Dal Corriere.it, di Fiorenza Sarzanini:
Interventi affidati a corpi militari speciali. Operazioni riservate condotte grazie alla legge approvata lo scorso novembre dal Parlamento che consente ai gruppi d’élite di entrare in azione «seguendo la catena di comando dei servizi segreti». L’Italia si prepara a intervenire in Libia nell’ambito di una «missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche». Il giorno strategico dovrebbe essere lunedì, quando cento parlamentari di Tobruk potrebbero far nascere — così come si sono impegnati a fare con i mediatori internazionali — un governo di unità nazionale che solleciti le Nazioni Unite a prendere provvedimenti per la stabilizzazione del Paese.
È il passo necessario per il via libera a un impegno del nostro Paese, richiesto da tempo dagli Stati Uniti e sinora rinviato proprio per la mancanza di una «cornice» disegnata dall’Onu. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, lo ha ribadito ieri nel corso del Consiglio supremo di difesa, sollecitando anche la rapida approvazione del decreto che ogni anno finanzia e fornisce copertura giuridica alle missioni all’estero. Le norme già varate consentono infatti di evitare il voto delle Camere, prevedendo esclusivamente un’informativa del governo alle commissioni Esteri e Difesa. Il tempo stringe, gli alleati sono già sul campo, Roma ha assicurato che «farà la propria parte» nella guerra ai terroristi dell’Isis. E dunque schiererà le navi già in attività di perlustrazione del Mediterraneo, un aereo cisterna, i Tornado di stanza a Trapani, anche due sommergibili. E potrà contare sulle basi militari del Sud, compresa Pantelleria dove da tempo sono insediati numerosi militari statunitensi.
Gli specialisti del Comsubin e del Col Moschin ma anche i parà della Folgore potranno agire grazie alle stesse «garanzie funzionali» degli 007 che la legge ha concesso loro con il provvedimento varato a larga maggioranza proprio in previsione di un possibile impegno in Libia. L’autorizzazione viene data dal capo del governo, che naturalmente si coordina con il ministro della Difesa. Proprio ieri Roberta Pinotti ha ribadito di ritenere «impensabile un intervento militare di occupazione», consapevole però che i vertici delle forze armate premono per l’intervento. Del resto l’Italia ha più volte avanzato l’istanza di ottenere il comando della Coalizione, ma questa possibilità rischia di sfumare di fronte ai continui rinvii proprio tenendo conto che Usa, Francia e Gran Bretagna sono già sul campo e stanno effettuando missioni.
Sono circa 3.000 i soldati che potrebbero essere impiegati a protezione dei siti sensibili come gli impianti energetici, i giacimenti, gli oleodotti, ma pure le ambasciate, i palazzi istituzionali, gli ospedali. Quanto alto sia il timore per l’impatto che la crisi libica può avere sul nostro Paese lo dimostra la scelta di sottolineare nel comunicato del Quirinale diramato al termine del Consiglio che «è stato considerato l’impatto sugli scenari di crisi e sulla sicurezza energetica italiana ed europea dell’andamento dei mercati degli idrocarburi». E si è calcolato che possa influire addirittura sul 10 per cento del mercato. Un capitolo ritenuto di massima importanza è quello riguardante l’addestramento delle forze locali, proprio come già accaduto in altri scenari di crisi, in particolare l’Afghanistan. Ma la vera priorità passa per la lotta all’Isis, dunque sono gli armamenti e i mezzi navali e aerei a fare la differenza. Il via libera al decollo dei Predator e Global Hawk statunitensi da Sigonella è già stato dato. Entro qualche settimana si può passare alla seconda fase con l’impegno diretto.
War Is Realizing the Israelizing of the World
http://www.corriere.it/esteri/16_febbraio_29/a-tripoli-capitale-gia-difesa-forze-speciali-americane-8d642a36-df28-11e5-8660-2dd950039afc.shtml
Le forze speciali andranno contro un manipolo di ingegneri (e medici), a quanto pare.
Engineers of Jihad di Diego Gambetta e Steffen Hertog
Un'analisi davvero interessante sul rapporto tra mobilità sociale ed estremismo nel mondo islamico.
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2016/03/02/terrorismo-007-italia-sempre-piu-esposta-a-minaccia_f3952a58-5e72-45c3-80a8-15e16a14adc5.html
Terrorismo: 007, italia sempre più esposta a minaccia
Terrorismo: 007, italia sempre più esposta a minaccia
Anche per il Giubileo. Possibile attivazione giovani jihadisti
L'Italia "appare sempre più esposta" alla minaccia jihadista, anche se non sono emersi specifici riscontri su piani terroristici. Lo rileva la relazione annuale dell'intelligence inviata oggi al Parlamento, sottolineando come nella propaganda jihadista non siano mancati i riferimenti all' Italia come nemico per i suoi rapporti con Usa e Israele e per il suo impegno contro il terrorismo. La maggiore esposizione al rischio emerge anche in relazione al Giubileo e alla possibile attivazione di nuove generazioni di aspiranti mujahidin che aderiscono alla campagna promossa dall'Isis.
Salvini, Italia a rischio? No, è complice – L'Italia è a rischio attentati terroristici? "No, l'Italia è complice. Il governo italiano è complice di questo rischio, non solo non è all'altezza di prevederlo, ma la politica di immigrazione del governo Renzi è complice di tutto questo". Lo afferma il leader della Lega Nord Matteo Salvini, ospite di 'Corriere Tv Live', commentando la relazione al Parlamento dei servizi di intelligence. "Secondo lei le famiglie italiane si sentono al sicuro?", gli viene chiesto. "Ma qualcuno può sentirsi al sicuro con il premier Renzi e il ministro Alfano", risponde Salvini.
Costante crescita foreign fighters in Italia – Il fenomeno dei foreign fighters in Italia, "inizialmente con numeri più contenuti rispetto alla media europea, è risultato in costante crescita". Lo rileva la relazione annuale dei servizi d'intelligence al Parlamento. Particolarmente critico appare, secondo le analisi degli 007, "l'auto-reclutamento di elementi giovanissimi, al termine di processi di radicalizzazione spesso consumati in tempi molto rapidi e ad insaputa della stessa cerchia familiare". Massima vigilanza operativa, pertanto, è stata riservata al possibile rientro in Italia di soggetti che hanno combattuto nei teatri di guerra, nonché dei cosiddetti 'pendolari' in grado di muoversi liberamente nello spazio Schengen perché già residenti sul territorio italiano o i altri Paesi europei.
Alto rischio nuove azioni in Europa – "E' da ritenere elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo" da parte del terrorismo jihadista; potrebbero essere "attacchi eclatanti sullo stile di quelli di Parigi". Lo indica la relazione annuale dell'intelligence inviata oggi al Parlamento. Parigi, evidenzia la relazione, "ha verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all'Occidente destinata a consolidarsi". I rischi arrivano sia da emissari dello Stato Islamico inviati ad hoc, inclusi foreign fighters addestrati in teatri di guerra, che da militanti già presenti e integrati-mimetizzati in Europa
Tischio infiltrazioni terroristi Balcani – Nessun riscontro di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori dal Nordafrica, mentre il rischio "si presenta più concreto" lungo la rotta balcanica. Lo indica la relazione annuale dei servizi di intelligence inviata al Parlamento, evidenziando come la regione balcanica sia zona di transito privilegiato di foreign fighters (oltre 900 sono partiti da lì per i teatri di guerra), nonchè area di "realtà oltranziste consolidate".
"La massa di persone in movimento verso lo spazio comunitario – osserva la relazione – oltre a costituire un'emergenza di carattere umanitario, sanitario e di ordine pubblico, può presentare insidie sul piano della sicurezza". E l'attività d'intelligence si è focalizzata sulle possibili contaminazioni tra immigrazione clandestina e terrorismo, anche alla luce del fatto che "i contesti di crisi siriana, irachena, libica, subsahariana e del Corno d'Africa sono infiltrati in parte da espressioni terroristiche di matrice islamista che possono inquinare i canali dell'immigrazione e sottoporre alla radicalizzazione elementi poi destinati ad emigrare nei Paesi europei". Va poi considerato, aggiungono gli 007, "come l'aver vissuto in aree di guerra, talvolta partecipando attivamente ai combattimenti, possa conferire ai nuovi migranti un profilo potenzialmente critico, derivante soprattutto dall'expertise 'militare' acquisita".
In Libia, da dove proviene il 90% dei migranti sbarcati in Italia, "operano organizzazioni di trafficanti strutturate e flessibili, a prevalente composizione multietnica, in grado di gestire tutte le fasi del trasferimento". In Italia proliferano gruppi criminali etnici composti prevalentemente da egiziani, del Corno d'Africa e rumeni, specializzati sia nella falsificazione documentale sia nel fornire assistenza ai migranti per il trasferimento dai centri di accoglienza alle località di destinazione nel Nord Europa. È emersa inoltre l'operatività di sodalizi brindisini attivi nel trasferimento di migranti dalle coste della penisola balcanica meridionale verso l'Italia. Quanto alla diffusione del radicalismo islamico nei Balcani, i servizi indicano rischi "sia per il suo potenziale destabilizzante, sia per l'eventualità di un insediamento nella regione di basi logistiche in grado di supportare pianificazioni terroristiche contro Paesi europei, incluso il nostro".
Silendo, dopo che è stato annunciato ai quattro venti che il Comando della prossima Operazione Libia sara' a Roma, pensi che Mediaticamente una operazione del Tipo di quella di Parigi a Roma non sia stata indirettamente "sollecitata" ?
B.A.
……..E speriamo che non si vedano!!
Il Pulcino
Libia, Farnesina: forse uccisi due ostaggi italiani
Si tratterebbe dei dipendenti della Bonatti rapiti in Libia lo scorso luglio.
03 Marzo 2016
Due dei quattro ostaggi italiani rapiti in Libia nel luglio del 2015 sarebbero stati uccisi.
A renderlo noto un comunicato dela Farnesina, specificando che le verifiche del caso sono ancora in corso.
«Relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella regione di Sabrata, apparentemente riconducibili a occidentali», è scritto in una nota del ministero degli Esteri, «la Farnesina informa che, in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni Bonatti, rapiti nel luglio 2015 e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla. Al riguardo la Farnesina ha già informato i familiari. Sono in corso verifiche rese difficili, come detto, dalla non disponibilità dei corpi».
«USATI COME SCUDI UMANI». Un testimone libico, rientrato a Tunisi da Sabrata, ha invece riferito che i due ostaggi italiani «sono stati usati come scudi umani» dai jihadisti dell'Isis e sarebbero morti «negli scontri» con le milizie a Sud della città, nei pressi di Surman.
I nostri connazionali erano stati rapiti il 20 luglio scorso nei vicino al compound Eni che si trova nei pressi dell'hub petrolifero di Mellitah.
Anche a loro, il 15 febbraio, dopo la chiusura dell'ambasciata italiana a Tripoli, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del Paese. Nonostante questo erano rimasti nel Paese.
BONATTI NON COMMENTA. Nssun commento per ora da parte dei vertici della Bonatti, l'azienda parmigiana per cui lavoravanono Piano e Failla. «Non siamo autorizzati a rilasciare alcun commento», è stata la risposta laconica alle richieste di informazioni su quanto ha rivelato la Farnesina.
B.A.
Libia, l'Italia sarà a capo di 50 mila miliziani
L'Italia non entrerà in guerra. Ma coordinerà e fornirà mezzi ai miliziani che già combattono. I nostri soldati sul campo di battaglia solo per operazioni lampo.
di Carlo Panella 03 Marzo 2016
Ottenuto il comando delle operazioni militari in Libia, come è certo, l’Italia entrerà in guerra?
No, e non solo perché è chiaro, evidente e ripetuto da tutti gli esponenti del nostro governo che condizione indispensabile sarà la richiesta formale del nuovo governo libico, il cui varo viene spostato di settimana in settimana. Ma anche se questo piccolo miracolo avvenisse, l’Italia non entrerà in guerra strictu sensu.
La ragione è semplice, come appurato da Lettera43.it da fonti certe.
LA COLLABORAZIONE CON I MILIZIANI. La strategia militare italiana – quindi del massimo comando operativo in Libia – si basa infatti su un assunto: è disponibile una consistente “massa critica” militare libica che risponde al disegno politico delle forze che sostengono il governo unitario. In chiaro: decine e decine di migliaia di miliziani libici, bene armati per le operazioni di terra, con un alto livello professionale (maturato in cinque anni di combattimenti) e con una eccellente affidabilità politica costituiscono una “armata di terra” a disposizione del Comando italiano.
Quanti sono esattamente? Non è ancora chiaro, ma sicuramente attorno ai 50 mila. Di più, se si riuscirà – come è difficile, ma non impossibile – a ottenere un coordinamento con l’esercito di Tobruk comandato dal generale Khalifa Haftar.
Una situazione, la disponibilità di una consistente armata di terra disposta a collaborare col comando della Coalizione internazionale a comando italiano, ben diversa da quella dello scenario siriano o iracheno.
SI FORNIRANNO AI LIBICI LE STRATEGIE MILITARI. La strategia militare italiana si svilupperà quindi su due piani: definizione strategica, concordata con la direzione militare delle milizie, dei target da colpire. In altre parole, fornire alle milizie abituate agli scontri casuali, alla giornata, uno sviluppo strategico nel breve-medio periodo, elaborata dalla alta, altissima professionalità ed esperienza strategica delle Forze Armate italiane, francesi, inglesi ecc…
In secondo luogo, il dispositivo militare internazionale a comando italiano impiegherà, a supporto e a copertura della pressione sul terreno degli armati libici, quanto è stato assente da 4 anni in qua: l’intervento massiccio dell’aviazione (e dei droni), degli elicotteri da combattimento Apache, dell’artiglieria e dei missili lanciati dalla flotta e diretti dai sistemi di puntamento satellitari e – anche – l’impiego di truppe di commandos elitrasportati per interventi rapidi sul terreno. Dunque, boots on the ground sulla Libia dei militari italiani ed europei solo in operazioni go and back, con rapido rientro a bordo delle navi una volta colpito l’obiettivo, delegando il suo presidio permanente agli armati libici.
SI RAGIONA ANCHE SU UN PIANO B. Queste le principali linee guida strategiche con cui si inizierà la guerra contro l’Isis in Libia. A cui si accompagneranno di sicuro operazioni di “polizia internazionale” contro i rais delle bande di trafficanti di clandestini, i cui nomi, indirizzi, movimenti e nascondigli sono stati minuziosamente monitorati da mesi dalla nostra rete dei Servizi in Libia.
Si capirà rapidamente se questa strategia sarà vincente.
In caso contrario verrà applicato un “piano B”, che però è ancora oggetto di complessi ragionamenti a Roma, a Washington e nelle altre capitali europee.
IO SPEREREI NELL'AVERE MOLTO LATO B PIU' CHE NEL PIANO B
B.A.
"Gli USA: all'Italia la guida in Libia" (Corriere della Sera).