Iniziamo, con un po’ di ritardo, la nostra lenta ma inesorabile cavalcata nella letteratura sull’Intelligence.
Per iniziare ho scelto un articolo del bravo docente israeliano Uri Bar-Joseph il cui titolo è: “Military Intelligence as the National Intelligence Estimator: the case of Israel“.
L’articolo (purtroppo non gratuito) è stato pubblicato lo scorso anno su Armed Forces & Society, rivista scientifica quadrimestrale che fa capo all’Inter-University Seminar on Armed Forces and Society.
Il saggio analizza il ruolo che la Direzione dell’Intelligence Militare* (Agaf Modi’in in ebraico o AMAN) svolge all’interno del processo decisionale israeliano. Una posizione di assoluta preminenza dato che l’AMAN è il principale “intelligence estimator” nazionale. Non solo, quindi, su questioni militari ma, più in generale, su qualunque aspetto politico economico e sociale considerato rilevante per la sicurezza del Paese.
Tale caratteristica differenzia il modello israeliano da quello della maggior parte dei Paesi democratici nei quali la funzione analitico-strategica centrale viene assegnata a strutture civili, composte e dirette da personale civile.
Scrive infatti Uri Bar-Joseph:
Other developed democracies regard such an arrangement as unhealthy for democratic life, primarily since it imbues the military with too much power, weakens the power of civilian institutions, and blurs the border between civilian and military authority. All these concerns create a fear that imparting the role of national intelligence estimator to a military agency might lead to a military intervention in politics and the politicization of the military. For this reason, democracies usually assign the mission of national intelligence estimation to civilian bodies, such as the Central Intelligence Agency (CIA) in the United States, the Joint Intelligence Committee (JIC) in Britain, the Bundesnachrichtendienst (BND) in Germany, and the Office of National Assessment (ONA) in Australia.
Formalmente l’AMAN riveste un ruolo così rilevante nel processo decisionale per motivi storici. A causa, cioè, del lungo conflitto tra Israele ed i vicini Stati arabi. Scrive Bar-Joseph:
AMAN’s mission, as specified by Lt. Colonel Herzog sixty years ago, is to provide a warning against an incoming Arab attack. Indeed, a coordinated surprise attack by the armies of Egypt, Jordan, and Syria constituted the main existential threat to the country, since Israel’s pre-1967 borders lacked strategic depth and since, at least until the 1980s, approximately 80 percent of the IDF’s ground forces consisted of reserve soldiers, thereby necessitating several days for mobilization and preparation before going to war. Consequently, providing a warning against such an attack constituted the most important mission of Israel’s intelligence community. Since most indications of war preparations are military in nature, it was only natural that military intelligence would function as the state’s prime estimator.
Uri Bar-Joseph osserva però che nel corso degli anni il contesto strategico nel quale Israele opera si è modificato e sono emerse due minacce – il terrorismo ed il programma nucleare iraniano – che avrebbero dovuto portare già da diverso tempo ad un ridimensionamento del ruolo dell’Intelligence Militare. Ridimensionamento che invece non c’è stato.
Ciò, secondo Bar-Joseph, a causa dello stile decisionale israeliano:
(…) adherence to the present structure can be accounted for by the short-term, reactive orientation of the Israeli decision-making style, which concentrates on ad hoc solutions for day-to-day operational matters rather than on long-term, comprehensive strategic changes. Consequently, fundamental changes in the structure of the system have usually been partial in nature, driven by a “wait and see” approach until a catastrophe (such as the Yom Kippur War) compelled a more drastic alteration of plans. **
A tutto ciò va anche aggiunta l’ampia e diffusa stima di cui godono l’Esercito ed i suoi ufficiali, ritenuti, tra l’altro, più efficienti dei civili in questo tipo di analisi di intelligence***.
Uri Bar-Joseph, attraverso l’esame di alcuni importanti case-studies, testa la capacità dell’Intelligence Militare di svolgere con successo la propria missione: fornire al decisore accurati e tempestivi warnings riguardo a rilevanti e gravi minacce di tipo militare. Il risultato è assolutamente negativo per l’AMAN.
I case-studies esaminati sono cinque e coprono la storia politico-militare israeliana dal 1960 al 1973. Dalla crisi tra Israele, Egitto e Siria del febbraio 1960 alla Guerra dello Yom Kippur, passando per la Guerra dei sei giorni e per la c.d. “Guerra d’attrito“.
Solo in un caso, prima dell’attacco egiziano del marzo del 1969, l’AMAN è riuscito ad analizzare adeguatamente la situazione lanciando al decisore un warning corretto. Negli altri quattro casi esaminati la prestazione dell’Intelligence Militare è stata completamente fallimentare.
Scrive Bar-Joseph:
The fact that AMAN failed to provide a high-quality warning in four of the five major tests with which it was faced raises the possibility that such failures were not the product of a specific conjuncture in each case, but were due to fundamental factors. An analysis of the causes of these failures validates this assumption. It shows that to a large extent they were the outcome of the tendency to estimate the opponent’s policy almost solely on the basis of military considerations, without taking into account the political logic of its leadership.
Detto in altri termini, l’AMAN sarebbe stata vittima del proprio background militare non riuscendo ad incorporare correttamente nelle proprie analisi i fattori non militari, pur oggettivamente rilevanti.
Peraltro bisogna sottolineare che la predisposizione delle strutture di intelligence militare a stimare le intenzioni dell’avversario in base alla sue capacità militari non riguarda solo gli israeliani. Nella storia internazionale dei fallimenti dell’intelligence tale bias, infatti, ricorre di frequente.Bar-Joseph individua anche altri fattori che a suo avviso incidono negativamente sulla capacità della Direzione dell’Intelligence Militare di esercitare efficacemente un ruolo centrale nel processo decisionale politico-strategico.
Essi sono:
a) “la contraddizione tra i valori militari e quelli dell’intelligence”;
b) il trade-off tra la funzione intelligence militare e la funzione intelligence strategica;
c) le eventuali limitazioni nell’accesso al vertice politico;
d) l’inadeguata professionalità ed expertise dell’analista dell’AMAN.Per quanto riguarda il potenziale conflitto tra valori tipici della professione militare e quelli tipici della professione dell’intelligence Uri Bar-Joseph scrive:
Core military values, such as stiff discipline, conformity, and clear hierarchy, conflict with the basic values of high-quality intelligence-making, which involves openness, original thinking, and, sometimes, informal discussions. The problem is less acute when it comes to the classic missions of military intelligence, such as estimating the enemy’s military capabilities or its possible courses of action. By contrast, in forecasting a strategic surprise – the most challenging task in the field – the impact of classic military values might take its toll.
For example, in the days prior to the Arab surprise attack in 1973, many of AMAN’s analysts did estimate that war was highly likely. Their judgments, though, did not reach their consumers because rigid hierarchy and discipline prevented any assessment other than the “official” theory from being mentioned outside the organization.
Such a pattern of behavior can take place in civilian intelligence organizations as well, but it is more likely to occur in a military environment.
L’essere contemporaneamente struttura di intelligence delle Forze Armate e centro di analisi strategica all-source fa sì che, a parità di risorse assegnate, si possa venire a creare un trade-off tra la funzione intelligence militare e la funzione intelligence strategica.
In parole povere, se cresce l’esigenza di avere intelligence tattica ed operativa ed all’AMAN non viene aumentato il budget le maggiori risorse necessarie per coprire le suddette esigenze devono essere inevitabilmente sottratte all’intelligence strategica.
Ciò, oltre a danneggiare le capacità di analisi strategico-previsionale, tende – secondo Bar-Joseph – a “tatticizzare la strategia”, un fenomeno definito dallo stesso autore come “the tendency to make strategic assessments on the basis of tactical incidents”.
La dipendenza gerarchica dal Ministro della Difesa e dal Capo di Stato Maggiore può limitare l’accesso del Direttore dell’Intelligence Militare ai massimi vertici politici. Cosa già successa nel 1982 quando, poco prima dell’invasione israeliana del Libano, il Ministro della Difesa Sharon ed il Capo di Stato Maggiore Eitan, favorevoli all’invasione, impedirono che il Direttore dell’AMAN informasse il Consiglio dei Ministri dell’esistenza di alcune rilevanti problematiche ad essa connesse.
Infine, le qualità professionale dell’analista militare sono, secondo l’autore, inadeguate (per età/maturità, educazione/formazione ed esperienza) all’analisi politico-strategica di alto livello.
Poichè l’Esercito israeliano è un esercito di leva l’analista medio dell’AMAN tende ad essere relativamente giovane e con una limitata esperienza professionale. Difficilmente, difatti, supera i 40 anni ed a questa età, peraltro, si trova a ricoprire incarichi direttivi. L’analista del MOSSAD invece, struttura civile, inizia la sua carriera attorno ai trent’anni e resta mediamente in attività (senza necessariamente arrivare ad incarichi dirigenziali) per vent’anni.
Per quanto riguarda il percorso formativo, benchè molti abbiano una laurea pochissimi hanno un Master e quasi nessuno un PhD. Inoltre, a causa del frequente turn-over e delle continue rotazione negli incarichi, è raro che un analista dell’AMAN abbia il tempo necessario a specializzarsi in una specifico settore.
In conclusione, afferma l’autore, il modello israeliano, caratterizzato da una inusuale centralità nel processo decisionale nazionale delle struttura di Intelligence Militare con funzione di analisi strategica integrata, è inefficiente e va rivisto.
Come?
Secondo Uri Bar-Joseph tre sono le possibili opzioni: affidare al MOSSAD tale funzione, creare un apposita struttura analitica all’interno del Consiglio di Sicurezza Nazionale, creare una nuova struttura all’interno della Presidenza del Consiglio.
Nel complesso lo ritengo un saggio molto interessante.
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* Secondo l’Historical Dictionary of Israeli Intelligence, edito nel 2006, l’AMAN risulta strutturata attorno ad un “Collection Department” e ad una “Research Division”:
“The Collection Department is responsible for signals intelligence (SIGINT), through its Unit 8200, and for imagery intelligence (IMINT), especially through its Unit 9200. Unit 8200 collects intelligence information by plugging into the telephone systems of Arab countries to eavesdrop and record land-line conversations. The Collection Department also operates human intelligence (HUMINT), running agents and informers just over Israel’s borders through its Unit 504. The Collection Department is responsible for collecting information from open sources (OSINT) through a section known in Hebrew as Homer Tsevai Bariah (Hatsav) that scans the print and electronic media, including the Internet, for unwittingly exposed military matter (…).
The Research Division is the largest part of the MI, with 3,000–7,000 officers and other ranks. This division receives and analyzes information assembled by the entire Israeli intelligence community: MI itself, the Mossad, and the ISA. It publishes the Daily Information Digest and other periodical assessments, of which the best known is the Annual National Intelligence Evaluation. The Research Division is organized into subunits, divided according to geographical and functional targets.
(…) Today, the Research Division is divided into “theaters” (zirot [pl.] in Hebrew). North Theater (Zira Tsefonit, or Zitsap) is responsible for Lebanon and Syria, Central Theater (Zira Merkazit, or Zimar) for Iran, Iraq, northern Jordan, and Saudi Arabia; and South Theater (Zira Dromit, or Zidar) for Egypt and southern Jordan. In addition, there are the Terror Theater (Zirat Terror, or Zitar), World Theater. (Zirat Kol Ha’Olam, or Zika), and Technological Theater (Zira Technologit, or Zit); the last-named is in charge of technological developments especially in weapons.”
** Stile che mi ricorda tanto quello diffuso tra il 35° ed il 47° parallelo…
*** “Another explanation involves the Israeli tendency to regard the military as the nation’s most efficient problem-solver.38 In the past, for example, this tendency was expressed in the belief that the IDF could deal more effectively than civilian educators with the problem of deprived youth. Furthermore, since the rank of general in the IDF is considered a prerequisite for becoming a successful minister of defense or head of the National Security Council, Israel prefers military rather than civilian intelligence officers to function as its national estimators.”