«L’ Iraq in poco tempo è passato da importatore di terrorismo a esportatore, un po’ come era l’ Afghanistan prima dell’ attacco americano. Si tratta di un salto di qualità terrificante, perché l’ Iraq è molto, ma molto più potente e pericoloso dell’ Afghanistan e noi giordani lo stiamo imparando sulla nostra pelle». Non nasconde il suo pessimismo Mohammad Abu Rumman. Attento analista del fenomeno Al Qaeda e del terrorismo islamico per il quotidiano giordano Al Ghad, Abu Rumman mantiene contatti diretti con i servizi di sicurezza del suo Paese e non esita a criticare quella che definisce «la mancanza di conoscenza e preparazione» di fronte alle nuove sfide della violenza organizzata. Giudica credibili le nuove rivendicazioni di Al Qaeda? «Assolutamente sì. E sono provate dai fatti. Sino a ora i nostri servizi segreti erano riusciti a sventare gli attentati perché erano perpetrati da giordani o, comunque, da gruppi fondamentalisti noti che operano nel nostro Paese. Adesso invece per la prima volta i terroristi adottano in Giordania le tecniche apprese direttamente nello scacchiere iracheno. E ci colgono di sorpresa. Gli stessi ufficiali dell’ antiterrorismo ad Amman mi hanno confessato di non sapere che pesci prendere». Così arrestano centinaia di espatriati iracheni? «Cercano di capire meglio. I loro informatori infiltrati tra gli uomini di Abu Musab al Zarkawi hanno chiaramente fallito. Sappiamo che lui si muove agilmente tra Bagdad e Kabul, grazie anche al lasciapassare garantito dagli iraniani. I servizi di informazione conoscono bene le cellule di Al Qaeda in Siria. Ma non hanno colto i cambiamenti in atto tra quelle in Iraq e certamente sanno poco del ruolo iraniano». Il mutamento più importante? «Sino a poco fa occorreva controllare chi entrava in Iraq. Ora diventa fondamentale bloccare chi ne esce. E il nostro confine è troppo lungo, desertico e remoto per poter essere pattugliato di continuo. Sappiamo che già l’ attentato contro le forze Usa quest’ estate nel porto di Aqaba era stato condotto da una cellula tutta irachena. Ma nessuno era corso ai ripari». E il futuro? «Ho l’ impressione che le bombe di Amman siano solo l’ inizio di una nuova offensiva lanciata da Bagdad e destinata ad allargarsi ad altri Paesi nella regione».
Lorenzo Cremonesi
dal Corriere della Sera di ieri