Leggendo la stampa delle ultime ore e le notizie sul rapporto di Mediobanca Securities mi è tornato alla mente questo articolo di Lorenzo Bini Smaghi il quale, una decina di giorni fa, ragionando sul senso di un report del Fondo Monetario Internazionale, affermava:
Contrariamente a quanto è stato scritto in questi giorni, le conclusioni del documento del Fmi devono destare preoccupazione nei paesi europei, soprattutto quelli periferici. Quel rapporto non rimette infatti in discussione la necessità del risanamento fiscale ma la capacità di attuarlo in modo efficace e politicamente accettabile. Sottolinea inoltre la necessità di condurre d’ora in poi analisi più rigorose della sostenibilità del debito dei paesi maggiormente indebitati, sulla base di ipotesi più credibili riguardo l’impatto delle misure restrittive, soprattutto quando non accompagnate da riforme, e la capacità e volontà dei paesi di implementarle. Se tale analisi non dà indicazioni chiare di sostenibilità, verrà raccomandato di procedere alla ristrutturazione del debito, prima piuttosto che dopo.
L’impatto economico di tale ristrutturazione è fortemente recessivo. Viene ridimensionata la ricchezza delle famiglie e messa a repentaglio la stabilità finanziaria. Tale effetto è tanto più forte quanto più alta è la quota di debito pubblico detenuta dai residenti. Le ripercussioni sociali sono imprevedibili. L’evidenza storica mostra peraltro che difficilmente i governi democratici sopravvivono alla ristrutturazione del debito e che quei paesi spesso precipitano nel caos. La Grecia, nel 2012, ci è andata molto vicina.
L’autocritica del Fondo monetario, se di autocritica si tratta, rischia di costare caro ai paesi europei.