Quale strategia seguono gli americani in materia di management delle risorse umane? O meglio, come viene selezionato, assunto, formato e gestito il personale delle Agenzie di Intelligence?
La risposta sarà un po’ articolata per cui, per evitare che il lettore si suicidi, ho pensato di pensato di affrontare l’argomento in un paio di post.
Tra l’altro, il caso ha voluto che proprio da oggi la nostra Comunità di Intelligence permetterà la presentazione di curricula tramite il suo sito istituzionale. Come sempre alcune premesse fondamentali.
L’Intelligence Community USA è costituita da 17 agenzie dipendenti da sei ministeri diversi e con sei normative differenti in materia di gestione delle risorse umane.
Anche sotto questo profilo, quindi, l’I.C. statunitense è storicamente piuttosto frammentata.
Come tutti sappiamo, i fallimenti dell’11 settembre e delle armi di distruzione di massa iraqene hanno spinto ad una revisione dell’apparato di intelligence e tale revisione è stata (ed è) caratterizzata soprattutto dall’esigenza di creare coordinamento ed uniformità ad una Comunità composta da soggetti ampiamente autonomi e, spesso, scoordinati.
Lo strumento burocratico per ottenere tale coordinamento è il DNI ed il suo ufficio, istituiti con la riforma del 2004 proprio con l’obiettivo di coordinare l’intera I.C.
In materia di risorse umane, però, la legge di riforma non ha assegnato al neo-costituito Direttore dell’Intelligence un reale potere sulle Agenzie. In mancanza di una sovraordinazione, quindi, il DNI ha adottato una serie di provvedimenti che puntano a creare, senza imporla alle Agenzie, una comune strategia nel settore del personale.
Un elemento centrale di tale processo è stato il documento “Strategic Human Capital Plan” presentato nel 2006 come annesso alla US National Intelligence Strategy del 2005.
Attraverso tale documento il DNI traccia le linee strategiche quinquennali valide per l’intera I.C. statunitense.
Il documento è molto interessante perchè esplicita sia le attuali vulnerabilità strutturali delle risorse umane dell’intelligence sia il percorso da seguire per superare tali vulnerabilità.
I problemi che il DNI riscontra sono essenzialmente tre: 1) squilibrio nella “forza lavoro” 2) insufficiente diversità della stessa e 3) l’esistenza di un mercato del lavoro molto competitivo.
Negli anni Novanta si è verificato un rilevante calo nelle assunzioni le quali invece sono esplose dopo l’11 settembre. Il risultato è appunto uno squilibrio dovuto alla mancanza di quadri intermedi. In parole povere: ci sono gli anziani, ci sono i giovani ma mancano i funzionari a metà carriera (10/15 anni di anzianità).
Per “insufficiente diversità” si intende invece una eccessiva omogeneità ovvero la mancanza di alcune figure professionali all’interno della Comunità. Difettano i soggetti in grado di operare a contatto con culture e tradizioni differenti.
Infine, il mercato del lavoro. Molto semplicemente il DNI avvisa: attenzione, perchè reclutare non sarà facile. Abbiamo bisogno di personale di alto livello ma proprio questo tipo di soggetti ha altre possibilità di inserimento lavorativo e spesso con profili professionali più allettanti, anche (ma non solo) da un punto di vista economico.
Il Direttore dell’Intelligence Nazionale fissa quindi tre obiettivi comuni da raggiungere: 1) costruire una “forza lavoro” agile ed aperta, 2) vincere la guerra per il talento e 3) creare una cultura di leadership.
Il primo obiettivo lo si raggiunge innanzitutto procedendo ad una attenta programmazione sulla base delle attese necessità future. Assunzioni, pensionamenti ecc devono essere pianificati alla luce di quelle che si ritiene saranno le sfide future. Sotto questo aspetto, tra l’altro, il DNI lancia un messaggio al Dipartimento della Difesa (DoD) che gestisce in quasi totale autonomia il grosso delle Agenzie di Intelligence sottolineando (pagina 11 del documento) l’importanza che il DoD si coordini con il DNI.
La programmazione può essere effettuata, ovviamente, solo conoscendo in profondità la situazione del personale sia da un punto di vista quantitativo che da un punto di vista qualitativo. Già da qualche anno, l’IC statunitense ha dato il via ad una mappatura delle risorse analitiche presenti al suo interno, il c.d. “Analytic Resources Catalog” (maggiori informazioni a pag. 16 di questo link), ed il DNI invita le Agenzie ad estendere tale metodologia anche alle altre professionalità presenti.
Nel complesso quello che emerge dalla lettura del documento strategico è la necessità, al fine di raggiungere il primo obiettivo, di integrare le diverse componenti professionali presenti nelle diverse agenzie: “We must also begin to look at all who contribute to the IC’s mission as a “Total Force” — civilian employees, military members,contractors, and international and academic partners. And if we are to realize the full potential of that force, those various elements and components must be fully integrated as well, according to a deliberate doctrine that identifies and leverages their relative strengths.”
Il secondo obiettivo dichiarato nel documento strategico è, a mio parere, il più interessante ai fini delle strategie di reclutamento e di gestione del personale: “vincere la guerra per il talento”.
L’Intelligence americana si rende conto di “essere sul mercato”, di dover lottare con forti competitors per l’acquisizione e la “fidelizzazione” delle migliori risorse umane disponibili. Proprio per questo il DNI indica il percorso che la Comunità dovrebbe seguire. Ovvero:
a) adottare strategie joint per il reclutamento mettendo a fattor comune le risorse necessarie ed evitando che le Agenzie entrino in competizione tra di loro;
b) puntare a selezionare/assumere le nuove leve direttamente nelle Università prima ancora che abbiamo concluso il percorso di studi (in pratica quello che avviene già da anni in ambito business e tecnologie avanzate);
c) assumere “mid-career professionals” per coprire lo squilibrio di cui sopra;
d) creare una sorta di “riserva selezionata” ovvero un National Intelligence Reserve Corps (di cui parlerò nel prossimo post);
e) rendere competitivi i trattamenti economici ed i benefits con una serie di interventi specifici (per i dettagli: pagg. 24-28);
f) migliorare la formazione e l’aggiornamento del personale.
Quest’ultimo punto merita uno spunto di riflessione (e di orgoglio italico).
Uno dei limiti della riforma dell’Intelligence USA è proprio la mancanza di un percorso di formazione comune per il personale delle Agenzie. Dove per “comune” intendo un percorso differenziato in base alle professionalità ma gestito da un’unica struttura. In pratica quello che sta avvenendo da noi con la creazione di una Scuola unica per il comparto intelligence prevista dall’articolo 11 della legge 124.
Sull’importanza e sulle potenzialità di un tale percorso formativo spero di tornare in un prossimo post ma volevo evidenziare adesso come gli Stati Uniti siano carenti sotto questo aspetto nonostante gli sforzi del DNI. E’ stata difatti costituita una National Intelligence University ma non si tratta di una vera e propria scuola bensì di un sistema di coordinamento delle diverse scuole di formazione delle Agenzie.
In Italia invece siamo più avanti.Il terzo ed ultimo obiettivo fissato nello Strategic Human Capital Plan consiste nella creazione di una cultura di leadership e riguarda la necessità di integrare il più possibile le risorse umane presenti all’interno delle Agenzie.
A mio avviso la formulazione della strategia da perseguire è troppo generica. Si va dalla necessità di costruire una comune cultura di leadership alla selezione dei dirigenti basata su standard comuni (ma definiti in modo un po’ fumoso o scontato) all’integrità, responsabilità e così via.
In questo punto si avverte, a mio avviso, la mancanza, da parte del DNI, di una vera sovra-ordinazione rispetto alle Agenzie dell’IC USA. Cosa che gli impedisce di pianificare una vera strategia non potendo disporre dei mezzi necessari per implementarla.
Nella prossima “puntata” daremo un’occhiata alle direttive, alle norme (non riservate) che regolamentano il settore.