di Massimo Introvigne (L’Indipendente, 21 ottobre 2005)
Il processo a Saddam non deve distrarre l’attenzione dal dato veramente importante sul referendum costituzionale iracheno: non solo il sì ha vinto ma ha votato oltre il 60 per cento, una percentuale che sarebbe alta negli Stati Uniti o in Inghilterra ma è miracolosa per l’Iraq.
Sono stati smentiti i profeti di sventura, che – "gufando" contro gli americani e la democrazia in Medio Oriente – prevedevano una giornata apocalittica.
Il premier francese de Villepin mesi fa aveva addirittura previsto che il 15 ottobre sarebbe stato "l’11 settembre dell’Iraq". La nostra sinistra dava la Costituzione già morta prima di nascere. Osama bin Laden e al Zarqawi assicuravano che i loro cecchini avrebbero falciato in massa gli incauti iracheni che si fossero messi in coda per votare. È giusto piangere sui morti ai seggi, piccoli grandi eroi della libertà che ci ricordano come per il voto qualcuno sia disposto anche a sfidare la morte. Ma è anche doveroso concludere che l’apocalisse e l’11 settembre dell’Iraq esistevano solo negli incubi malefici di al Qaeda e nei calcoli miopi di qualche uomo politico europeo.
Il successo delle elezioni è una nuova seria sconfitta di al Qaeda, che aveva assicurato di poterle impedire. La sinistra internazionale attacca Bush affermando che l’occupazione dell’Iraq ha attirato in quel paese i terroristi come il miele attira le mosche. Condi Rice ha risposto che in Iraq il miele si sta rivelando piuttosto carta moschicida. Sono stati uccisi in Iraq quindicimila terroristi, una buona metà dei quali stranieri.
Secondo le stime più serie dopo la guerra in Afghanistan al Qaeda si era ridotta a circa ventimila effettivi. Dunque un terzo degli uomini di Osama bin Laden è morto in Iraq per conseguire un obiettivo – impedire la Costituzione – che ha fallito. Certo, i terroristi continueranno a colpire mercati, ponti e moschee e ad ammazzare iracheni musulmani colpevoli solo di passare nel posto sbagliato quando la furia cieca del terrorismo decide di colpire. Cercheranno di impedire le elezioni politiche.
Ma perderanno altri uomini – anche se ne recluteranno di nuovi, ormai soprattutto in Europa, all’ombra di quei giudici permissivi e obnubilati dall’ideologia di cui l’Italia non è l’ultimo paese a offrire esempi pericolosi.
Non hanno votato solo sciiti e curdi. Anche nelle aree sunnite la percentuale di votanti è stata significativa. Molti sunniti preferiscono un governo egemonizzato da chi ha la maggioranza – gli sciiti – agli orrori del passato regime che il processo a Saddam vuole ricordare. Ci sarà tempo per valutare meglio i risultati iracheni.
Per ora è giusto celebrare un miracolo politico. Sarebbe bello che anche chi è sceso in piazza per gridare che quella dei tre B – Bush, Blair e Berlusconi – era una missione impossibile, oggi si congratulasse con loro, perché in Iraq non ha vinto una parte politica ma la libertà. Ma, almeno in Italia, non accadrà nulla di simile.