"Roma, 30 giu. (Apcom) – Il New York Times pubblica oggi un lungo articolo in cui afferma che al Qaida ha rafforzato la sua presenza nelle zone tribali al confine tra Afghanistan e Pakistan, approfittando delle divisioni in seno all’amministrazione Bush e alla Cia, divisioni che hanno di fatto bloccato i piani operativi del Pentagono per colpire i leader del gruppo di Osama bin Laden.
Funzionari americani e pachistani hanno più volte affermato in passato che la trasformazione delle regioni tribali del Pakistan in un santuario di al Qaida era inevitabile, addossando la colpa anche al "disastroso" cessate il fuoco concordato nel 2006 dal governo pachistano con i miliziani.
Ma dopo una quarantina di interviste a Washington e in Pakistan emerge un’altra storia, riferisce il New York Times. Fonti dell’intelligence Usa hanno infatti raccontato che la caccia agli uomini di al Qaida in Pakistan – denominata dalla Cia nel 2006 "Operazione Cannonball" – è stata spesso ostacolata dalle divergenze in seno all’amministrazioni Bush e alla stessa Cia, e in particolare tra gli uffici dell’agenzia a Kabul e Islamabad.
Contrasti sono emersi così anche tra chi sosteneva l’impiego di truppe di terra nei raid in territorio pachistano, e chi invece – soprattutto al quartier generale della Cia – propendeva per l’utilizzo dei droni, i piccoli aerei radiocomandati.
Fatto sta, scrive il New York Times, che dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 il presidente George W.Bush aveva indicato la guerra al terrorismo e la distruzione di al Qaida come priorità della sua presidenza, mentre appare sempre più chiaro ora che quando Bush lascerà la Casa Bianca, il prossimo gennaio, Al Qaida sarà ancora viva e vegeta.
Secondo l’intelligence Usa, i nuovi campi di al Qaida sono più piccoli di quelli utilizzati prima del 2001 in Afghanistan. Un agente della Cia in pensione stima inoltre che attualmente ci dovrebbero essere circa 2mila combattenti, locali e stranieri, in questi campi di addestramento, mentre tre anni fa erano alcune centinaia."
Qui l’articolo del New York Times e qui un breve commento di Douglas Farah.