Il Washington Post ha pubblicato un bell'articolo sull'attività di contro-terrorismo svolta dalla CIA.
Dall'11 settembre in poi, infatti, il famoso Counterterrorism Center (CTC) – la divisione della CIA che si occupa di contrasto al terrorismo – si è fortemente espanso, passando da 300 a 2.000 unità (il 10% del personale complessivo della CIA). Non solo: circa il 20% degli analisti della Central Intelligence Agency è adesso composto da "targeters", ovvero analisti coinvolti nell'attività di "targeting" di terroristi. Tanto che l'Agenzia ha istituito, qualche anno fa, un apposito career track per questa specialità. Una conferma dell'importanza che ha assunto il contro-terrorismo (CT) nelle attività della CIA. E dire che fino al 10 settembre 2001 il CTC non rientrava affatto tra gli uffici prestigiosi della CIA. Anzi…
Negli ultimi anni invece il CTC (ed il CT) è diventato centrale nella vita della Central Intelligence al punto che secondo diversi esperti l'Agenzia sarebbe adesso in una perfetta macchina da guerra.
In effetti… dal 2001 ad oggi, secondo l'articolo del Post, oltre 2.000 persone sarebbero state uccise da droni armati e guidati proprio dal CTC/CIA.
Tutto ciò è chiaramente comprensibile. Il lento spostamento della mission primaria della CIA dall'analisi politico-strategica al servizio del Presidente degli Stati Uniti (motivo fondante dell'Agenzia agli inizi della Guerra Fredda) al contro-terrorismo è l'ovvio risultato del post-11 settembre. Quello che mi chiedo però è se, alla luce dei probabili futuri scenari internazionali, non sia vitale per la Comunità d'Intelligence americana – ma in generale per tutte le Comunità di Intelligence occidentali – tornare a focalizzarsi adeguatamente sull'Intelligence politico-strategica evitando che il contrasto al terrorismo monopolizzi gli sforzi ed assorba troppe risorse, umane e materiali.