Riprendo, sempre con grande interesse, l’ultimo post pubblicato da Matteo Verda su sicurezzaenergetica.it:
Secondo una nota diffusa oggi, sarebbe in fase di chiusura la trattativa tra Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e la State Grid International Development Limited, una controllata del Governo cinese, per la cessione del 35% di CDP Reti.
CDP Reti a sua volta controlla il 30% di Snam Rete Gas, ossia il pacchetto di maggioranza dell’operatore che gestisce la trasmissione del metano in Italia. Inoltre, secondo gli accordi, prima della cessione sarebbe previsto il trasferimento a CDP Reti anche del pacchetto di controllo del 29,85% di Terna, il gestore e principale proprietario della rete di trasmissione nazionale (“RTN”) di energia elettrica ad alta tensione.
Secondo quanto riportato da Repubblica, l’operazione varrebbe circa 2 miliardi di euro e sarebbe solo la prima fase di un più ampio piano di dismissioni, che dovrebbe portare alla cessione del 5% di Enel e di Eni. L’obiettivo è fare cassa (6 miliardi) senza perdere il pacchetto di controllo delle due multinazionali.
La cessione delle reti è però una questione diversa: a differenza degli operatori, le infrastrutture energetiche rappresentano un elemento chiave per la sicurezza nazionale. Un loro malfunzionamento – accidentale o intenzionale – avrebbe infatti conseguenze molto gravi, anche se di breve durata.
La cessione del pacchetto di CDP Reti, riguardando una partecipazione di minoranza e di fatto un investimento finanziario, fortunatamente non rappresenta una minaccia per la sicurezza energetica nazionale. Si tratta tuttavia di un chiaro indicatore del mutamento dei rapporti di forza a livello internazionale, fattore del quale occorrerà sempre più tenere conto.
Silendo, volevo fare una domanda:
siamo certi che non facciamo la fine di Telecom Spa?
Riusciremo a mantenere il Controllo di CDP Reti ma soprattutto del pacchetto di controllo del 29,85 di Terna ?
L'accesso alle informazioni sensibili della Rete Elettrica di Terna non possono essere limitate e quindi non possono essere garantite.
B.A.
Vabbé, non stiamo a raccontarcela, é un ulteriore passo verso la svendita di quel poco che ci rimane dei gioelli di famiglia. Si comincia sempre cosi, con le quote non di maggioranza… e intanto un altro prezzo d'Italia se la sono comprata… ovviamente i Cinesi non sono scemi, intanto hanno infilato una zeppa … certo che si tratta della stessa storia di Telecom…
Giusto per intenderci, dobbiamo venderci una parte importante di Snal e Terna per trovare 2.4 milardi e nel frattempo
1. ci siamo messi da soli , senza che nessuno ci obbligasse, un vincolo di bilancio allo 0% in costituzione, quando l'Europa di chiederebbe il 3% (3 punti di PIL sono 45 milardi) e mentre, udite udite, dell stesso vinncolo Francia e Spagna se ne fregano altamente e lo superano senza che nessuno si sogni di dirgli mbe'.
2. Per fare un favore ai tedeschi e ai creditori del nord ci siamo accollati una quota monstre del fondo europeo di stabilità finanziaria, creato per salvare prevalentemente banche non nostre e a causa di una crisi bancaria in cui eravamo tra i meno esposti. Copio in basso le quote paese per paese, in grassetto la quota spropositata che ci siamo accollati, con sommo gaudio dei creditori del nord, a cui abbiamo tolto le castagne dal fuoco.
Membro MES
Numero di quote
Sottoscrizione di capitale (EUR)
Regno del Belgio
243 397
24 339 700 000
Repubblica federale di Germania
1 900 248
190 024 800 000
Repubblica di Estonia
13 020
1 302 000 000
Irlanda
111 454
11 145 400 000
Repubblica ellenica
197 169
19 716 900 000
Regno di Spagna
833 259
83 325 900 000
Repubblica francese
1 427 013
142 701 300 000
Repubblica italiana
1 253 959
125 395 900 000
Repubblica di Cipro
13 734
1 373 400 000
Granducato di Lussemburgo
17 528
1 752 800 000
Malta
5 117
511 700 000
Regno dei Paesi Bassi
400 190
40 019 000 000
Repubblica d’Austria
194 838
19 483 800 000
Repubblica portoghese
175 644
17 564 400 000
Repubblica di Slovenia
29 932
2 993 200 000
Repubblica slovacca
57 680
5 768 000 000
Repubblica di Finlandia
125 818
12 581 800 000
Totale
7 000 000
700 000 000 000
Sulla base dei dati citati, mi permetto di dissentire con l'affermazione del post iniziale, secondo cui dobbiamo vendere le reti strategiche perché sono cambiati i rapporti di forza, implicitamente quelli con la Cina, perché é a lei che vendiamo.
Ecco, non mi sembra proprio che sia una questione di rapporti di forza mutati, é solo che abbiamo avuto dei governi che hanno supinamente firmato tutto quello che la Germania e i creditori del nord chiedevano. E per inciso, i due governi Monti e Letta che si sono susseguiti spacciando agli italiani la pietosa bugia che il loro target era ridurre il rapporto debito/PIL l'hanno trovato a 121 e lasciato a 132.
Due alterative
1) chi ci ha ficcato in questa situazione é un incompetente totale
2) chi ci ha ficcato in questa situazione non é un incompetente totale, ma semplicemente il suo obiettivo non era fare il bene dell'Italia ma del sistema bancario internazionale, il cui centro di gravità in Europa non risiede in Italia.
Saluti
Nemo
Mi permetto di sottolineare che non intendevo che "dobbiamo vendere le reti strategiche perché sono cambiati i rapporti di forza, implicitamente quelli con la Cina, perché é a lei che vendiamo", ma solo che a comprare sono i cinesi (e non, per esempio, i fondi di investimento statunitensi o una società europea) perché la liquidità è in misura crescente nella disponibilità delle economie emergenti e, in particolare, delle entità pubbliche e semi-private cinesi.
Diciamo che guardavo a un'ottica più globale, a prescindere dalle dinamiche per cui le reti italiane sono finite in vendita.
ogni cosa del cosmo è regolata da un rapporto di forza.
Mio piccolo nemo, non hai capito un cazzo delle relazioni internazionali.
Energia e privatizzazioni: chi ha i soldi compra, chi non li ha vende

I cinesi fanno pigliatutto. Ora entrano anche in Telecom <!– –>
La Bank of China ha il 2% del Gruppo. È il terzo azionista
Dopo l’energia ora i cinesi puntano alla conquista delle telecomunicazioni. Non conosce sosta l’offensiva della Cina alla conquista dei «gioielli» dell’industria italiana. Non si è ancora spento l’eco dell’acquisto da parte di State Grid del 35% di Cassa depositi e prestiti Reti a cui fanno capo quote strategiche in Terna e Snam, che ecco un’altra operazione dai risvolti ambiziosi. Questa volta sono coinvolti i piani alti del potere finanziario e politico della Repubblica Popolare: la Peoplès Bank of China è entrata nell'azionariato di Telecom Italia.
La banca centrale cinese non è nuova ad operazioni di questa portata. Ha già investito in Fiat mettendo le mani sul 2,001% del capitale e in Prysmian (2,018%) e a fine marzo è entrata in Enel con il 2,071% e in Eni con il 2,102%. Ora è nel gruppo telefonico con una partecipazione diretta del 2,081%. La banca cinese si posiziona dietro alla Findim di Marco Fossati, che detiene il 4,989% e a Telco che ha il 22,447%.
È l’ennesima conferma che il capitale cinese guarda con interesse crescente all'Italia fino ad averne fatto la sua base di espansione in Europa. Non è certo un caso se Dagong, l'agenzia di rating a capitale cinese, ha scelto Milano come quartier generale in Europa. L'ingresso dei cinesi nel capitale di Telecom coincide con una svolta importante nella vita della società. Telco, il salotto che finora ha conservato la maggioranza del gruppo telefonico verrà sciolta e le azioni assegnate direttamente ai partecipanti. Con questa operazione gli spagnoli di Telefonica diventeranno i primi azionisti. La banca centrale cinese sarà al terzo posto.
A questo passaggio strategico si aggiunge le possibile cessione di Tim Brasil che oggi, probabilmente, sarà all'ordine del giorno del consiglio d’amministrazione insieme ai conti del primo semestre. L'amministratore delegato Marco Patuano, ha più volte ribadito che la controllata brasiliana rappresenta una parte insostituibile del patrimonio. Della possibile vendita si potrebbe discutere solo nel caso in cui venisse presentata un'offerta con un premio consistente. A gennaio Marco Fossati ha quantificato in 30 miliardi il valore della filiale brasiliana, che corrisponderebbe a 20 miliardi per la quota di Telecom Italia. In un'intervista al Financial Times il presidente Giuseppe Recchi, ha comunque assicurato che il governo italiano non avrebbe nè il diritto nè tanto meno l'intenzione di intervenire su possibili scelte del gruppo telefonico sulle proprie attività brasiliane. «Se lo facesse, il giorno successivo il rating sul credito italiano verrebbe tagliato al di sotto del livello junk, perchè vorrebbe dire che il governo si comporta alla maniera di un controllore di stampo staliniano», ha spiegato Recchi. A luglio erano circolate alcune indiscrezioni relative all'intenzione del governo italiano di estendere il potere di veto anche alle reti delle aziende italiane all'estero, il che avrebbe potuto essere d'impedimento a una possibile cessione di Tim Brasil. Il Brasile resta comunque una delle aree su cui il gruppo tlc dovrà prendere decisioni importanti nei prossimi mesi. «Tutto è possibile», ha detto Recchi in merito a una possibile cessione del cespite carioca, ricordando come tutte le società di tlc stiano cercando di reinventarsi e di cercare nuovi ambiti d'azione o accordi commerciali, per restituire ossigeno ai rispettivi conti economici.
A proposito di strategie cinesi: http://www.formiche.net/2014/08/05/cina-snam-terna/
Snam, Terna e non solo, vi spiego le mire della Cina sull’Italia. Parla il generale Jean
http://www.formiche.net/2014/08/06/cina-investimenti-italia/
A me sembra che sia un attore internazionale sempre più marginale, ma sarei felicissimo di aver torto!
Mi piace auto-confutarmi (Popperiano all'estremo…)
😉
http://www.vox.com/2014/8/5/5970835/map-every-call-obama-has-made-to-a-foreign-leader-in-2014
La futura centralità geostrategica ce l’avrà Gerusalemme non Roma. Roma è destinata a capitolare
Soluzione Cassa depositi e prestiti per Saipem?
(titolo a parte, in teoria sarebbe la mia risposta al dibattito sui rischi derivanti da investimenti stranieri)