da "Il Foglio"
Roma. “Se voi italiani aveste un arsenale atomico stoccato dentro i silos nelle vostre basi militari, sarebbe una vostra responsabilità. Lo stesso, per ipotesi, varrebbe anche nel caso di un Liechtenstein nucleare. Quando si parla di paesi ragionevoli e liberi, dove è in piedi un’autentica democrazia, non c’è un problema reale, perché le democrazie hanno solidi motivi per fidarsi le une delle altre. Ma il caso dell’Iran è di genere completamente diverso. Abbiamo a che fare con una tirannia religiosa, è un gruppo di potere che è determinato a sfruttare le risorse di una nazione intera per i propri piani”. L’olandese Leon de Winter, una delle voci più chiare della letteratura europea, riprende il discorso iniziato sabato da André Glucksmann, filosofo e saggista francese, dalle colonne del Foglio. “Gli iraniani hanno oggi le stesse evidenti ambizioni che aveva il dittatore iracheno Saddam Hussein. Estendere il proprio controllo su tutta la regione del Golfo Persico, diventare la potenza dominante e mettere le mani sulle fonti del petrolio. Il disegno di Teheran non è nuovo. E’ l’ossessione antica e ricorrente di tutti i regimi mediorientali: controllare il flusso di greggio dell’area, e quindi anche del mondo. E’ la ragione per cui Saddam ha mosso prima la sanguinosissima guerra contro l’Iran e poi ha invaso il Kuwait, con il suo sottosuolo desertico gonfio di petrolio”. Ieri, parlando dalla televisione di Teheran, è stato il comandante della Guardia rivoluzionaria iraniana, Yahya Rahim Safavi, a dire che “gli Stati Uniti devono decidersi ad accettare il ruolo dell’Iran come potenza regionale”, dopo giorni di annunci trionfalistici da parte della Repubblica islamica di test di nuovi missili e siluri. “Ci sono un paio di differenze, in peggio – spiega al Foglio de Winter – Saddam non aveva un programma segreto nucleare che va avanti da vent’anni, come i mullah, e quindi non stava mettendo da parte nessuna ‘garanzia atomica’. Nella prima guerra Roma. “Se voi italiani aveste un arsenale atomico stoccato dentro i silos nelle vostre basi militari, sarebbe una vostra responsabilità. Lo stesso, per ipotesi, varrebbe anche nel caso di un Liechtenstein nucleare. Quando si parla di paesi ragionevoli e liberi, dove è in piedi un’autentica democrazia, non c’è un problema reale, perché le democrazie hanno solidi motivi per fidarsi le une delle altre. Ma il caso dell’Iran è di genere completamente diverso. Abbiamo a che fare con una tirannia religiosa, è un gruppo di potere che è determinato a sfruttare le risorse di una nazione intera per i propri piani”. L’olandese Leon de Winter, una delle voci più chiare della letteratura europea, riprende il discorso iniziato sabato da André Glucksmann, filosofo e saggista francese, dalle colonne del Foglio. “Gli iraniani hanno oggi le stesse evidenti ambizioni che aveva il dittatore iracheno Saddam Hussein. Estendere il proprio controllo su tutta la regione del Golfo Persico, diventare la potenza dominante e mettere le mani sulle fonti del petrolio. Il disegno di Teheran non è nuovo. E’ l’ossessione antica e ricorrente di tutti i regimi mediorientali: controllare il flusso di greggio dell’area, e quindi anche del mondo. E’ la ragione per cui Saddam ha mosso prima la sanguinosissima guerra contro l’Iran e poi ha invaso il Kuwait, con il suo sottosuolo desertico gonfio di petrolio”. Ieri, parlando dalla televisione di Teheran, è stato il comandante della Guardia rivoluzionaria iraniana, Yahya Rahim Safavi, a dire che “gli Stati Uniti devono decidersi ad accettare il ruolo dell’Iran come potenza regionale”, dopo giorni di annunci trionfalistici da parte della Repubblica islamica di test di nuovi missili e siluri. “Ci sono un paio di differenze, in peggio – spiega al Foglio de Winter – Saddam non aveva un programma segreto nucleare che va avanti da vent’anni, come i mullah, e quindi non stava mettendo da parte nessuna ‘garanzia atomica’. Nella prima guerra del Golfo, i suoi soldati hanno dovuto battere in una disastrosa ritirata. Se Baghdad fosse stata in possesso di uno ‘scudo’ atomico, i paesi intervenuti a difesa del piccolo Kuwait che cosa avrebbero potuto fare? Teheran sta progettando di dotarsene. In quel momento gli equilibri cambieranno. Potrà decidere le sue mosse, e gli altri dovranno stare molto più attenti prima di potersi mettere di traverso”. “La seconda differenza sta nella qualità della classe al potere. I membri del Baath erano assetati di potere e pronti a manipolare il fervore religioso per i propri scopi, ma non erano i fanatici sciiti dell’Iran. Questi hanno una visione millenaristica, credono che la fine dei tempi sia vicina, e aspettano il fatidico ritorno del Mahdi, il dodicesimo imam. Il caos e le violenze – nella loro logica deragliata – non faranno altro che accelerare i tempi della sua venuta, e accorciare quelli della loro attesa”. A marzo Leon de Winter ha firmato l’editoriale del Wall Street Journal in cui è stata sancita definitivamente l’inettitudine dell’Europa a trattare con un regime così duro e bellicoso come è l’Iran. Gli europei – scriveva – ormai sono inermi, ripiegati su loro stessi, attenti soltanto alla misura dell’assegno che piove dal loro sistema di welfare. “I mullah devono essersela veramente spassata – dice de Winter – a seguire da Teheran le manovre diplomatiche della troika europea. Loro sono assuefatti ai rapporti di forza, il forte vince e il debole obbedisce, anzi, conoscono e seguono soltanto quel tipo di calcolo. E sono anche astuti. Se fiutano che non c’è un fronte compatto, deciso a usare le armi anche se soltanto come opzione estrema, allora sanno condurre il gioco come vogliono. Ed è quello che hanno fatto. Hanno captato che l’occidente non è disposto ad attaccare. Il risultato è che ora non abbiamo più una scelta ‘buona’, l’attacco contro le infrastrutture nucleari, e una ‘cattiva’, la rassegnazione al loro programma nucleare. Entrambe le scelte sono ‘cattive’. Se gli americani, o un’alleanza occidentale, o gli israeliani attaccassero adesso sarebbe una scelta con potenziali conseguenze catastrofiche. Ma loro, a Teheran, hanno avuto in anticipo la percezione esatta che noi non l’avremmo fatto e non eravamo nemmeno intenzionati a farlo. Invece c’è soltanto un approccio possibile con il regime di Ahmadinejad. Negoziare, esibendo allo stesso tempo la sincera volontà di usare la forza”. Ieri da Parigi Alain Finkielkraut ha ammesso che gli iraniani dispongono in Iraq di una leva di pressione efficace. “Se riescono a mobilitare gli sciiti contro l’America – ha detto al Foglio – crolla tutto”. Anche Leon de Winter vede il pericolo, ma esclude la possibilità di un accordo, seppure a muso duro, tra la Casa Bianca e i mullah. Non si può negoziare l’ingresso nel club nucleare in cambio della rinuncia a soffiare sul fuoco nelle regioni sciite. “Non funzionerà mai. La storia ci insegna che non ci si può mai fidare di una dittatura. Questi agiscono sull’impulso di motivazioni che non sono le nostre, è difficile stringere un patto per far cessare le violenze tra sciiti e sunniti, se in Iran credono e aspettano la fine dei tempi, e sono convinti anzi che sia loro compito preparare la venuta con la guerra santa. Come si può credere a un accordo?”. “C’è un’unica soluzione, una e una soltanto per risolvere la situazione generale: diminuire drasticamente la nostra dipendenza dal petrolio, in misura anche maggiore di quella auspicata dal presidente Bush. E’ la chiave di tutti i problemi. Togliamo quella rendita smisurata e svuoteremo di potere il regime di Teheran, taglieremo i finanziamenti alle madrasse pachistane in cui si insegna il fondamentalismo e il denaro di cui dispone la casa regnante saudita, in cui si annidano i sostenitori del terrorismo, e taglieremo anche i finanziamenti di al Qaida. In occidente siamo così ingenui da credere che l’espansione dell’estremismo sia dovuta a un’ideologia di riscatto vincente. C’è invece un miraggio di grande potenza alimentato a petrolio, e che ha il petrolio come fine”.