari provenienti da un singolo operatore, beh, quelli possono essere quantomeno «monitorati». Oggi più di prima. Parola di esperto di intelligence digrado elevato che tuttavia, neanche sotto tortura, rivelerebbe i dettagli di singole operazioni di “monitoraggio” ma che è disponibile a fornire la cosiddetta big picture, la visione d’insieme di quella che va sotto il nome di intelligence economica. Vero pallino del “maestro” di Enrico Letta, quel Nino Andreatta che, da ministro della Difesa, affidò il delicato compito all’ammiraglio Gianfranco Battelli, capo dell’ex Sismi e del presidente dell’ex Copaco (oggi Copasir) Franco Frattini, candidato a succedere al danese Anders Fogh Rasmussen alla guida della Nato dopo una carriera tra diplomazia e sicurezza tutta all’ombra di Berlusconi. E chissà, a questo punto, se proveniva da informazioni di intelligence o solo da notizie circolate nel mondo della finanza quel “cavallo di battaglia” utilizzato dall’ex premier, Silvio Berlusconi, in campagna elettorale secondo cui lo spread oltre quota 570 del novembre 2011 altro non era che il prodotto di massicce vendite di titoli italiani da parte della Deutsche Bank, seguite da altri istituti finanziari.
Ma quella è storia vecchia. Di nuovo ci sarebbe che i servizi ulteriormente riformati (Aise e Aisi guidati dalla presidenza del Consiglio attraverso il Dis) intenderebbero dialogare più strettamente con il mondo delle imprese e della finanza perché gli assetti proprietari delle aziende italiane sono
«questione di sicurezza nazionale». Concetto già chiaro alle autorità di molti Paesi europei a cominciare dalla Francia, dalla Germania e dal Regno Unito dove i “campioni nazionali” non sono una parola vuota e che ora si fa spazio anche in Italia. L’idea è di siglare vere e proprie “convenzioni” con i grandi gruppi, non solo Finmeccanica ed Eni, ma anche aziende manifatturiere operanti in settori estranei finora al mondo della sicurezza per rafforzare quel principio di “intelligence condivisa” dove tutti portano esperienza e il contributo per realizzare un obiettivo comune, quello della sicurezza nazionale.. Analogamente, spiega lo stesso alto dirigente, anche le grandi reti su cui viaggiano informazioni sensibili «devono poter essere gestite da mani sicure». Ni ente di meglio, quindi, che la Cassa depositi e prestiti per una finalità simile come del resto prevede il progetto di Reti per la gestione di Snam, Terna e Telecom. Le minacce da cui ci si deve difendere stanno cambiando rapidamente nel mondo globalizzato. Niente più blocchi contrapposti Est-Ovest maminacce multipolari con flussi di terrorismo di alQaida nel Maghreb (Aqim) a tracciare una grande zeta che dalla costa mediterranea taglia la fascia sahelo-sudanese per spostarsi poi al Como d’Africa. E in casa i movimenti insurrezionali che non hanno la forza per portare in piazza la gente ma spesso si infiltrano nelle manifestazioni oltre agli atti individuali come quello di Luigi Preiti.
Insomma un mondo in mutamento che la nostra intelligence cerca di interpretare con rapporti quotidiani al premier e frequenti riunioni del Cis. Ma un’altra arma vincente è la trasparenza: un nuovo sito web dei servizi verrà presentato dal direttore del Dis, Giampiero Massolo, martedì a Palazzo Chigi.