ROMA – Per un mese e mezzo sono stati tenuti nella stessa prigione, hanno condiviso «la paura, le notti al buio, l’angoscia per le grida che arrivavano da altre stanze». Soltanto quando Florence Aubenas è salita sull’aereo che da Cipro l’ha riportata a Parigi, i tre giornalisti romeni rimasti segregati 55 giorni e liberati il 22 maggio scorso, hanno rivelato di essere stati ostaggio insieme alla collega francese. Nessun particolare hanno però voluto aggiungere. «Ci sono altre persone in pericolo», hanno spiegato. Stessi covi, stessi numeri di telefono, stessi canali di trattativa. La rivelazione dei reporter sembra confermare l’esistenza di una «centrale dei sequestri» che in Iraq prende di mira gli occidentali. Gruppi diversi che seguono un’identica strategia criminale e sembrano guidati da un’unica regia. Proprio ieri l’ex commissario della Croce Rossa Maurizio Scelli ha fatto sapere di aver riportato in Italia, oltre ai resti di Enzo Baldoni, anche quelli di Salvatore Santoro, l’italiano ucciso il 16 dicembre scorso in una zona poco fuori Bagdad. E’ stato un mediatore a consegnarli, probabilmente lo stesso uomo che proprio con la Croce Rossa trattò la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta.
E’ il mercato dell’orrore. Servono soldi per ottenere le spoglie di chi è stato assassinato. Servono moltissimi soldi, concessioni, talvolta scambi di prigionieri, per riportare a casa i rapiti. Ma serve anche individuare i contatti giusti per fare in fretta, per evitare – come è avvenuto per Aubenas – che mediatori diversi alzino continuamente il prezzo del rilascio. I canali individuati dal Sismi all’epoca del sequestro dei quattro bodyguard si sono rivelati giusti per trattare anche dopo e far tornare a casa Pari e Torretta, per liberare Giuliana Sgrena. In quest’ultimo caso, altissimo è stato il prezzo pagato dall’intelligence: la morte di Nicola Calipari, ucciso dai soldati americani. Ma gli elementi raccolti dagli 007 consentono di afferrare quel filo che sembra legare vicende apparentemente lontanissime tra loro.
Nessuno, nel giugno dello scorso anno, poteva immaginare che Salvatore Stefio, Umberto Cupertino e Maurizio Agliana fossero prigionieri insieme all’imprenditore polacco Jerzy Kos. Così come nessuno inizialmente credeva che i rapitori di Enzo Baldoni fossero gli stessi che avevano preso i due giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot. «Non ci siamo mai incontrati – ha rivelato quest’ultimo dopo la liberazione – ma un carceriere ci disse che un italiano, rapito contemporaneamente a noi, era stato ucciso perché era una spia».
Usano sigle diverse, si affidano a diverse bande di carcerieri, ma troppo spesso utilizzano come referenti le stesse persone. E’ la rete che il Sismi sembra essere riuscito ad agganciare. Il canale che porta direttamente al consiglio degli Ulema sunniti e in particolare ad Abdel Salam Al Kubaisi. Il suo nome compare nei rapporti compilati dai carabinieri del Ros e dai poliziotti della Digos che indagano sui sequestri di italiani in Iraq. Sempre indicato come il terminale delle trattative, l’intermediario da contattare per arrivare ai rapitori.
Con i suoi fedelissimi il Sismi avrebbe trattato prima di individuare il traditore della banda che in cambio di denaro e dell’impunità avrebbe indicato la prigione dei bodyguard. E lo stesso canale sarebbe stato poi percorso dagli 007 e da Scelli per ottenere il rilascio di Pari e Torretta. Alcune fasi di quel negoziato sono state condotte da Navar Ismar, il medico iracheno figlio di un professore universitario di Bagdad molto legato agli Ulema, che parlava al telefono con i rapitori e riuscì ad avere la «prova in vita»: la voce registrata delle due ragazze che dettavano le condizioni della banda. Il dottore ha fatto da mediatore per la liberazione delle volontarie di «Un ponte per…», ha ottenuto prima le spoglie di Quattrocchi e adesso i resti di Baldoni e Santoro. Quando Giuliana Sgrena era tenuta in ostaggio, Navar contattò i suoi amici iracheni. Tentò una mediazione e probabilmente si sovrappose con quanto stava facendo Nicola Calipari che con quegli stessi canali trattava la liberazione della giornalista. E’ stato l’ultimo successo dell’agente segreto italiano. Quello che ha pagato con la vita.
Fiorenza Sarzanini