… un’analisi su Al Qaeda nel Nord Africa (di Riccardo Fabiani, su AffarInternazionali.it) e l’analisi di Brian Jenkins (ADN-Kronos):
"Roma, 10 set. – (Adnkronos/Aki) – "Al Qaeda non è più in grado di organizzare un grande attacco. Le sue capacità sono andate deteriorandosi negli anni e ha grandi difficoltà a portare avanti la sua campagna terroristica globale"
Parola di Brian Michael Jenkins, uno dei massimi esperti mondiali di terrorismo, che spiega in un’intervista ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL come si sia evoluta dall’11 settembre 2001 a oggi la piu’ grande macchina del terrore di matrice islamica. Per Jenkins, consigliere capo della Rand Corporation, "in particolare fuori dal Pakistan, dall’Afghanistan e dall’Iraq, al Qaeda ha un problema di ‘controllo di qualita”, i suoi uomini sono meno competenti dei loro predecessori".
Anche dal punto di vista della quantità, secondo l’esperto, il gruppo di Bin Laden è costretto a una marcia indietro: "Fino al 2006 organizzava attacchi ogni due mesi, ma da allora il numero di operazioni terroristiche significative e’ andato diminuendo e si assiste solo ad attentati occasionali, soprattutto quelli organizzati dalla Jemaah Islamiyah, scheggia di al-Qaeda, a Giacarta". Subito dopo l’11 settembre, inoltre, "i clamorosi attacchi organizzati in Turchia, Spagna, Indonesia, Regno Unito e Arabia Saudita erano condotti da individui che ricevevano una formazione nei campi di al Qaeda". Ma ora non e’ piu’ cosi’ e, spiega Jenkins, "i complotti fatti in casa" prendono il posto degli "attentati di qualità’". L’altro lato della medaglia e’ la maggiore preparazione degli Stati Uniti, che "hanno un livello di sicurezza interna piu’ alto che in passato". "L’intelligence interna e’ migliorata, la sicurezza e’ aumentata, i cittadini sono piu’ vigili a livello psicologico", spiega Jenkins, che tende a ridimensionare un ipotetico nuovo allarme attentati in America. "Gli Stati Uniti sono una nazione di 300 milioni di persone – dice – la possibilita’ che qualcuno muoia in un attentato terroristico e’ di una su un milione, contro l’una su ottomila di morire in un incidente stradale e l’una su 18mila di essere vittima di un omicidio".
C’e’ inoltre "una cooperazione senza precedenti tra l’intelligence e le forze di sicurezza di tutto il mondo – dice Jenkins – e questo rende l’ambiente meno idoneo per organizzare attentati. Gli scambi a livello di intelligence in materia di terrorismo hanno avuto una crescita senza precedenti". E anche fuori dagli Stati Uniti, in molti paesi islamici, il livello di preparazione e’ piu’ alto. "Gli attacchi in Indonesia, in Marocco e in Egitto hanno spinto i governi a prendere iniziative – spiega l’esperto – perche’ non vedono piu’ al Qaeda come una questione che riguarda solo gli Stati Uniti, ma come una minaccia anche per se’".
L’aver spostato il proprio obiettivo verso paesi islamici è costato inoltre ad al Qaeda una grave crisi di consensi. "La sua carneficina gratuita di musulmani e di ‘infedeli’ ha provocato una reazione negativa tra i musulmani, nonostante una certa ostilita’ per gli Stati Uniti e l’insoddisfazione per le loro condizioni di vita". Ma questo, secondo Jenkins, e’ un problema minore per al Qaeda, che "non e’ un movimento politico e non cerca voti e consensi. E’ un piccolo esercito determinato a portare avanti la sua guerra in nome di Dio e non sara’ quindi un calo di popolarita’ a fermarlo". L’indebolimento di al Qaeda, tuttavia, non vuol dire che abbia rinunciato alla sua lotta. "Abbiamo gia’ potuto sperimentare la sua tenacia e la sua resistenza – spiega Jenkin – Ma la sua lotta non potra’ durare all’infinito. La morte di Osama Bin Laden e di Ayman al-Zawahiri privera’ al Qaeda di seguaci, oltre che del suo principale strumento di connessione" tra le varie anime che la compongono in tutto il mondo. "Non credo che a quel punto l’intero movimento collassera’ – conclude l’esperto – ma sara’ irrimediabilmente ridotto all’irrilevanza, perche’ al Qaeda cavalca le onde, ma non e’ in grado di provocarle".