Per evitare di focalizzarci troppo sulla minaccia terroristica vi propongo un bell’articolo di Carlo Jean sulla visione strategica di Henry Kissinger negli scenari geopolitici futuri: “Cosa proporrebbe Kissinger a Obama e Putin sull’Ucraina?“:
[…] Le idee di Kissinger sul nuovo ordine internazionale sono note. Per la prima volta nella storia si tratta di un ordine mondiale. Nel passato, tutti gli ordini, anche quello del “Concerto delle Potenze Europee”, erano regionali. Un nuovo conflitto mondiale segnerebbe la fine dell’Occidente a vantaggio di potenze emergenti, che non aderiscono ai principi internazionali imposti dall’Occidente al resto del mondo non perché fossero più morali di altri, ma per la maggiore capacità occidentale di gestire la forza militare. Kissinger è critico nei confronti del pacifismo. La conoscenza della storia gli ha insegnato quanto sia un’utopia pericolosa. Le invocazioni della pace hanno sempre sollevato venti di guerra. Sono state uno strumento della politica, volto a disarmare moralmente l’avversario. Per Kissinger, l’ordine internazionale non è un ordine morale, anche se i politici per ottenere consenso sono obbligati a rappresentarlo come tale. Non deriva dal rispetto dei diritti umani, né dal tipo di regime politico interno. La condanna della guerra è vecchia come la guerra. Forse l’impossibilità di abolirla dipende dal “peccato originale”. Ma per la guerra basta uno, mentre per la pace occorre essere in due.
L’ORDINE E LA POTENZA
Qualsiasi ordine è stato fondato sulla potenza. Nella storia, ve ne sono stati due tipi, che hanno garantito l’assenza di guerra, che, convenzionalmente chiamiamo pace: l’egemonia e la balance of power. Nei venticinque anni seguiti alla fine della guerra fredda, l’ordine mondiale, politico ed economico, è stato basato sull’egemonia degli USA. Essa sta attenuandosi in entrambi i settori. Occorrono nuovi paradigmi. Nuovi per modo di dire. Si tratta, infatti, di quelli della power politics e della balance of power del passato. Senza quest’ultima, dominerebbe il caos. Nel loro periodo egemonico, gli USA li hanno dimenticati. Essendo l’unica superpotenza, non avevano bisogno di una power politics. Preferivano perciò gli alleati leali a quelli forti. Il mito missionario degli USA come “nazione indispensabile” poteva cullarsi nelle pericolose fantasie della “Fine della Storia”, abbracciate dal presidente Clinton e dalla persuasione dell’irreversibilità della globalizzazione e della prevalenza della geo-economia sulla geopolitica.L’ORDINE MONDIALE SECONDO PESSIMISTI E OTTIMISTI
Oggi, il mondo globalizzato si sta frammentando. Domina il caos. Per gli ottimisti, è in atto il processo di regionalizzazione, che lo stesso Kissinger aveva auspicato una quindicina di anni fa nel suo “Does America need a foreign policy?” Per i pessimisti, sta dominando la ri-nazionalizzazione e il “patriottismo territoriale, etnico e religioso”, più che evidenti in Medio Oriente e nella stessa Russia di Putin. Esso sta mettendo in forse i risultati raggiunti a Westphalia, disgregando gli Stati.AMERICA COME IL CUORE DELLA TERRA
Come costruire un nuovo ordine oggi che all’egemone americano non ne è subentrato uno nuovo, e neppure un accordo fra gli USA e la Cina (la c.d. “Chimerica”)? Come superare le profonde disomogeneità anche nelle culture etico-politiche esistenti nelle grandi potenze? Secondo Kissinger, gli USA rimarranno – per la loro geografia, economia e forza militare – quello che la geopolitica classica definisce “il cuore della terra”. Devono rinunciare al moralismo e al loro tradizionale spirito missionario, e promuovere un sistema “Hub and Spoke”, collegandosi con una serie di ordini regionali, ciascuno regolato da una propria dinamica: una potenza egemone o l’equilibrio fra le varie potenze regionali. Non devono cercare più di “raddrizzare le gambe ai cani”, come hanno cercato disastrosamente di fare in Bosnia, Afghanistan e Iraq. Washington deve ridurrebbe i suoi impegni esterni, e intervenire solo in caso dei due eventi che potrebbero condurre ad un’egemonia sulla massa continentale eurasiatica: l’alleanza della Russia con la Germania o con la Cina.I TIMORI PER UN’ALLEANZA FRA GERMANIA E RUSSA
Kissinger – al pari del britannico McKinder – ha sempre temuto un’alleanza fra la Germania e la Russia, che avrebbe poi assorbito il resto dell’Europa continentale. Per questo, è stato favorevole agli allargamenti della NATO e dell’UE, finché essi rimanevano compatibili con un progetto di cooperazione fra l’Occidente e la Russia. Temeva un vuoto di potere fra Berlino e Mosca. Si era invece opposto con vigore alla proposta di Bush jr. di allargare l’Alleanza all’Ucraina e alla Georgia. Era sicuro che Mosca avrebbe reagito.LE DIFFICOLTA’ MEDIATORIE DI KISSINGER
La sua opera di mediazione, ammesso che accetti di farla – ma forse è già in atto con la massima discrezione – è estremamente difficoltosa. Il gioco delle azioni e reazioni fra Washington e Mosca, sul “campo di battaglia ucraino” è ormai “a somma zero”. La sfida di Kissinger è trasformare l’Ucraina da terreno di scontro a uno di collaborazione. Obama, per avere l’appoggio del Congresso e del Senato, entrambi a maggioranza repubblicana, rischia di perdere parte dell’Europa – in particolare la Germania – più consapevole dell’importanza vitale anche psicologica che l’Ucraina ha per la Russia e per Putin. Il presidente russo non può accettare che alla crisi economica si sommi un’umiliazione in Ucraina, anche se il paese fosse mutilato, oltre che della Crimea, anche delle regioni russofone.LA PROPOSTA TEORICA
Quale potrebbe essere la proposta di Kissinger? Egli ha affermato di non credere che esista una legge di natura secondo cui uno Stato che lo desideri abbia diritto di far parte della NATO. Allora perché non dire agli ucraini che non sono liberi di scegliere il loro futuro? L’Ucraina non potrà mai entrare nell’Alleanza. Non sarebbe un diktat americano. L’entrata è subordinata all’unanimità degli Stati membri. Forse, l’impegno solenne degli USA di votare al Consiglio Atlantico contro l’eventuale richiesta di ammissione dell’Ucraina, potrebbe sbloccare la situazione di stallo fra Obama e Putin. Essa dovrebbe essere accompagnata dall’impegno alla cessazione degli aiuti militari russi agli insorti e americani a Kiev, e alla clausola di bloccare ogni aiuto finanziario agli ucraini qualora dovessero riprendere l’offensiva contro i filo-russi.Si tratta beninteso di uno scambio che mortifica la sovranità ucraina. Sembra l’unica soluzione realisticamente possibile, lasciando cadere ogni fantasia che possa esserci un reset fra Washington e Mosca e di un sistema paneuropeo di sicurezza, sostenuto soprattutto dall’Italia e dalla Germania con l’attenuarsi della Westbindung.