di Carlo Panella…
La cultura politica occidentale su nessun tema registra divergenze così radicali di analisi, di visione, di strategie di contrasto, come sul terrorismo islamico che, dall’11 settembre 2001 (ma in realtà da molti decenni prima), devasta il mondo. Ancora oggi divergenze radicali dilaniano i suoi avversari, infiacchendone l’azione repressiva, aprendo varchi in cui il terrorismo penetra con forza, addirittura suscitando la più grave crisi politica tra gli Stati Uniti ed una parte dell’Europa degli ultimi cinquant’anni. Tutto questo sconquasso, questa Babele di analisi e rimedi ha in realtà una origine molto semplice: il terrorismo islamico non esiste. Affermazione forte, provocatoria, ma vera. Quello che opera da decenni è infatti ben di più e ben oltre un fenomeno terrorista: è un radicale, popolare, esteso, scisma religioso che scuote l’Islam.
Di questo bisogna occuparsi, questo bisogna analizzare: se non si scava nelle viscere di questo scisma religioso, non si comprende nulla di quella che è solo la sua manifestazione più visibile e pericolosa, nell’immediato, ma che non ne esaurisce affatto la carica eversiva, esattamente come lo squadrismo non esauriva affatto la complessità del nazismo e del fascismo. Se si lavora attorno al fenomeno terrorista così come ci appare nelle sue manifestazioni, non si comprende nulla del suo retroterra, della sua forza, della sua storia e ancor meno si afferra il bandolo dei rimedi, della logica che bisogna assumere per contrastarlo. Hanno così spazio le tesi economiciste di inerziale scuola marxista; quelle che lo legano a movimenti nazionalisti; trionfa la “colpa dell’Occidente”, il furto di materie prime, “l’imperialismo culturale” e via banalizzando. Analisi tanto radicate e ripetute, quanto false, indifendibili, a fronte di un minimo di verifica concreta. I paesi che hanno fatto da culla al terrorismo islamico, Iran, Arabia Saudita e Algeria, sono infatti tra i più ricchi al di fuori dell’Europa e degli Usa (peraltro nei paesi islamici più poveri, Mauritania, Mali, la stessa Somalia dilaniata dalle bande armate, i terroristi islamici non si radicano); il paese in cui più si è scatenato il terrorismo islamico in tutte le sue patologie, provocando più di 100.000 morti, l’Algeria, non soffre di alcuna costrizione nazionale, è straordinariamente ricco di materie prime, è assolutamente estraneo alla sfera di influenza americana, non ha e non ha mai avuto a che fare con Israele.
Accanto a queste analisi di poco spessore, hanno poi spazio le insopportabili descrizioni tecnicistiche di specialisti che si dilungano a spiegare la differenza tra organizzazioni “a rete”, rispetto a quelle “a piramide” o a “cerchi concentrici”. Unico punto di convergenza pare essere la convinzione che sia un fenomeno che intende combattere come proprio nemico strategico l’Occidente. Ma anche questo è falso. Anche questo non è assolutamente vero. Il terrorista islamico – che, lo ripetiamo, non esiste, perché in realtà è uno “scismatico” – non ha per nemico l’Occidente, ma la “deviazione dalla retta via” dei paesi islamici. Gli Usa e l’Europa sono solo “nemici secondari” da colpire – e vengono colpiti – perché alleati dei governi corrotti che esercitano un potere impuro sul Territorio dell’Islam. A suffragio di questa nostra tesi, bastano e avanzano le parole di uno dei primi obbiettivi dei terroristi islamici, re Abdullah di Giordania, che così ha dichiarato al Corriere della Sera del 22 marzo: "L’obbiettivo dei terroristi islamici non è la distruzione dell’Occidente, ma la distruzione dell’Islam moderato, per prendere il potere nei paesi arabi; l’Europa è un obbiettivo secondario: indebolendola si vuole condizionare il futuro del mondo musulmano all’interno della comunità internazionale".
Questa analisi di re Abdullah lo porta diritto anche alla conclusione che non vi è alcuna relazione meccanica tra la presenza di contingenti militari in Iraq e la possibilità di divenire bersaglio di attentati: "Non legherei il problema della presenza o meno di soldati in Iraq e la possibilità di essere presi di mira da terroristi. Direi che questa è solo parte di un quadro più ampio, legato a una lotta all’interno dell’Islam, con gli estremisti che cercano di creare conflitti tra Oriente e Occidente e guerre interreligiose". Giudizi che ribaltano radicalmente le analisi di Parigi, Berlino, di Prodi, di Zapatero e che sono ascoltate in Europa solo dai governi inglese, italiano e da Aznar.
Esiste e si amplifica invece un nuovo scisma islamico. Uno scisma che si basa sul culto della morte. La morte propria. La morte altrui. Mai, mai nella storia, un’iniziativa terroristica ha riscosso da una così vasta platea popolare tanti e tali applausi, intimi ed espliciti entusiasmi. Mai il terrorismo si è presentato sulla scena mondiale non come un fenomeno “a margine”, ma come il centro di una radicata visione del mondo, fatta propria da milioni e milioni di correligionari. Mai un popolo ha educato i propri bambini nel miraggio di diventare delle bombe, di farsi esplodere in mezzo ad altri bambini, chiamati “scimmie e porci” dai pulpiti delle moschee. Scimmie e porci perché ebrei.