Abu Laban, leader radicale, ha fatto la spola con l’ Egitto: così è riuscito a sollevare la protesta
L’ imam Ahmed Abdel Rahman Abu Laban non aspettava altro che un’ inutile e offensiva provocazione. Così le vignette danesi, oltre che toccare la sensibilità dei musulmani, hanno fornito al leader islamico legna per il fuoco oltranzista. Abu Laban è un personaggio che conosce bene tanto il Medio Oriente che l’ Europa. Vive infatti in Danimarca dalla metà degli anni ‘ 90, dove vi è giunto al termine di un lungo peregrinare. Palestinese, originario della città di Jaffa, alla periferia sud di Tel Aviv, ha vissuto in Egitto e Kuwait dove è entrato a far parte della Fratellanza Musulmana. Poi, seguendo, l’ esodo verso Occidente di molti esponenti radicali si è stabilito in Nord Europa. A Copenaghen Abu Laban diventa lo stretto collaboratore di Talaat Fouad Kassim, figura di rilievo della Jamaa Islamya, movimento che in quegli anni non esita a ricorrere al terrorismo contro i turisti in Egitto. Il palestinese e Kassim stampano il bollettino «Al Morabitun», tengono rapporti con gli ex mujaheddin della guerra afgana. Attraverso la Danimarca passa anche il futuro numero due di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri, che lascia tra i suoi recapiti un indirizzo nel pacifico paese. Usando la piattaforma danese, i vertici della Jamaa lanciano una intensa attività di propaganda nelle comunità musulmane in Europa. Abu Laban e Kassim viaggiano molto, visitano moschee, predicano e raccolgono fondi per i fratelli della Bosnia e della Cecenia, denunciano la feroce repressione scatenata in Egitto. L’ imam palestinese si fa vedere spesso a Milano, dove accorrono in tanti da tutto il Nord Italia per ascoltare i suoi discorsi. E’ considerato un personaggio influente, che cattura l’ attenzione con sermoni incendiari. Nel febbraio del 1995 qualcuno segnala la sua presenza alla preghiera – a Milano – in onore di due kamikaze palestinesi fattisi saltare per aria il 22 gennaio in Israele: 18 i morti. L’ impegno di Abu Laban e del suo compagno Kassim destano l’ attenzione dell’ intelligence egiziana. Il Cairo sostiene, senza però fornire prove, che il palestinese avrebbe partecipato ad un summit per scatenare attacchi terroristici. Più pesanti le accuse su Kassim che attirato in una trappola a Zagrabria (Croazia) durante un viaggio verso la Bosnia, viene catturato e rapito. Finisce poi al Cairo dove sarà fatto sparire per sempre. Liquidato, come altri esponenti integralisti inghiottiti nelle carceri speciali. Abu Laban, invece, resiste nel rifugio danese e diventa gradualmente il canale di comunicazione tra le autorità e la comunità islamica. I critici dicono che in realtà l’ imam mantiene una posizione ambigua. Parla con toni distensivi quando si rivolge agli europei, ridiventa lupo se intervistato dai mass media arabi. Secondo la tv danese ha ripetuto lo schema di recente: davanti alle sue telecamere ha condannato il boicottaggio dei prodotti, ma ha cambiato posizione quando è apparso sugli schermi di Al Jazira. Sempre fonti danesi hanno ricostruito la missione di Abu Laban nei paesi arabi agli inizi di dicembre. Incontri di massimo livello – confermati in una lettera dallo stesso imam – incentrati sulla vicenda delle vignette offensive. Vede il Gran Mufti d’ Egitto, il segretario della famosa Moschea Al Azhar, il segretario della Lega araba e alti funzionari: Abu Laban è contento perché ottiene una fatwa contro la Danimarca e un grande appoggio politico. E’ quello che gli mancava per rilanciare una vicenda vecchia di mesi. Tornato in Danimarca, l’ imam ha riacceso il fuoco.
Guido Olimpio