dal Corsera di oggi
ROMA – Non ci sarà una nuova guerra. E neppure un blitz aereo per fermare il programma nucleare di Teheran. Perché? «Perché la Bomba degli ayatollah giustifica la presenza americana nel Golfo per i prossimi cento anni almeno». Il generale Carlo Jean sfoggia sicurezza. «Anche volendolo, probabilmente, gli Usa non riuscirebbero a distruggere gli impianti nucleari iraniani. Sono talmente tanto interrati che un raid, per essere efficace, dovrebbe usare le nuove bombe atomiche di penetrazione, le B86 modificate. Magari pure in modo ripetuto».
E Washington non è disponibile a rompere il tabù nucleare.
«Appunto, non credo arrivi a tanto. Per cui niente bombardamenti».
Jean ha i titoli per sbilanciarsi. Tra le altre cariche ricoperte nella sua frenetica pensione è commissario italiano per la sicurezza del materiale atomico e direttore del programma di gestione degli Impianti nucleari dismessi. Incontra il Corriere durante il convegno Aspen di ieri a Roma sulle contromisure europee alla minaccia del terrorismo.
Generale, ma il programma nucleare iraniano è davvero volto a costruire l’atomica?
«Teheran non vuole solo arricchire uranio, ma anche avere "acqua pesante". Il primo può servire a fare barre per centrali nucleari. L’"acqua pesante" serve solo a fare la bomba H. Quindi…».
E perché l’Iran non ha diritto ad avere una sua Bomba?
«Ha aderito al Trattato di Non Proliferazione nucleare».
Non è che siano poi molti al mondo a rispettare quel trattato.
«Il punto è: che cosa se ne fa l’Iran della bomba? Faccio tre ipotesi. Potrebbe usarla come strumento dissuasivo. Nel senso che uno Stato nucleare non può essere messo con le spalle al muro. Ma se gli Stati Uniti non attaccano ora, non serve a nulla dissuaderli ulteriormente. La seconda teorica utilità della bomba è per proiettare la propria potenza. Attaccando Israele, ad esempio, o conquistando dei campi petroliferi vicini. In questo caso però gli iraniani sanno benissimo che il giorno seguente verrebbero vetrificati da Washington. Neanche un pazzo potrebbe pensare di usare la bomba così».
Il terzo eventuale scopo?
«Dare l’atomica ai terroristi. Ma il rischio è alto. Primo perché i terroristi potrebbero rivoltarsi contro gli stessi ayatollah. In secondo luogo perché si espongono ad una ritorsione americana della stessa gravità».
Se è inutile, perché Teheran insiste tanto e il presidente George Bush alza la voce?
«Gli ayatollah pensano di compensare la bomba israeliana e raggiungere così una posizione di parità da cui negoziare accordi migliori. Quanto al presidente americano, non mi sembra che abbia ecceduto nei toni. Anzi se c’è qualcuno che ha esagerato, quelli sono gli europei perché hanno preteso lo smantellamento degli impianti di arricchimento, scavalcando anche il Trattato di Non Proliferazione. Le diplomazie inglesi, francesi e tedesche si sono comportate in modo patetico. Avevano obbiettivi assoluti e armi spuntate, dato che avevano proclamato in via preventiva di rinunciare all’uso della forza».
Falliti gli sforzi europei, adesso tocca agli Usa. Cosa faranno?
«Accordi bilaterali, come hanno sempre fatto. Concederanno l’atomica dopo aver ottenuto, faccio un’ipotesi, un’intesa sull’utilizzo dello stretto di Ormuz oppure l’assenso iraniano al non riarmo dell’Iraq. Ma soprattutto con un Iran potenza atomica ottengono l’obiettivo prioritario del momento: restare nel Golfo».
Senza il consenso iraniano, si ritirerebbero?
«No di certo, gli Usa rimarrebbero comunque a Bagdad. Semplicemente l’atomica persiana li legittima agli occhi dei Paesi arabi e della Turchia. Diventa un elemento di stabilizzazione invece che un’intrusione da eliminare al più presto».