Rubo impunemente dal bel sito di Matteo Verda la segnalazione di questo studio dell’Oxford Institute for Energy Studies dal titolo: “What the Ukrainian crisis means for gas markets“.
Scrive Matteo, sintetizzandone i contenuti:
Il lavoro ricostruisce il ruolo dell’Ucraina quale transito per il gas russo diretto in Europa, i rapporti tra Kiev e Mosca e l’impatto di una possibile crisi.
L’ipotesi che un’interruzione possa essere deliberatamente causata da Mosca è esclusa. Tuttavia se, come nel 2009, Naftogaz continuasse a non pagare le forniture e Gazprom dovesse di conseguenza interrompere le forniture per il mercato interno ucraino, Naftogaz potrebbe deviare i flussi diretti in Europa verso i propri clienti, spingendo infine i russi a bloccare del tutto le esportazioni.
L’impatto sarebbe comunque limitato ai Paesi dell’Europa orientale e con conseguenze minori rispetto a quelle già modeste di cinque anni fa, grazie al miglioramento delle interconnessioni all’interno dell’UE.
Lo scenario di una nuova disputa tra Gazprom e Naftogaz secondo gli autori è addirittura probabile. Quest’ultima ha infatti un debito di 2 miliardi di dollari (dopo che 3,3 miliardi sono stati cancellati a Febbraio), destinato a crescere a causa della strutturale carenza di liquidità e alle attività gestite in perdita.
La crisi incombente sembra essere un invito ad accelerare la costruzione di South Stream, che nonostante i costi proibitivi sta in questi mesi mostrando la validità del suo obiettivo strategico.
Il nuovo gasdotto da 63 Gmc/a poterebbe infatti la capacità di esportazione dalla Russia in Europa (Ucraina esclusa) a 165 Gcm/a, corrispondenti a poco più degli attuali livelli complessivi di esportazione in Europa (UE+Turchia e Balcani non UE).
South Stream priverebbe così Kiev di ogni potere di ricatto nei confronti sia di Gazprom, sia dei Paesi europei. Secondo i dati di Sberbank riportati nello studio, nel 2013 Gazprom ha esportato in UE 86 Gmc attraverso l’Ucraina, per un controvalore superiore a 33 miliardi di dollari: un forte incentivo per produttori e esportatori ad aumentare l’affidabilità dei flussi.
Difficile però al momento dire se dal lato europeo prevarrà la razionalità o se la logica dello scontro ideologico frenerà lo sviluppo infrastrutturale e la sicurezza energetica europea.
“Crisis in Ukraine: What role does energy play?” (CSIS).
Aggiunto quest’altro briefing, sempre made in CSIS: “The Geopolitical Realities of the Ukraine Crises, the Limits of U.S. Energy Assistance, and the Need to Tone down the Rhetoric“.
[…] anche io un post del CSIS dal titolo Crisis in Ukraine: What role does energy play? Si tratta di […]
Sull’onda dei recenti avvenimenti ucraini la Gran Bretagna spinge affinchè l’Europa operi, nei prossimi 25 anni, una riduzione della dipendenza dai rifornimenti energetici russi:
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/224b060c-af82-11e3-a006-00144feab7de.html#axzz2wUftC4ly
La credibilità della Gran Bretagna quando afferma qualcosa a riguardo di quelle che dovrebbero essere le politiche europee è quasi nulla finché non chiariscono qual è la loro posizione sulla EU stessa.
Però è utile per capire qual è la visione strategica
Scusa Sile, ogni tanto la frustrazione coi sudditi di Sua Maestà ha la meglio su di me e lascio cadere la mia barriera di comportamenti diplomatici…
Strategicamente una posizione interessante, a Berlino però si metteranno a ridere.
Ecco, vedi, a proposito di strategia e di “mancanza di diplomazia”, direi che a Berlino dovrebbero fare qualche corso di studi strategici… 😀 😀
La diplomazia non è il punto forte dei tedeschi, gli smooth operators diplomatici sono ancora essenzialmente i britannici; questo si riflette anche sulla qualità dei loro servizi segreti a cui i diplomatici danno man forte e per questo sanno muoversi in ambienti proibitivi per altri europei.
I tedeschi però sulla pianificazione strategica a livello economico a mio parere hanno qualcosa da dire.
Su questo punto non saprei. In ambito politico e militare, però, il limite tedesco è sempre il solito. Pessimi strateghi, buoni tattici.
Faccio un esempio: a livello di innovazione tecnologica e di trasferimento di conoscenza dalla ricerca all’industria gli inglesi si sono resi conto che il loro schema Catapult ha un impatto ed una portata estremamente più ridotti di quanto non si sperasse. Ora stanno importando, e nel futuro si cercherà di ricopiare pari pari, gli istituti Fraunhofer (sta accadendo anche in Italia, ma siamo industrissimo sulla capacità di creare e commercializzare Intellectual Property). I tedeschi hanno pianificato sul lungo periodo l’innovazione tecnologica del paese con ricadute positive enormi sull’economia. Per un paese che ha scelto la strada delle esportazioni e del manifatturiero il valore aggiunto è l’unica via per competere con i paesi emergenti. Strategia semplice ma efficace fino ad oggi.
In UK non appena si crea dell’IP appetibile per il mercato si cerca di venderlo al miglior offerente (generalmente una multinazionale) per incassare cash, ma se si vuole rilanciare il manifatturiero (come dichiarano sia i Tory che i Labour che i Lib Dem) sarebbe fondamentale possedere IP. Quello che succede è che in nome del guadagno immediato si sacrifica la strategia a lungo termine e si crea dipendenza crescente dai capitali esteri.
Quindi, magari militarmente i tedeschi son poco strategici, ma lo standard di vita medio della Germania i britannici se lo sognano.
industrissimo –> indietrissimo