di Guido Olimpio, su Corriere.it
WASHINGTON – Dopo il fallito attentato di Natale, Al Qaeda nella penisola arabica aveva atteso 4 giorni primi di rivendicare. Questa volta, per l’invio dei pacchi bomba sugli aerei cargo Ups, si è presa una settimana. E ieri – secondo quanto ha rivelato Site, istituto che segue i siti jihadisti – è apparso un comunicato con il quale la fazione yemenita si è assunta la responsabilità dell’operazione. Con un’aggiunta: i terroristi sostengono di aver causato il disastro aereo del primo settembre a Dubai, attribuito inizialmente a un incidente.
MINACCE – Nel messaggio sul web, i terroristi affermano di aver spedito i pacchi-bomba intercettati a Dubai – nel magazzino FedEx – e in Gran Bretagna su un aereo cargo dell’Ups arrivato dagli Emirati, dopo una sosta a Colonia. Due trappole esplosive, celate in cartucce per il toner, che forse dovevano deflagrare nei cieli americani. I due «colli» avevano come destinazione finale Chicago. Sempre nel comunicato gli estremisti minacciano nuovi attacchi. Inquietante, anche se da verificare la rivendicazione per la sciagura del primo settembre. Quel giorno un jumbo Ups, diretto a Colonia, è precipitato dopo il decollo. Il pilota americano aveva segnalato alla torre di controllo un’improvvisa emergenza: «Fumo in cabina». Pochi minuti dopo il jet cargo si schiantava nel deserto. Nei giorni scorsi fonti investigative statunitensi hanno riaperto il file sull’episodio mentre dagli Emirati arabi hanno continuato a sostenere che «nulla fa pensare ad atto doloso».
LA TESI – Per i responsabili locali l’ipotesi più probabile resta quella di un incendio nella stiva provocato – forse – da batterie al litio. Tesi che non ha mai convinto gli investigatori americani. Troppe coincidenze: un cargo Ups, un misterioso incendio compatibile con un’esplosione e la rotta. Il jumbo, decollato da Dubai, doveva raggiungere Colonia, la stessa rotta seguita dal jet Ups sul quale hanno poi rinvenuto il pacco-bomba. Ora gli investigatori dovranno accertare se esistono elementi certi per confermare che si è trattato di un attentato.
LA PROVA – Una teoria investigativa è che i militanti yemeniti abbiano condotte diverse prove prima di tentare il colpo di una settimana fa. L’Fbi ha confermato di aver intercettato, a metà settembre, tre pacchi spediti dallo Yemen che contenevano oggetti innocenti. Per gli 007 si è trattato di un test. Se i terroristi non mentono il disastro del primo settembre è stato il primo attacco? Oppure la carica è esplosa prima del previsto? Il timer (un telefonino) non ha funzionato? Domande che attendono risposte.
LA TESI – Per i responsabili locali l’ipotesi più probabile resta quella di un incendio nella stiva provocato – forse – da batterie al litio. Tesi che non ha mai convinto gli investigatori americani. Troppe coincidenze: un cargo Ups, un misterioso incendio compatibile con un’esplosione e la rotta. Il jumbo, decollato da Dubai, doveva raggiungere Colonia, la stessa rotta seguita dal jet Ups sul quale hanno poi rinvenuto il pacco-bomba. Ora gli investigatori dovranno accertare se esistono elementi certi per confermare che si è trattato di un attentato.
LA PROVA – Una teoria investigativa è che i militanti yemeniti abbiano condotte diverse prove prima di tentare il colpo di una settimana fa. L’Fbi ha confermato di aver intercettato, a metà settembre, tre pacchi spediti dallo Yemen che contenevano oggetti innocenti. Per gli 007 si è trattato di un test. Se i terroristi non mentono il disastro del primo settembre è stato il primo attacco? Oppure la carica è esplosa prima del previsto? Il timer (un telefonino) non ha funzionato? Domande che attendono risposte.