Cosa si intende per “fallimento dell’intelligence”? E’ possibile formulare una teoria per prevenire i fallimenti strategici?
I nostri Servizi hanno pubblicato una approfondita review di un bellissimo libro di Erik Dahl, “Intelligence and Surprise Attack: Failure and Success from Pearl Harbor to 9/11 and Beyond“, nel quale il docente della Naval Postgraduate School passa criticamente in rassegna l’intera letteratura esistente in materia di fallimenti dell’intelligence, con particolare attenzione a quelli causati dalle c.d. “sorprese strategiche”.
Dahl analizza sia le “strategic surprises” militari convenzionali sia quelle non-convenzionali terroristiche e formula un’interessante teoria, “dell’azione preventiva”, che testa – caso più unico che raro nel campo degli studi di intelligence – esaminando una serie di casi di successi dell’intelligence.
Tale teoria, che necessita di ulteriori ricerche, ribalta in un certo senso le convinzioni ampiamente diffuse, soprattutto dopo l’11 settembre sul ruolo determinante dell’intelligence strategica.
Scrive la nostra Intelligence:
Dahl giunge alla conclusione che sono due i fattori chiave per la prevenzione degli attacchi a sorpresa: la specificità dell’allarme e la ricettività del decisore.
Secondo la teoria dominante, soprattutto negli Stati Uniti, è l’intelligence di livello strategico a essere indispensabile affinché si possano prevenire attacchi a sorpresa. Scrive Dahl nel suo libro: “According to this standard view, the US intelligence community should not concentrate on acquiring tactical-level intelligence on potential attacks, because such precise warning is unlikely to be available. Instead, according to this conventional thinking, more emphasis needs to be placed on developing broad, strategic-level intelligence on future threats”. La ricerca a ampio spettro realizzata dal docente della Naval Postgraduate School smentisce, però, tale diffusa convinzione. In molti casi i warning strategici precedenti agli attacchi hanno correttamente identificato il quadro della minaccia ma sono stati poco o per nulla utili nell’effettiva prevenzione degli attacchi a causa della loro genericità. Mancando indicazioni sul chi, sul come, sul quando e sul dove, l’allarme non ha creato né quel senso di urgenza tale da spingere il decisore ad agire di conseguenza né ha fornito le informazioni di dettaglio indispensabili per un’efficace attività di prevenzione.
Viceversa, lo studio dei casi di successo dell’intelligence dimostra che quando i warning sono stati specifici e i policy maker ricettivi gli attacchi sono stati sventati.
L’analisi integrata di fallimenti e successi aiuta quindi a ridare valore all’intelligence tattica: “Compared with broader conflicts such as wars and military campaigns, surprise attacks rely on individual actions by a relatively small number of people. Specific pieces of information and tactical-level actions by the authorities can be enough to prevent the attack. Tactical-level intelligence is also most useful for preventing attacks because decision makers are more likely to make use of it, even though conventional wisdom says they prefer big-picture, strategic-level intelligence”.
Il decisore risulta essere poco incline a dar retta a opinioni e previsioni e ben più sensibile, invece, verso dati e fatti. È questo il “paradosso del warning strategico” in base al quale i policy maker, benché dichiarino di aver bisogno di analisi strategiche, sono in effetti più attenti verso la specificità dei warning tattici.
Infine – è questo il secondo fattore chiave – l’intelligence tattica è più utile quando i leader sono ricettivi. La ricettività, scrive Erik Dahl, è un fenomeno complesso ma ancora poco esplorato dai ricercatori e che necessita di ulteriori studi. Esso consiste, sostanzialmente, nella fiducia che il decisore ha nei confronti dei Servizi e nella serietà con cui viene valuta la minaccia. Un decisore che ha fiducia nella propria Intelligence e non sottovaluta la minaccia tenderà a essere altamente ricettivo verso i warning lanciati dai Servizi e implementerà le opportune contromisure aumentando, in tal modo, le possibilità di prevenire l’attacco.