Lo ha ribadito, correttamente, il generale Carlo Jean su Formiche.net di qualche giorno fa: “Ecco la strategia di Obama contro l’ISIS“.
[…] Comunque sia, l’ISIS è stato arrestato e posto sulla difensiva. Molti foreign fighters, arruolatisi per denaro, stanno disertando. I miliziani radicalizzati però combattono a Tikrit “come diavoli”, come detto da un ufficiale iracheno. La riconquista di Mosul non sarà semplice, anche se il Califfato potrà destinare alla sua difesa solo qualche migliaia di combattenti. Il grande impiego di mine e i tiratori scelti saranno un osso duro da vincere. Aumentano le proteste delle popolazioni dei territori controllati dal Califfato, sia per le violenze sia per la riduzione dell’efficienza dei servizi sociali, “fiore all’occhiello” di al-Baghdadi. I bombardamenti USA hanno duramente colpito i campi petroliferi e le raffinerie della Siria e dell’Iraq settentrionali, essenziali per il suo finanziamento. Dall’inizio dei bombardamenti, gli introiti del petrolio sarebbero diminuiti a un terzo. Diventa sempre più difficile trasformare “l’oro nero” in dollari. Ciò avrà di certo negative ripercussioni, anche sull’attrazione esercitata su nuove reclute. Le profezie di Maometto sono una cosa, i soldi un’altra. Gli effettivi di cui dispone il Califfato non sono sufficienti a difendere il suo territorio. Non è da escludere che il Califfato crolli in primavera-estate.L’Italia e l’Europa sono molto preoccupate, soprattutto dopo l’attentato al museo di Tunisi, per le dichiarazioni d’obbedienza al Califfo fatte da varie milizie jihadiste, dal Nord Africa alla Nigeria e dalla Somalia al Caucaso. Esse non rafforzano il Califfato, se non dal punto fra obiettivi contrapposti di vista comunicativo. Non bisogna confondere il fumo con l’arrosto. Ogni milizia mantiene la propria autonomia operativa. Un coordinamento, sia verticale che orizzontale, è impraticabile.A parer mio la minaccia dell’ISIS in Africa è sopravvalutata. Comunque sia, la sua sopravvivenza si gioca in Medio Oriente, in primo luogo a Mosul. Non dobbiamo lasciare gli USA da soli a cavarsela con i loro dubbi, cercando la quadratura del cerchio, limitandosi a criticarli per quanto fanno e non fanno. Non è sulla Libia che si deve puntare, sull’onda delle emozioni del brillante servizio mediatico del Califfato. Gli affiliati all’ISIS saranno eliminati dalle milizie locali libiche. Per male che vada, lo faranno l’Egitto e l’Algeria. Rimarrà comunque al-Qaeda, nascosta con le sue reti nella popolazione. Rimane il vero pericolo, con il suo collegamento con i gruppi terroristi europei.