di Carlo Jean
da Emporion
La situazione iraniana presenta diversi paradossi. Intanto, l’Iran è molto differente dagli altri Stati islamici. E’ l’unico Stato sciita. E’ anche il solo ad essere dominato dai religiosi. La sua classe dirigente è nettamente anti-americana. Nelle altre autocrazie o teocrazie islamiche, i governanti si appoggiano nella generalità dei casi agli Stati Uniti. Invece, sempre all’opposto di altri Stati musulmani – specie di quelli arabi – il popolo è filo-americano. L’Iran sarebbe quindi il paese ideale in cui applicare il programma dei “neoconservatori” di democratizzare l’Islam. Dal canto loro, questi ultimi lo affermano esplicitamente, opponendosi a qualsiasi ipotesi di attacco. La rivoluzione komeinista ha guastato i rapporti dell’Islam con gli Stati Uniti. Il sequestro dei diplomatici americani è stato seguito da sanzioni di vario genere. Ha però influito soprattutto il sostegno dato dall’Occidente e dagli Stati arabi all’Iraq durante la terribile guerra del 1981-1988. Ciò ha creato risentimento ed astio. Anche essi impediscono al filo-occidentalismo di tradursi in una forza politica. Eppure, l’Iran è il paese più alfabetizzato del mondo islamico (assieme ai palestinesi). Ha una brillante tradizione culturale, che sta riflettendosi sugli immensi spazi perso-turchici dell’Asia Centrale. Il 72 per cento delle donne è alfabetizzato. Il numero delle studentesse all’università supera quello degli studenti. La natalità è scesa in trent’anni dal 6,2 per cento al 2,1 per cento. Dal 1902 l’Iran ha una costituzione. Le guerre in Afghanistan e in Iraq hanno avuto riflessi altamente favorevoli per la geopolitica iraniana. La prima ha eliminato i talebani, rigoristi sunniti, e ha ridotto enormemente l’influenza del Pakistan ad Est.
Inoltre, ha distrutto la potenza militare del tradizionale avversario dell’Iran ad Ovest e per la supremazia del Golfo. In più, la maggioranza sciita esistente in Iraq aumenta, almeno teoricamente, l’influenza dell’Iran in Mesopotamia. In verità, il valore effettivo dello sciismo come forza geopolitica è incerto. Anch’esso, come il sunnismo, è molto diviso. Generalmente si è tenuto al di fuori della politica attiva. L’eccezione è l’Iran di Komeini. Quest’ultimo aveva sovrapposto al clero locale – ricco, chiuso in se stesso, tradizionalista e nazionalista – un clero più internazionalista, intenzionato ad esportare nel resto del mondo il modello komeinista. L’obiettivo era quello di redimere i diseredati, ponendo l’Iran alla testa del terzo-quarto mondo, con una politica anti-americana e con il sostegno sistematico alle varie reti terroristiche di matrice islamica. Se sono scomparse le tradizionali minacce geopolitiche all’Iran, a partire dalla prima guerra del Golfo (quella per il Kuwait nel 1990-91), ne è comparsa un’altra. Gli Stati Uniti sono presenti in forza nella regione. Il loro obiettivo di lungo termine è di democratizzare, modernizzare e assorbire nella globalizzazione tutti i paesi del Grande Medio Oriente – da Kabul ed Islamabad a Gibilterra. L’Iran occupa una posizione centrale in tale area, che possiede metà delle riserve petrolifere mondiali. L’aumento del prezzo del petrolio, l’accresciuta domanda cinese e indiana e l’erodersi dell’alleanza di fatto fra Washington, Mosca e Pechino, sorta dopo gli attentati dell’11 settembre, hanno aperto all’Iran nuove opzioni geopolitiche. Esse sono generalmente trascurate.
L’attenzione dei media occidentali è puntata sul tentativo iraniano di dotarsi di armi nucleari. Teheran intende procurarsele per proteggersi da un attacco americano e per aumentare il proprio prestigio nel mondo islamico, certamente anche in concorrenza con bin Laden e il radicalismo sunnita. L’alleanza con esso può essere solo tattica. Non è strategica, poiché entrambi mirano al dominio nel Golfo. Teheran utilizzando le popolazioni sciite presenti ovunque nel Golfo e fomentandone la rivolta contro i governanti sunniti che le opprimono. Bin Laden in nome del fondamentalismo wahhabita, per sostituire i regimi “apostati”, ricchi di petrodollari e amici dell’Occidente. Egli considera gli sciiti eretici da annientare, come ricorrentemente avviene in tutti i paesi, dall’Arabia Saudita e soprattutto al Pakistan. Gli americani stanno a guardare. Per ora, la proliferazione iraniana ha migliorato i loro rapporti con l’Europa, indebolitisi nella crisi irachena. Inoltre, un Iran nucleare rende indispensabile la loro presenza per realizzare un certo equilibrio strategico nel Golfo. Infine, perché l’Iran è un osso duro con cui trattare. E’ appoggiato dalla Russia e dalla Cina. I loro veti al Consiglio di Sicurezza vieterebbero un attacco ed anche semplici sanzioni contro l’Iran. Poiché il problema non si può risolvere, molto pragmaticamente gli americani si preparano a convivere con esso. Taluni esperti non escludono un “condominio” fra Usa e Iran per la stabilità del Golfo e del Grande Medio Oriente. Insomma, i “giochi” sono molto più grandi del già importante dominio dell’Iran sul Golfo. E’ una realtà con cui dovremo fare costantemente i conti nei prossimi anni.