Alcuni passaggi di due due recenti interviste rilasciate dai vertici dei nostri Servizi e gentilmente segnalate da illustri lettori.
Da Specchio Economico, l’intervista al Direttore generale, l’ambasciatore Massolo:
D. Quali sono le nuove situazioni da affrontare?
R. Il mondo è cambiato, esistono fenomeni nuovi che rappresentano una sfida. La minaccia non è più quella cui eravamo abituati, che in qualche modo poteva localizzarsi dal punto di vista geografico, cioè l’attacco di una grande potenza contro un’altra grande potenza. Oggi la minaccia è totalmente diversa, asimmetrica, come la definiamo noi; muta in continuazione, viaggia in rete, è immediata ed è soprattutto rivolta contro l’intero sistema. Non punta a colpire solo bersagli militari o politici, ma interessi industriali, scientifici, tecnologici, economici, finanziari. Quindi il Paese rischia un vero declassamento strutturale. Se non si è attenti, la minaccia punta al cuore del sistema. Questo fornisce all’Intelligence un compito nuovo: da una parte parare il rischio per l’intero sistema, dall’altra proteggere gli anelli deboli. Perché, colpendone uno, si può azzerare un’intera iliera produttiva, con un danno molto grave per l’economia nazionale, il tessuto sociale, ed in definitiva l’intero sistema Paese.D. Con chi collabora di più l’Italia?
R. Facciamo parte saldamente del cosiddetto mondo occidentale, abbiamo alleanze solide cui possiamo fare ricorso e affidamento in ambito atlantico e dei nostri rapporti europei. Esistono modelli di collaborazione molto consolidati, che stiamo seguendo e sviluppando. Questo non ci esime dal ricorrere internamente a un continuo aggiornamento aumentando la consapevolezza degli addetti e affinando i loro requisiti professionali per svolgere i compiti. Le risorse umane impiegate molto diversificate, ed i più recenti reclutamenti hanno ampliato ed aggiornato le competenze professionali su cui possiamo fare affidamentoD. Come procedete in questo campo?
R. Non casualmente. Organizziamo campagne di reclutamento anche on line per diversificare e raccogliere i migliori elementi, soprattutto giovani laureati ed elementi meno giovani ma con significative esperienze lavorative nei settori informatico, cibernetico, economico e finanziario, della gestione di sistemi complessi, delle reti infrastrutturali. Competenze che fino a pochi anni
fa non erano presenti in questo organismo. L’Italia forse in questo ha più strada da fare, ma anche in Paesi che vantano maggiore competitività internazionale questo campo si è evoluto molto rapidamente. Quindi da un lato abbiamo la nuova minaccia, dall’altro la necessità di aggiornarci ma questo comporta anche un investimento in tecnologie che stiamo facendo in maniera molto determinata, proprio perché nell’Intelligence, pur essendo ancora fondamentalmente un settore in cui contano molto la persona umana, l’intuito e il colpo d’occhio, la possibilità di disporre di tecnologie avanzate aiuta notevolmente.D. Quanto si investe in Italia in questo settore?
R. Il settore dell’Intelligence si è autoimposto una spending review piuttosto rilevante, ma una spending review intelligente è sempre opportuna perché impone l’eliminazione delle inefficienze e delle duplicazioni; da noi essa ha comportato anche un risparmio finanziario che abbiamo reinvestito in aggiornamento tecnologico. Il bilancio della CIA americana ammonta a più di 14 miliardi di dollari l’anno: i nostri stanziamenti non sono nemmeno paragonabili. Non siamo la CIA e non navighiamo nell’oro, per cui dobbiamo usare molto oculatamente le risorse finanziarie; nel comparto è presente la consapevolezza della difficoltà di bilancio dello Stato, e del fatto che l’Intelligence grava sui contribuenti.D. Quali sono i vostri rapporti con il Governo?
R. C’è molta sintonia. L’idea che il Governo dispone di uno strumento per sua natura non convenzionale, ma che opera all’interno dell’ordinamento giuridico verso obiettivi che lo stesso Governo decide, rafforza l’immagine dell’Intelligence; abbiamo sviluppato questo
raccordo, ed esiste un Comitato per la sicurezza della Repubblica, presieduto dal presidente del Consiglio, di cui fanno parte i principali ministri con competenze affini a quelle dell’Intelligence. Questo Comitato è diventato una sorta di Gabinetto di crisi a geometria variabile, i suoi lavori vengono preparati da un gruppo di addetti nel corso di assidue riunioni tecniche che consentono di orientare, in un rapporto di reciproco scambio con l’Intelligence, l’attività verso obiettivi prioritari, altrimenti il nostro lavoro rischierebbe di disperdersi. Visto che le nostre risorse, dal punto di vista umano e finanziario, sono limitate, senza una costante messa a punto dell’attività rischieremmo di allontanarci dalle priorità del Governo.D. Che cosa vorrebbe cambiare lei in questa struttura?
R. Provengo da un mondo professionale relativamente insolito per questo comparto; nella mia attuale posizione vi è stato un solo predecessore proveniente dalla diplomazia, l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, all’inizio degli anni 90, in un mondo e con funzioni diverse. Questo mi ha offerto il privilegio di arrivare con un bagaglio professionale nuovo, e sto cercando di modificare con esso la cultura aziendale, finora tipica del mondo militare, degli apparati della sicurezza, di Polizia,
Carabinieri e Guardia di finanza. Mondi ad elevatissima professionalità. Forse finora era mancata questa dimensione diplomatica più internazionale che chiamo, sorridendo, la «consuetudine con il mondo». Credo che anche in Italia, dove la conoscenza delle situazioni del mondo è meno sviluppata e ci occupiamo di più degli avvenimenti interni, questa contaminazione possa giovare. Spero che questo innesto possa essere positivo.D. Quali altri progetti avete?
R. Bisogna far crescere la consapevolezza di quello che oggi è il mondo, aggiornare la cultura aziendale, sfruttare il progresso tecnologico, far lavorare bene le due Agenzie in maniera complementare, rendere un servizio di sicurezza sempre più efficace alla società, ai cittadini, alle istituzioni e al Paese. L’Italia deve strutturarsi sempre più all’interno per rendere efficiente il sistema Paese e il proprio assetto istituzionale.
Dal Venerdì della Repubblica, l’intervista al Dott. Scotto di Castelbianco, responsabile della comunicazione istituzionale:
Ma perchè i nostri giovani sono accorsi in massa all’appello lanciato dal sito di Sicurezza Nazionale? “Sono affascinati da una professione che ha il sapore di una sfida culturale. Il compito primario di questo mestiere è proteggere lo Stato nei suoi interessi politici, economici, scientifici, energetici”, spiega Paolo Scotto di Castelbianco, responsabile della comunicazione con una lunga carriera nei Servizi segreti, “Sono banditi i candidati vanitosi o esibizionisti. E’ un lavoro per persone dotate di immaginazione, creatività, motivazione, senso dello Stato. E riservatezza”.
Il profilo del candidato ideale? Ottimo equilibrio psicofisico, padronanza assoluta di inglese scritto e parlato, capacità di adattamento (…). Punti in più per chi conosce arabo, lingue afghane, russo e cinese.”
A proposito di curricula l’articolo dà alcune informazioni sul processo di selezione in corso:
Sono arrivate ben 7.096 candidature al sito di Sicurezza nazionale del governo, solo tra il 1° luglio e il 31 ottobre scorso. Ne sono state selezionate 1.500 che diventeranno presto poche decine: i “sopravvissuti” entreranno in servizio alla fine dell’anno o all’inizio del 2015.
Su settemila CV inviati, si legge nell’articolo, 4.096 sono ingegneri informatici, matematici e fisici, 1.320 sono laureati in economia ed ingegneri gestionali, 1.680 ingegneri energetici, industriali ed esperti di energie alternative.
Circa il 64 per cento dei candidati ha un’età compresa tra i 26 e i 35 anni, l’80 per cento sono uomini, molti già attivi nel mondo del lavoro. Inoltre, grazie ad accordi firmati con alcuni atenei sono stati esaminati i curriculum di circa 2.500 neolaureati.