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Foglio.itdi Marco Valerio Lo Prete Non è detto che per parlare di Alleanza Atlantica non si finisca, sempre e comunque, a discutere anche di economia internazionale. Anzi. In uno studio presentato ieri a un seminario a porte chiuse e curato da Andrea Gilli per il dipartimento di Studi d’intellligence strategica e sicurezza della Link Campus University, diretto dal Comandante Francesco D’Arrigo – titolo: "La Nato a sessant’anni: il futuro di un’Alleanza" – le riflessioni di natura economica non mancano.
Nella prima parte della ricerca, che 2+2 ha letto, si descrive infatti, con dovizia di dati e soprattutto di riferimenti bibliografici alla letteratura anglosassone, l’evoluzione post-Guerra Fredda del sistema di relazioni internazionali. Per descrivere quella che definisce "transizione alla multipolarità", Gilli dedica ampio spazio ai cambiamenti avvenuti nella sfera economica. "Il primo segnale dell’ascesa del Resto del mondo, come l’ha descritta brillantemente Fareed Zakaria, è la rapida e continua crescita economica di aree che non siano quella occidentale e giapponese. Le implicazioni sono riassunte perfettamente in un report della società di consulenza Accenture, ‘The Rise of the Multi-polar World’: ‘Il dominio economico collettivo di Stati Uniti, Europa e Giappone – la cosiddetta triade – sta sfumando in un potere economico maggiormente diffuso, visto che le economie dei paesi in via di sviluppo contribuiscono per una quota sempre crescente della produzione, del commercio e degli investimenti globali".
Non mancano i numeri a sostegno della tesi, a partire da quelli usati per descrivere l’evoluzione dei paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina): "Mentre nel 2000 il loro pil combinato rappresentava il 26 per cento dell’economia Usa, nel 2007 esso era pari al 51 per cento e nel 2008 al 58 per cento". Stesso discorso per la categoria più ampia dei paesi in via di sviluppo: "Nel 1990 essi rappresentavano il 90 per cento del pil globale. Nel 2006 il 46 per cento e entro il 2015 la loro quota supererà probabilmente quella rappresentata dagli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone assieme".
Per un’analisi non scontata di quello che tutto questo significherà per il futuro della Nato, consigliamo di
leggere direttamente qui. (Unico avvertimento: il paper, seppur scritto da autore italiano, è in lingua inglese).