Il commento di Vittorio Emanuele Parsi, pubblicato sul Sole 24 ore di oggi:
La Russia e l'Occidente «hanno capito la necessità di cooperare nella lotta al terrorismo internazionale», ma «un accordo è impossibile» perché «ogni Paese ha la propria posizione e il proprio atteggiamento verso i diversi segmenti del problema della lotta al terrorismo». Questa è la spietata analisi di Vladimir Putin, nelle parole riportate dal suo portavoce Dmitri Peskov al margine del G-20 di Antalya.
Putin potrà piacere o non piacere, ma di sicuro non gli fa difetto il realismo, che spesso confina nel cinismo e che talvolta lo porta a commettere errori clamorosi, come con la vicenda dell'annessione Crimea. Anche in quel caso il punto di partenza era accurato, la disunione dell'Occidente, ma venne sottovalutata la capacità di reazione che portò Stati Uniti e Unione europea ad approvare sanzioni dolorose anche per molti Paesi europei, pur di mandare un segnale forte al Cremlino.
Oggi la Russia coglie appieno un problema che resta comunque irrisolto: la divisione dell'Occidente, tra Europa e Stati Uniti ma anche dentro l'Unione europea e rimanda chissà quanto consapevolmente alla vecchia battuta di Henry Kissinger, «quale numero devo chiamare per parlare con l'Europa?». Nonostante l'istituzione della carica di Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, quest'ultima resta sostanzialmente nelle mani dei diversi governi che compongono l'Unione, i quali restano su posizioni molto diverse circa il “che fare” per sconfiggere l'Isis. L'Europa e gli europei sono uniti nel cordoglio, nelle manifestazioni di dolore e nella difesa “passiva”. […]Nell'alzare il prezzo di un possibile coordinamento tra gli sforzi occidentali e quelli russi per combattere l'Isis sul terreno sarebbe estremamente grave se Putin potesse trovare una sponda involontaria nella divisione europea o negli atteggiamenti eccessivamente prudenti o interessatamente concilianti di alcune capitali europee. Sarà pur vero che occorre «una reazione di testa e di cuore e non di pancia», come ha sostenuto Renzi; ma, considerando la storica reputazione non proprio specchiata dell'Italia in quanto ad affidabilità nei momenti difficili (attenuata ma non cancellata da tanti anni di partecipazioni a conflitti a bassa intensità o missioni di peacekeeping), occorre evitare di rafforzare la sensazione che l'Italia sia sempre pronta ad avanzare distinguo ed eccezioni quando l'unità d'azione europea implichi anche decisioni ardue e impopolari.
Cerchiamo di arrivare a decisioni condivise, qualunque esse saranno, senza dare l'impressione che l'unità d'azione europea potrà esserci solo a condizione che… non si agisca troppo. Le divisioni interne all'Occidente cui ha voluto alludere Putin, del resto, non riguardano solo la possibilità dell'uso della forza ma anche la cosiddetta soluzione politica. Riguardano l'atteggiamento da tenere nei confronti di Arabia Saudita e Iran per spingerli ad accettare un décalage del loro scontro per l'egemonia sul Levante, da cui la guerra civile siriana è stata alimentata. E concerne anche la posizione da concordare e tenere verso protagonisti, comprimari e interessati osservatori della guerra civile siriana, nessuno escluso: dalla Turchia al regime di Assad, da Israele a Hezbollah al Qatar. Non offriamo quindi al nemico jihadista il vantaggio di sapere che l'Europa non sarà mai in grado di colpirlo anche militarmente o la consapevolezza che la reazione europea conosce limiti invalicabili a prescindere […]