Ho appena iniziato a leggere "Grand Strategies: Literature, Statecraft and World Order", di Charles Hill.
E' un libro particolare e lo è nel senso che l'autore parla di strategie e di governo passando in rassegna i classici della letteratura (e non solo di quella specialistica).
Da Tucidide a Shakespeare, da Conrad a Nitzsche, da Proust a Tocqueville, Hill unisce relazioni internazionali, strategia e filosofia in una strana commistione. Con quali risultati lo vedremo (quando avrò finito di leggerlo…).
L'autore è un ex diplomatico che nel corso della sua carriera ha lavorato anche accanto a Henry Kissinger e George Shultz. Attualmente svolge attività di ricerca alla Hoover Institution ed è docente al Brady-Johnson Program Fellow in Grand Strategy (una studentessa ha scritto la sua biografia).
Piccola nota su quest'ultimo punto. Da un po' di tempo noto che negli Stati Uniti, in ambito accademico, c'è un rinnovato interesse per gli studi strategici in generale ed in particolare per quella che gli anglosassoni chiamano "grand strategy" (ha aperto la strada Yale seguita da altre Università). Non posso, purtroppo, non notare quanto siamo indietro, su questo argomento, in Italia…