Vi segnalo una breve intervista a Leonardo Maugeri (pubblicata su Formiche.net) nella quale l’esperto italiano di energia, attualmente Associate presso il Belfer Center, valuta le prospettive energetiche russe e le ricadute per gli interessi di Mosca.
Evidenzio, in particolare, un paio di passaggi:
La crisi sta causando una riduzione importante dei consumi energetici in Europa. Le conseguenze ricadono sul suo più importante fornitore di gas, la Russia, che rischia di veder messo in crisi il suo modello di capitalismo di Stato. Quali vie di uscita? Mosca ha due grandi problemi. Il primo, e principale, è il prezzo del gas. Oggi questo è ancora legato al prezzo del petrolio nei principali mercati di riferimento, ma la situazione sta cambiando. Soprattutto nei Paesi europei, che rappresentano il grosso dell’esportazione di gas per la Russia, c’è una richiesta continua di rinegoziazione dei contratti esistenti. Le nuove formule che la Russia sta concedendo alle compagnie europee prevedono sconti, ma il legame con il prezzo del greggio rimane. Questo primo problema ha un carattere strutturale.
Bisogna considerare che oggi già quasi il 50% del gas consumato in Europa non è più legato al prezzo del greggio ma a formule spot, di mercato libero. La portata e la rapidità di questo cambiamento, di questo progressivo scollarsi, divaricarsi tra il prezzo del gas e quello del petrolio, ha sorpreso un po’ tutti. Mosca si trova di fatto a fare fronte alla dissoluzione di un mercato di riferimento.
L’altro problema è il prezzo del petrolio in sé. Il livello che il prezzo del greggio ha raggiunto non è sostenibile nel medio e lungo periodo. La capacità di produzione petrolifera sta crescendo in tutto il mondo, e non solo negli Stati Uniti, dove il fenomeno è straripante: da qui a due anni si avrà un forte ridimensionamento del prezzo del greggio, e questo a sua volta trascinerà verso il basso il prezzo del gas. L’assetto politico russo non potrà non esserne influenzato. Del resto, se guardiamo la storia di questo Paese, ci accorgiamo che è direttamente legata all’andamento dei prezzi di gas e petrolio. L’ascesa politica di Putin è coincisa con una fase di aumento dei prezzi del petrolio e del gas, così come il fallimento delle politiche di Gorbačëv dipese dal crollo di quei prezzi. Lo stesso possiamo dire dell’era della stabilità brezneviana negli anni Settanta – favorita dagli shock petroliferi.[…] Allargando ulteriormente l’orizzonte di analisi. Quali sono realisticamente le concrete possibilità di un’Unione euroasiatica, cioè principalmente di un sodalizio tra Russia e Cina?
Ogni volta che ha problemi con l’Europa la Russia minaccia di spostare le esportazioni verso est. La Cina, però, si è sempre dimostrata un interlocutore difficile, ostico. La Russia vuole imporre prezzi e condizioni, ma la Cina non li accetta. Per questo sembrano sempre imminenti accordi per la costruzione di gasdotti che colleghino Russia e Cina – che tuttavia non si materializzano mai. Oggi la politica energetica cinese consiste soprattutto in un tentativo di accaparramento delle riserve di gas e petrolio ovunque si trovino nel pianeta, a qualunque prezzo. Però sono dell’idea che non durerà molto a lungo. Dopo aver incontrato riservatamente molti esponenti dell’intellighenzia cinese so che si sta facendo strada in Cina una scuola di pensiero diversa che si fonda sulla consapevolezza del ruolo fondamentale che il Paese gioca nel mercato energetico globale, sulla consapevolezza che i mercati mondiali dipendono dagli acquisti della Cina: ne consegue che è la Cina a poter fissare prezzi e formule, dettando le regole del mercato. Ci vorrà tempo, ma questa corrente prenderà piede. Per questo, la Russia continuerà ad avere problemi con la Cina, e l’Unione Euroasiatica di cui si parla è più una storia da raccontare sui giornali che una realtà praticabile.