Scrivo questo post di getto. Una sorta di riflessione ad alta voce.
Il mio obiettivo iniziale era quello di scrivere qualcosa di più articolato ed approfondito. Un confronto tra quanto fatto in altri Stati in materia di Intelligence Studies e quanto fatto (ma soprattutto quanto resta da fare) in Italia.
Dato che il tempo manca e rendendomi conto che rischierei di dare l’ennesima buca "virtuale" (post promessi ma mai scritti…) ho deciso di sedermi e ragionare ad alta voce.
D’altronde… una riflessione sullo stato di avanzamento degli studi di intelligence in Italia non può che essere piuttosto breve….purtroppo…
In Italia, attualmente, esistono due istituzioni accademiche con un’offerta formativa nel campo dell’Intelligence: la Link Campus (sede italiana dell’Università di Malta) e l’Università della Calabria.
So che altri hanno pensato o progettato ma, che io sappia (in caso contrario farò ammenda), solo queste due Università hanno davvero messo in campo dei corsi specifici e realmente dedicati all’Intelligence (termine, lo sappiamo tutti, super-abusato…).
In particolare, il merito di avere scommesso in questo settore di formazione, di fatto importandolo in Italia, va alla Link con la prima edizione del Master nel 2002 (se non erro).
Nel 2007 è seguita l’UniCal che è diventata così la prima Università pubblica italiana ad offrire un Master sull’Intelligence.
Cosa manca in questo quadro? E’ evidente. Manca la ricerca.
Perchè, attenzione: una cosa è la formazione (universitaria o non) un’altra cosa è la ricerca.
In media ogni sei mesi nasce un nuovo centro studi (strategici, sulla sicurezza, sull’Intelligence, ecc…) ma di fatto nessuno, fino ad ora, ha fatto davvero studi in questo settore. Dichiarazioni roboanti a parte…
Ci sono illustri esempi di centri studi (il CeMiSS e lo IAI, per esempio) che hanno una degnissima produzione nel campo delle relazioni internazionali e, in parte, in quello degli affari strategici ma nessuno con programmi di ricerca nel campo dell’Intelligence.*
Cosa ancora più grave è che ad essere pressochè sconosciuta in Italia è persino la letteratura (tutta straniera!!) in materia.
Avendo una buona "penetrazione" nel settore della ricerca strategica (un giro di parole per dire che, in un modo o nell’altro, conosco un buon numero di docenti/ricercatori) nel corso degli ultimi anni ho condotto un piccolo sondaggio personale. Solo tre o quattro docenti/ricercatori conoscono realmente i due testi principali e i due autori storici nel campo degli intelligence studies….
Tutti gli altri o non sono proprio al corrente dell’esistenza di testi ed autori o ne hanno solamente sentito parlare.
Attenzione: parlo dei testi base. L’ABC, insomma. Tutto il resto della disciplina è (quasi) roba aliena.
Gli studi sulle metodologie analitiche avanzate, sui fallimenti strutturali, sul ciclo dell’intelligence, sul processo decisionale, ecc… cioè, in pratica, tutto ciò che si è sviluppato dagli anni ’90 in poi (soprattutto dal 2000) è, di fatto, ignorato.
E’ chiaro: si tratta di una mia modestissima esperienza sul campo.
Non vorrei risultare offensivo verso alcuno e sarò contentissimo se dovessi scoprire che così non è.
Se però dovessi avere ragione ciò vorrebbe dire che, ad occhio e croce, in Italia siamo indietro di circa 35 anni rispetto alle due punte avanzate: Stati Uniti e Gran Bretagna.
Quali sono le implicazioni della pressochè totale assenza di ricerca?
Quelle di cui abbiamo parlato nei commenti proprio in questi giorni.
Se manca la ricerca lo stesso settore istituzionale ne risente, per ovvi motivi che è inutile evidenziare.
Se manca la ricerca non esistono docenti e ricercatori. Ci sono quelli che in inglese si chiamano "practitioners" e cioè i "tecnici" (funzionari, in servizio o a riposo, di determinate Istituzioni) ma non veri docenti accademici. Se, per esempio, provate a esaminare i profili degli attuali docenti presso i corsi sull’Intelligence scoprirete che circa l’80%, ad occhio e croce, proviene dalle Istituzioni.
Ora, non voglio essere frainteso. La presenza di tecnici nei corsi di formazione accademici può essere solo un vantaggio per la formazione stessa. Ciò che non è corretto è che ci siano solo loro, o quasi.
La ricerca scientifica nel settore è quindi importante per tutti.
Per le Istituzioni che fanno Intelligence per i motivi già evidenziati in precedenza.
Per il Governo e per il Parlamento stesso perchè così avrebbero accesso ad una buona "base" di consulenti preparati, indispensabili per il corretto funzionamento di certi meccanismi (di governance e di controllo).
Per i cittadini, perchè avrebbero informazioni corrette su questo settore così strategico e delicato.
Per le stesse Università che si occupano (o si vorranno occupare) di formazione perchè con i soli "tecnici" a disposizione si rischia di predisporre corsi-duplicati dei corsi di formazioni offerti dalle Scuole dei Servizi…
* Per la verità, tra i lavori dei frequentatori dei corsi CASD ogni tanto si incontra una ricerca sull’Intelligence. Ma anche in questo caso si tratta di "episodi". Non esiste, che io sappia, alcun vero progetto di ricerca.