In vista del Consiglio Europeo della Difesa del prossimo dicembre l’Istituto Affari Internazionali ed il Centro Studi sul Federalismo hanno provato a quantificare i costi economici ed i costi politico-strategici derivanti dalla mancata integrazione europea del settore difesa. Ne è venuto fuori uno studio a mio avviso molto interessante nel quale l’autore, Valerio Briani stima in 120 miliardi all’anno “I costi della non-Europa della Difesa“.
Secondo il rapporto, i fattori che determinano questa cifra possono essere ricompresi in due macrocategorie. La prima è quella dei fattori direttamente derivanti dalla mancanza di una unica struttura militare europea. Ci si riferisce quindi alla coesistenza di 27 forze nazionali, controllate da 27 differenti strutture di comando, servite ognuna dalla propria struttura di supporto logistico e addestrativo, ed equipaggiata con armamenti, mezzi ed equipaggiamenti prodotti e manutenuti su base nazionale.
L’esistenza di tante strutture duplicate è tanto più paradossale, dal punto di vista strettamente pratico, se si pensa che le forze europee svolgono missioni e operazioni quasi sempre insieme.
La seconda categoria è quella dei costi derivanti dalla mancanza di un mercato unico europeo della difesa. Politiche para-protezionistiche nei maggiori Stati membri dell’Ue hanno contribuito a proteggere e far sbocciare una base industriale di grande rilevanza economica e industriale, oltre che ovviamente strategica.