Tra le tante tecniche descritte nel testo gli autori ne evidenziano sette in particolare: Structured Brainstorming, Cross-Impact Matrix, Key Assumpions Check, Indicators, Analysis of Competing Hypotheses, Premortem Analysis, What If?Analysis.
Secondo Heuer e Pherson tali metodologie sono tra le più diffuse e frequentemente applicate e come tali dovrebbero rientrare nel bagaglio professionale di tutti gli analisti. Vediamo quindi di cosa si tratta esaminando più dettaglio queste sette tecniche.
Iniziamo con lo Structured Brainstorming.
Come evidente si tratta di una versione “strutturata” del brainstorming. Una tecnica, questa, nata negli anni ’40 nel settore del marketing e adoperata in tantissimi ambiti ed in varie versioni. Quella proposta da Heuer e Pherson è la versione sviluppata dalla Sherman Kent School for Intelligence Analysis della CIA ed è strutturata in dodici step divisi in due fasi. Vediamoli in breve.
La prima è la c.d. “Fase divergente”.
Il processo inizia con l’esposizione da parte del “facilitatore” (o leader del gruppo) del topic del brainstorming. La questione/topic deve essere sintetizzata in una frase o una domanda e viene esposta ai partecipanti su una lavagna.
I partecipanti esprimono in massima libertà la propria idea sulla questione o rispondono alla domanda, la scrivono su un post-it e ne danno lettura all’aula. Mano a mano che i partecipanti danno il loro apporto al brainstorming il “facilitatore” li incoraggia a sviluppare ulteriormente le idee emerse fino a quando non risulta evidente che l’aula ha esaurito questa prima fase creativa.
Inizia quindi la seconda fase, c.d. “convergente”, nella quale i partecipanti raggruppano i post-it in modo coerente (ad es.: in base a parametri di tempo o per priorità, per affinità, per tipologia di scenario, ecc) eliminando quelli inutili ed approfondendo eventuali nuovi spunti.
Si procede quindi a valutare ciò che è emerso, identificando le idee potenzialmente più utili e stabilendo valore o importanza secondo criteri fissati dal “facilitatore”.
Generalmente, affermano i due esperti, il brainstorming viene adoperato all’inizio di un progetto di analisi per identificare una lista di “relevant variables, driving forces, a full range of hypotheses, potential solutions to a problem, potential outcomes or scenarios, or, for law enforcement, potential suspects or avenues of investigation“.
Il valore aggiunto di questa tecnica è dato dallo stimolo alla creatività che deriva proprio dal fatto che l’analista è esposto alle idee ed alle prospettive di altri analisti ed è portato a ragionare apertamente senza nessuna censura.
Per poter trarre pieno giovamento è però necessario rispettare alcune regole di base:
1) essere chiari e specifici riguardo all’obiettivo del brainstorming ed al suo topic;
2) essere totalmente aperti a qualunque nuova idea per quanto strana o improbabile possa sembrare, incoraggiare i partecipanti ad esprimere, con ordine, qualunque idea passi per la testa;
3) evitare il caos, permettere una sola discussione alla volta e garantire che tutti possano parlare;
4) prendere il tempo necessario allo sviluppo del brainstorming (da un’ora in su…);
5) evitare il groupthink, stimolare nuove idee anche attraverso l’inclusione nel gruppo di ‘outsiders’;
6) prendere nota di tutta l’attività ed al termine del brainstorming chiedere ai partecipanti di indicare la cosa più importante che hanno appreso.
L’esperienza insegna che gli analisti che prendono parte al brainstorming dovrebbero essere non meno di quattro e non più di dodici.
Una piccola nota personale.
Per migliorare la funzione esplicativa sarebbe utile aggiungere al manuale alcuni esempi reali di brainstorming.
– continua –