da Corriere.it
Si sono incontrati davanti ad una locanda di Homs, in Siria. Poi si sono spostati in una casa, conosciuta in codice come «Gardenia». Seduti attorno ad un tavolino i rappresentanti di diversi gruppi estremisti. Rinnegati palestinesi di Jibril, jihadisti di Jund Al Sham, militanti qaedisti, reduci del conflitto iracheno. Hanno discusso come aiutare i «fratelli» di Fatah Al Islam, oscura fazione nata dal nulla che ha dato battaglia nel campo profughi di Tripoli. Una realtà estremista confusa,mafacilmente manipolabile. Lo strumento ideale per chi vuole destabilizzare il Libano. È in questa nebulosa che si nascondono probabilmente i responsabili dell’attentato. Un agguato che apre un’estate calda esponendo anche i caschi blu italiani a seri rischi.
I burattini
I terroristi mettono le bombe ma chi tira le fila? Le autorità libanesi, tenaci avversarie della Siria, non hanno dubbi: sono gli 007 di Damasco. Gli Hezbollah, di fede musulmana sciita, guardano con sospetto ai Paesi sunniti. E compaiono ricostruzioni che parlano di presunti rapporti tra il governo di Beirut e ambienti fondamentalisti. Altri osservatori legano gli attacchi allo sforzo delle organizzazioni jihadiste regionali. Divise per Paesi— Marocco, Algeria, Gaza, Libano—provano a esportare metodi e obiettivi del conflitto iracheno. Dunque tante versioni, con la realtà piegata ai diversi interessi. Ma questa è la legge del Medio Oriente. E dunque proviamo a guardare sotto la coperta dei sospetti. Il primo filo è quello che porta a quanto sta avvenendo nel nord del Libano. Le bombe contro l’Onu così come l’eliminazione di esponenti anti-siriani sarebbero un diversivo per sostenere la disperata resistenza di Fatah Al Islam nel campo di Nahr Al Bared. Un partito che fino ad un anno fa non esisteva ed è poi comparso armato fino ai denti.
I terroristi mettono le bombe ma chi tira le fila? Le autorità libanesi, tenaci avversarie della Siria, non hanno dubbi: sono gli 007 di Damasco. Gli Hezbollah, di fede musulmana sciita, guardano con sospetto ai Paesi sunniti. E compaiono ricostruzioni che parlano di presunti rapporti tra il governo di Beirut e ambienti fondamentalisti. Altri osservatori legano gli attacchi allo sforzo delle organizzazioni jihadiste regionali. Divise per Paesi— Marocco, Algeria, Gaza, Libano—provano a esportare metodi e obiettivi del conflitto iracheno. Dunque tante versioni, con la realtà piegata ai diversi interessi. Ma questa è la legge del Medio Oriente. E dunque proviamo a guardare sotto la coperta dei sospetti. Il primo filo è quello che porta a quanto sta avvenendo nel nord del Libano. Le bombe contro l’Onu così come l’eliminazione di esponenti anti-siriani sarebbero un diversivo per sostenere la disperata resistenza di Fatah Al Islam nel campo di Nahr Al Bared. Un partito che fino ad un anno fa non esisteva ed è poi comparso armato fino ai denti.
Le trame siriane
L’intelligence libanese aveva lanciato l’allarme dopo la cattura di un commando qaedista nella capitale: vogliono seminare il terrore, anche l’Onu è nel mirino. Gli 007 avrebbero raccolto informazioni sull’attività di numerosi ufficiali dei servizi siriani.A coordinarli i colonnelli Samir Nabulsi e Rifaat Al Turk, quest’ultimo presente all’incontro a «Gardenia». In base al piano Damasco ha favorito il movimento di armi, munizioni e uomini con l’aiuto dei palestinesi del Fronte di Jibril. Volontari islamici sono accorsi a gonfiare lo schieramento.E nel sud i qaedisti—Usbat Al Ansar, la neonata Base della guerra santa — hanno minacciato guerra totale. Chi sostiene questo teorema afferma che la Siria cavalca l’estremismo con l’intento di paralizzare il Libano e impedire il processo per l’omicidio Hariri, procedimento che la vede sul banco degli imputati. Un comportamento denunciato anche da un rapporto delle Nazioni Unite. I jihadisti, che odiano il laico Assad, sfruttano il sostegno tattico. Si muovono su rotte parallele che a volte si sovrappongono. Una ripetizione di quanto avviene nei confronti dell’Iraq. Senza la complicità siriana il flusso di militanti diretti a Bagdad non potrebbe proseguire. Damasco e Teheran si trovano poi unite nell’inviare equipaggiamento militare sofisticato all’Hezbollah e questo in violazione delle risoluzioni Onu.
L’intelligence libanese aveva lanciato l’allarme dopo la cattura di un commando qaedista nella capitale: vogliono seminare il terrore, anche l’Onu è nel mirino. Gli 007 avrebbero raccolto informazioni sull’attività di numerosi ufficiali dei servizi siriani.A coordinarli i colonnelli Samir Nabulsi e Rifaat Al Turk, quest’ultimo presente all’incontro a «Gardenia». In base al piano Damasco ha favorito il movimento di armi, munizioni e uomini con l’aiuto dei palestinesi del Fronte di Jibril. Volontari islamici sono accorsi a gonfiare lo schieramento.E nel sud i qaedisti—Usbat Al Ansar, la neonata Base della guerra santa — hanno minacciato guerra totale. Chi sostiene questo teorema afferma che la Siria cavalca l’estremismo con l’intento di paralizzare il Libano e impedire il processo per l’omicidio Hariri, procedimento che la vede sul banco degli imputati. Un comportamento denunciato anche da un rapporto delle Nazioni Unite. I jihadisti, che odiano il laico Assad, sfruttano il sostegno tattico. Si muovono su rotte parallele che a volte si sovrappongono. Una ripetizione di quanto avviene nei confronti dell’Iraq. Senza la complicità siriana il flusso di militanti diretti a Bagdad non potrebbe proseguire. Damasco e Teheran si trovano poi unite nell’inviare equipaggiamento militare sofisticato all’Hezbollah e questo in violazione delle risoluzioni Onu.
Saltate le garanzie
L’attacco contro gli spagnoli è stato preceduto, pochi giorni fa, da un tiro di razzi contro Israele, attribuito all’iniziativa dei palestinesi di Jibril. Due episodi che hanno messo in discussione l’autorità dell’Hezbollah, che da sempre regna nel sud. I Paesi occidentali — a cominciare dall’Italia — hanno aderito alla missione Onu puntando molto sulle garanzie date dal movimento sciita e in misura minore dalla stessa Siria. Immunità da attacchi terroristici in cambio del dialogo con i «cattivi»: questo, più o meno, il patto. Ma la strage lo ha spazzato via. Un’azione che richiama il qaedismo non solo per le modalità, ma per la volontà di opporsi a qualsiasi compromesso con «i crociati». Non sarà facile per i governi europei reagire. Se vanno a Damasco, Teheran o dall’Hezbollah si sentiranno dire: aumentiamo la collaborazione, è l’unico modo per sventare i progetti di chi sogna il Califfato. Ma così Roma o Madrid premieranno chi fa comunque sponda al terrorismo. Se il contingente Onu vorrà procedere da solo dovrà fare i conti con un avversario temibile quanto sfuggente.
L’attacco contro gli spagnoli è stato preceduto, pochi giorni fa, da un tiro di razzi contro Israele, attribuito all’iniziativa dei palestinesi di Jibril. Due episodi che hanno messo in discussione l’autorità dell’Hezbollah, che da sempre regna nel sud. I Paesi occidentali — a cominciare dall’Italia — hanno aderito alla missione Onu puntando molto sulle garanzie date dal movimento sciita e in misura minore dalla stessa Siria. Immunità da attacchi terroristici in cambio del dialogo con i «cattivi»: questo, più o meno, il patto. Ma la strage lo ha spazzato via. Un’azione che richiama il qaedismo non solo per le modalità, ma per la volontà di opporsi a qualsiasi compromesso con «i crociati». Non sarà facile per i governi europei reagire. Se vanno a Damasco, Teheran o dall’Hezbollah si sentiranno dire: aumentiamo la collaborazione, è l’unico modo per sventare i progetti di chi sogna il Califfato. Ma così Roma o Madrid premieranno chi fa comunque sponda al terrorismo. Se il contingente Onu vorrà procedere da solo dovrà fare i conti con un avversario temibile quanto sfuggente.
La trappola
L’esplosione di ieri ha messo fine a quasi un anno di tregua per i caschi blu. Un lungo periodo di tensioni, scandito negli ultimi due mesi dagli allarmi sulle infiltrazioni terroristiche e sulle minacce dirette: «Vi colpiremo». Gli adoratori di Bin Laden non hanno mai nascosto la loro ostilità. Lo scenario che si profila è quello di un Libano sud trasformato in polveriera. E l’Italia, che ha la guida della spedizione, è in prima linea. Dovrà tener fede all’impegno badando alle inevitabili polemiche interne. I generali, pressati dai governi, adotteranno tattiche più prudenti per evitare rischi inutili. E’ quello che vogliono i qaedisti alla ricerca di un nuovo santuario e i regimi della regione mai rassegnati all’idea di un Libano pacificato.
L’esplosione di ieri ha messo fine a quasi un anno di tregua per i caschi blu. Un lungo periodo di tensioni, scandito negli ultimi due mesi dagli allarmi sulle infiltrazioni terroristiche e sulle minacce dirette: «Vi colpiremo». Gli adoratori di Bin Laden non hanno mai nascosto la loro ostilità. Lo scenario che si profila è quello di un Libano sud trasformato in polveriera. E l’Italia, che ha la guida della spedizione, è in prima linea. Dovrà tener fede all’impegno badando alle inevitabili polemiche interne. I generali, pressati dai governi, adotteranno tattiche più prudenti per evitare rischi inutili. E’ quello che vogliono i qaedisti alla ricerca di un nuovo santuario e i regimi della regione mai rassegnati all’idea di un Libano pacificato.
Guido Olimpio
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Piccola rassegna stampa: Renzo Guolo (Repubblica), Gian Micalessin (Il Giornale).