Finalmente una persona che ha pubblicamente il coraggio di dire la verità (fonte: Corriere.it).
L’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica
«Militari nelle discariche? Umiliazione»
Dino Tricarico: «Maroni e La Russa sono responsabili di questo uso improprio dei soldati.
È un grosso rischio»
ROMA – «Questa storia dei militari a guardia delle discariche mi è sembrata fin dal primo momento un’iniziativa sbagliata. E ora devo proprio dirlo: stiamo umiliando i soldati e distruggendo la loro professionalità».
Questo è lo sfogo del generale Dino Tricarico, che fu consigliere militare di Palazzo Chigi con D’Alema e con Berlusconi, prima di assumere l’incarico di capo di stato maggiore dell’Aeronautica. Ora è a riposo ma continua a seguire le vicende degli uomini in divisa.
L’idea fu lanciata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni.
«Difatti Maroni è responsabile di questo uso improprio dei militari. Ma anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha le sue colpe. Ha accettato di mandare i soldati a piantonare le discariche e a svolgere compiti di sicurezza nelle strade».
La gente, però, sembra apprezzare la presenza dei militari.
«E questo è un rischio. L’opinione pubblica si sta abituando a un impiego tutt’altro che ortodosso e le istituzioni si sentono legittimate a utilizzare lo strumento militare in modo sempre più abnorme. Siamo il Paese delle emergenze, e domani i soldati potrebbero essere chiamati a vigilare attorno alle carceri, a tenere sotto controllo gli stuoli di clandestini, a proteggere obiettivi di ogni tipo. Ma non sono questi i motivi per i quali ci siamo dotati di forze armate professionali».
Tuttavia l’Italia schiera più di 8 mila soldati nelle missioni estere.
«Perché svolgano bene i loro compiti hanno bisogno di addestramento continuo, non possono perdere tempo con operazioni che a loro non competono. Chi oggi è responsabile a livello politico dell’approntamento e dell’efficienza delle forze armate dovrebbe trarre insegnamento dagli episodi drammatici mediorientali di questi giorni, e riflettere sulle capacità e sulle prospettive del nostro esercito, soprattutto in un momento in cui le difficoltà economiche di cui non si vede la fine, costringeranno a delle scelte e a delle privazioni. Perdere oggi una capacità militare è facile, per riacquisirla è un’impresa che richiede anni e sacrifici enormi».
Lei accennava a un insegnamento che bisognerebbe trarre dall’attuale crisi fra Israele e il gruppo palestinese Hamas.
«L’insegnamento è che serve una professionalità sempre più elevata. L’aviazione israeliana oggi, in alcune forme di intervento, è certamente la più professionale, superiore perfino agli Stati Uniti. Il terrorismo è neutralizzato al 70 per cento con l’impiego dall’Aeronautica».
Ma bisogna tener conto anche dei danni che produce, delle vittime innocenti che provoca.
«Fino al 2002 il tasso di danni collaterali calcolato dagli israeliani su base statistica in occasione di azioni mirate contro i terroristi era di una vita innocente soppressa per ogni terrorista ucciso, ossia un rapporto di uno ad uno. L’adozione di sistemi d’arma e di mezzi più sofisticati, accoppiata ad una attenzione maggiore alla salvaguardia della vita umana, ha portato il rapporto ad un valore molto più baso di 24 ad 1, ossia 24 terroristi colpiti a fronte di un incolpevole sacrificato».
Lei ha diretto gli attacchi aerei durante la guerra del Kosovo nel 1999. Quali differenze trova con le incursioni israeliane di questi giorni?
«Come nel Kosovo, anche oggi ci troviamo in presenza di uno scenario in cui l’intervento dell’Aeronautica è risolutivo. Nelle operazioni aeree sui Balcani si giunse alla fase risolutiva dopo 78 giorni di bombardamenti, a quel punto si poterono costringere i contendenti a sedersi attorno a un tavolo per negoziare. Ciò vuol dire che l’Aeronautica di un Paese deve essere seguita con particolare attenzione da chi è responsabile dello strumento militare. Ho personalmente potuto prendere visione del grado di precisione e professionalità raggiunte dagli israeliani, anche grazie all’amicizia personale che tuttora mi lega al generale Elyezer Shkedy, capo di stato maggiore dell’Aviazione di Gerusalemme per oltre quattro anni. Non è prudente che io entri nel dettaglio di ciò che ho potuto constatare di persona, ma posso dire che a suo tempo ho avviato col mio amico e collega un discorso per un programma di addestramento comune, che sarebbe certamente molto istruttivo per il nostro personale aeronautico».