di M. Allam sul Corriere di oggi.
Insieme alla vittoria ai Mondiali, o in alternativa come premio di consolazione, presto potremmo festeggiare il ritorno in Italia di Abu Omar. Con tante scuse ufficiali e un risarcimento di 10 milioni di euro per aver arbitrariamente interrotto la sua attività di predicatore d’odio e apologeta del terrore nella moschea di viale Jenner a Milano. Subito dopo, magari affidandosi all’assistenza del suo stesso avvocato Montasser Al Zayyat, con trascorsi in galera per la sua attività eversiva in Egitto, riaccoglieremo altri due militanti di spicco della Guerra santa islamica, Bouriqi Bouchta e Abdulqadir Fadlallah Mamour, allontanati con atti amministrativi. Nel frattempo il corso della giustizia avrà accertato la responsabilità di un numero crescente di responsabili dei Servizi segreti, del ministero dell’Interno e della Difesa, di politici della passata e della presente coalizione governativa, di magistrati «non organici» e di giornalisti che hanno «collaborato» con le «spie». Il vertice dei nostri apparati di sicurezza sarà interamente rimosso e screditato, con gravi danni all’attività di contrasto del terrorismo e un ulteriore logoramento della fiducia della gente nelle istituzioni. Riflettiamoci bene prima di proseguire in questa guerra intestina che preannuncia un suicidio collettivo. Se l’applicazione formale e rigorosa della legge vigente anziché salvaguardare compromette pesantemente la sicurezza dei cittadini, che è la condicio sine qua non per poter godere di qualsiasi libertà, significa che o la legge è inadeguata o vi è un difetto nella sua applicazione. Personalmente ritengo che siano veri entrambi i casi. L’inadeguatezza e il difetto risiedono principalmente nel fatto che l’attuale legislazione non recepisce integralmente la realtà e la specificità del terrorismo islamico globalizzato, in particolar modo la sua dimensione ideologica, spesso sommersa, che ha già trasformato anche l’Italia in una fabbrica di terroristi e aspiranti kamikaze. Ed è inevitabile che se non si contestualizza correttamente l’evento, l’elaborazione del legislatore, la valutazione del magistrato e l’azione dell’esecutivo risulteranno inficiate da un vizio di fondo. Il risultato sarà un insieme confuso che impone una navigazione a vista, subendo e reagendo agli eventi anziché prevedendo e realizzando delle scelte. È un dato di fatto che all’interno dei nostri apparati di sicurezza si scontrano almeno due anime: la prima considera il terrorismo islamico come la principale minaccia alla sicurezza interna e internazionale; la seconda ritiene che si tratti di un’esagerazione, peggio ancora, di una strumentalizzazione della paura collettiva per fini di potere.
Ebbene è quest’ultima che sta oggi prevalendo e sembra prossima a imporre la propria linea, con il conforto del governo di centrosinistra. Sul piano internazionale la svolta rilevante è stata la decisione di accelerare il definitivo ritiro dall’Iraq, sulla base del consenso contro la «guerra ingiusta», ignorando le ragioni della lotta al terrorismo invocate dalle autorità irachene e presenti nelle risoluzioni dell’Onu 1511 e 1546. E ora, a quanto pare, ci si avvia a regolare i conti con il «partito della guerra» all’interno dell’Italia. In quest’ambito si sta rischiando di fare dei servizi segreti la valvola di sfogo dei mali della classe politica.
L’aria che tira la si può desumere persino dalle due immagini in circolazione di Abu Omar. Nella prima compare sorridente, sbarbato, snello, in giacca e cravatta mentre legge un giornale. Nella seconda si vede un faccione gonfio, sguardo severo, corpo appesantito, barba lunga e la divisa «afghana» degli estremisti islamici, camicione e pantaloni bianchi larghi e informi. Ebbene, a seconda della tendenza a voler colpevolizzare il Sismi o Abu Omar, sulla stampa compare l’una o l’altra. Significativamente, con il Sismi nella bufera, viene più gettonata la foto di Abu Omar «buono». Ha ragione Sergio Romano quando ieri sul Corriere ha ricordato che se i servizi sono sospettati «delle peggiori malefatte» non possono svolgere il loro compito istituzionale. Ma a mio avviso non peccano di «eccessiva dipendenza dall’intelligence americana». Casomai è vero l’opposto: ci vorrebbe molta e più proficua collaborazione con gli Stati Uniti, l’Europa e il resto del mondo.
C’è una guerra in atto scatenata dal terrorismo e dall’estremismo islamico globalizzato. L’Italia deve decidere da che parte stare: mi auguro che non si schieri dalla parte di Abu Omar.